Fabrizio Goria, Il Riformista 4/6/2010, 4 giugno 2010
I MERCATI PUNTANO CONTRO L’ITALIA
I mercati finanziari stanno voltando le spalle all’Italia, a cominciare dai titoli di Stato. Nonostante la manovra biennale da 25 miliardi di euro, le tensioni attorno al nostro debito non si sono affievolite. Pesano i quasi 1.800 miliardi di indebitamento, che non convincono gli investitori. A rimetterci sono i Buoni del Tesoro Poliennali, i cui rendimenti si sono ancora ampliati, e i Credit default swap, ai massimi storici.
La crisi sistemica europea si sta abbattendo sui bond emessi dal Tesoro. Dopo un periodo di tranquillità, i rendimenti sono nuovamente tornati ai livelli di guardia. I Btp a dieci anni sono quelli su cui la stretta dei mercati si è fatta più tenace. Gli interessi hanno toccato ieri quota 4,31 per cento, secondo i dati di Tradeweb Markets. Di contro i bund tedeschi hanno registrato un rendimento del 2,71 per cento. Il differenziale è sempre quindi superiore a 160 punti base. Ieri è stato toccato nuovamente il massimo livello dal 2008, 164 punti, sfiorato anche il giorno dopo l’approvazione del piano salva-euro da 750 miliardi.
Gli investitori stanno cercando di uscire dai titoli governativi italiani. Banca d’Italia, durante una nota rilasciata la scorsa settimana, fotografa questa tendenza. «Gran parte dei titoli di Stato a breve termine in scadenza non sono stati rinnovati a causa dei bassi rendimenti, dando luogo a un flusso netto negativo per 63,365 miliardi che ha quasi azzerato la quota di questo strumento nel portafoglio», ha specificato riguardo al 2009. E il trend dell’anno in corso è per ora rimasto invariato. Sotto pressione ci sono Buoni ordinari del Tesoro (Bot) e Certificati di credito (Cct). Questi prodotti hanno ridotto l’appeal verso i risparmiatori, che invece sembrano privilegiare i Buoni fruttiferi postali, considerati meno inclini alle fluttuazioni.
Per i derivati di credito, il discorso non cambia. Secondo i dati della Depository trust & clearing corporation (Dtcc), la principale camera mondiale di compensazione e garanzia per i derivati, l’indomani della notizia della manovra correttiva c’è stato un sussulto per i Cds sull’Italia. Il loro valore è risalito verso quota 250 punti base, sintomo della scarsa fiducia che i mercati ripongono sul nostro Paese. In particolare, stando alle ultime cifre certificate dello scorso 28 maggio, è stata scambiata protezione per oltre 225 miliardi di dollari. Il valore complessivo netto dei Cds attivi sul nostro debito ammonta a 23 miliardi. A preoccupare c’è l’incremento dei contratti accesi, dai 5.600 dello scorso marzo ai quasi 6.000 di oggi. A salire sono stati anche i volumi scambiati giornalmente, da 450mila dollari a 575mila nell’arco di tre mesi. Per fare un confronto, si pensi che sulla Grecia la movimentazione lorda non supera i 78 miliardi di euro.
Ma chi c’è dietro questa escalation? I venditori di Cds, secondo la Dtcc, sono solo 14 attori, altamente selezionati: Bank of America-Merrill Lynch, Barclays, BNP Paribas, Citibank, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, HSBC, JPMorgan, Morgan Stanley, Nomura, Royal Bank of Scotland, UBS e UniCredit. L’accesso ai mercati non regolamentati (Over-the-counter) su cui si scambiano questi derivati è molto ristretto. Il Riformista ha però potuto visionare alcuni dati riservati della International swaps and derivatives association (Isda), l’associazione di categoria degli operatori sui derivati. Da questi report emergono le singole posizioni aperte nei confronti del debito italiano.
Paulson, Soros, Moore, Citadel e il fondo sovrano China investment corporation. Sono questi i nomi dei primi cinque soggetti detentori di Cds sull’Italia. Quattro fondi hedge statunitensi e il maggiore fondo sovrano cinese posseggono circa il 36 per cento dei Cds circolanti sul Tesoro. Resta da comprendere in che misura incidono sul rischio-paese, nel caso di deterioramento del debito. L’esposizione italiana nei confronti della Grecia è minore rispetto a quella tedesca, ma rimane l’incognita Spagna. I rischi che corre il sistema bancario iberico non sono pochi, dato che pesano i 550 miliardi di possibili svalutazioni sul mercato immobiliare.
Per ora, l’Italia ha dimostrato di reagire bene alla crisi. La politica di bilancio del Governo ha contenuto il deficit, ma non è riuscita a fare i conti con il rischio sistemico. In sistemi economici interdipendenti come quelli europei, il crack di un soggetto scatenerebbe un effetto domino di elevata portata. I mercati lo hanno percepito e la reazione delle ultime settimane è il frutto del tentativo di limitare le potenziali perdite.