Fabio Ferzetti, Il Messaggero 2/6/2010, 2 giugno 2010
ANNA MAGNANI DONNA PRIMA CHE DIVA
Quando Anna Magnani morì Roma si fermò. I negozi abbassarono le saracinesche, il centro restò paralizzato per ore, una folla mai vista scese in strada per dare l’ultimo saluto a Nannarella. Nel vecchio film del belga Chris Vermorcken ora riproposto dalla Ripley, Io sono Anna Magnani si vedono diverse scene in bianco e nero del suo funerale (girate benissimo: altri tempi), che si svolse il 28 settembre 1973 a Santa Maria della Minerva.
Sono immagini stupefacenti, oltre che strazianti, perché ci riportano il mito di un’attrice unica e di un paese scomparso. Rossellini affranto, la Masina in lacrime, Eduardo più stropicciato che mai, De Sica che la chiude in quattro aggettivi perfetti (generosa, violenta, limpida, sincera), non sono solo compagni di vita e di lavoro. Sono testimoni di un’era al tramonto venuti a salutare il suo simbolo nel mondo. Il più giovane di loro, Franco Zeffirelli, è l’unico a capire il valore quasi ”araldico” della Magnani. In tutti questi anni, dice Zeffirelli, Anna è rimasta identica, la stessa Anna del dopoguerra, con gli stessi gesti, gli stessi capelli.
Questa fedeltà totale aveva conquistato il pianeta mentre l’Italia, cambiando, le voltava le spalle. Vermorcken ce lo ricorda con interviste vecchie e nuove all’attrice e ai suoi compagni di strada, alternate a scene tratte da suoi film, italiani e non. I titoli scelti (o forse disponibili) non sono tutti gioielli come Roma città aperta, Mamma Roma, Bellissima, Le carrosse d’or, Teresa Venerdì, ma danno un’idea precisa del suo fascino e del suo lavoro. Ribadita dalle testimonianze.
Rossellini ricorda i dubbi e le paure prima di girare la scena della morte in Roma città aperta, poi l’impeto con cui la affrontò ferendosi le gambe. Suso Cecchi d’Amico osserva che «la storia di Anna è complicata perché non è la storia di un individuo ma dello spettacolo in Italia», dal varietà al cinema. Vermorcken ricorda che nel 1961, mentre l’Italia iniziava a trascurarla (la Magnani rifiutò giustamente di fare la madre della Loren nella Ciociara e qualcuno non glielo perdonò) l’astronauta sovietico Gagarin, alla prima missione, mandò un saluto dallo spazio «alla fraternità degli uomini, al mondo delle arti e ad Anna Magnani». Intenso e più penetrante di tanti saggi il racconto mitografico-autobiografico di Silvia Avallone nel fascicolo allegato. Meraviglioso, negli extra, il corto di Visconti dal film Siamo donne.