Varie, 4 giugno 2010
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AlonsoMartinez Alicia
• (Alicia Ernestina de la Caridad del Cobre Martínez Hoya) l’Avana (Cuba) 21 dicembre 1920. Ballerina • «[...] monumento vivente della danza classica [...] ”Quando nel ”41, a inizio carriera, venne scoperta la mia malattia alla retina, feci un’operazione agli occhi e restai a letto per un anno. In quell’immobilità danzavo di continuo mentalmente, fissando nel ricordo ogni dettaglio dei balletti già eseguiti [...] mi dissero che avrei dovuto smettere di ballare se non volevo far precipitare definitivamente gli occhi, ma io non ho mai pensato di ritirarmi, anzi: suppongo di dovere il mio successo anche alla mancanza della vista, che mi ha reso più sensibile e musicale” [...] era un’Ava Gardner issata su punte d’acciaio, con gambe da fenicottero e braccia fluide come spuma [...] a quindici anni sposò il danzatore Fernando Alonso, adottandone saggiamente il più rapido cognome, e presto fu diretta da coreografi geniali come Fokine, Bronislava Nijinska, Balanchine e Jerome Robbins, illuminando col suo fulgore caraibico scene istituzionali e musical di Broadway. ”Comunque da Cuba non me ne sono mai andata [...] Ballavo all’estero ma tornando ogni volta a casa, dove nel ”48 avevo creato il mio ensemble. Però non mi piacque il modo in cui tentò di usarci la dittatura di Fulgencio Batista. Dato che ero l’unico prodotto cubano internazionalmente noto insieme alla rumba, ai sigari e al rum, Batista, che vedeva nel balletto la possibile vetrina del regime, decise di sovvenzionare il gruppo. Ma quando mi negai alla sua richiesta di ballare ogni volta che i politici lo avessero voluto, lui ci costrinse a chiudere”. Si cambia musica con la rivoluzione e Fidel Castro, che dell’étoile fa il suo vessillo angelicato: non solo le dà carta bianca per fondare una scuola di balletto trasformatasi in una grandiosa fucina di talenti, ma la incorona emblematica First Lady, trattandola pubblicamente da sovrana, sfoggiando la sua bellezza in ogni manifestazione ufficiale e onorandola di baciamano davanti ai sudditi in estasi. Alicia diviene sua consigliera e confidente, e a Cuba il balletto assurge al ruolo di arte nazionale e super-popolare. Perché tanto investimento su una ballerina? Forse perché il popolo esige una Madonna, e Alicia è un’icona miracolistica e sacrale, per di più essendo non vedente; forse perché il balletto classico è arte fiabesca e naif, comodamente inoffensiva per il regime; forse perché il Lìder Maximo, in sintonia con un vezzo sovietico (vedi il nutrito elenco di danzatrici amanti di Stalin), ha sempre avuto un debole per le ballerine. Si sa che molti, tra i danzatori del Ballet Nacional, sono fuggiti da Cuba: arduo resistere al consumismo occidentale, e innumerevoli le defezioni fin dagli anni Sessanta, approfittando delle varie tournée. un tasto che provoca un suo commento spietato: ”I ballerini sono aquiloni. A volte si rompe una corda e uno vola via. Triste che si perda in cielo. Triste per noi, ma specialmente per chi si è perso”. La sua identificazione col castrismo è ferrea. Ignora domande su censure e dissidenti ed è convinta che ogni segnale d’apertura sarebbe l’inizio della fine, leggi Perestrojka e Glasnost. Crede in Fidel ma soprattutto in sé e in quel misterioso misuratore degli spazi che possiede in testa: un radar fisiologico che l’ha guidata nella cecità, consegnandola a una carriera sfolgorante. Ma la più assoluta tra le sue fedi è la danza, ”nucleo vitale e spirituale che mi respira dentro. L’età non conta: una grande ballerina lo è per sempre”» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica” 4/6/2010).