Luigi Offeddu, Corriere della Sera 02/06/2010, 2 giugno 2010
«LA VIA E’ IL MERCATO UNICO. LA CRISI? UN’OPPORTUNITA’»
«Noi europei dobbiamo realizzare fino in fondo il mercato unico. Altro che temerlo, che schivarlo… Fuori da quella strada, l’alternativa è una sola: che l’Europa piombi in uno scenario horror alla giapponese, cioè nel lungo inverno della stagnazione economica». Guy Verhofstadt, già primo ministro belga e oggi presidente dell’Alleanza dei liberali e democratici al Parlamento Europeo, ha sulla scrivania due fascicoli: l’edizione cinese di un suo libro, «La crisi finanziaria: come l’Europa può salvare il mondo», appena pubblicato anche a Pechino; e il rapporto «Una nuova strategia per il mercato unico», preparato dall’economista Mario Monti su incarico del presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso. Nell’uno e nell’altro caso, e sotto firme diverse, una discreta manifestazione di ottimismo: perché l’Unione Europea sta attraversando la crisi più dura della sua storia; e perché il mercato unico, parola di Monti, «non è mai stato così impopolare e allo stesso tempo così necessario». Ma può bastare, come consolazione?
«Già risposto prima: non abbiamo alternative. Dopo 25 anni, dobbiamo finire il lavoro. Con politiche più coraggiose, per esempio nel campo del coordinamento fiscale. E cercando di riequilibrare le finanze pubbliche. Ma chiarendo anche che loro, le finanze pubbliche, non possono essere l’unico motore della crescita: primo, perché non siamo mica nell’Urss statalista; e secondo, perché con questi deficit in giro per l’Europa… No, per la crescita ci vuole un secondo motore».
Il rafforzamento del mercato unico?
«Il suo completamento, combinato con una migliore competitività. Questa è la strada indicata da Monti: più mercato, più competitività, più possibilità per tutti, più idee, più attività all’interno dei vari Paesi».
Come lo spiega a chi teme la concorrenza dell’idraulico polacco?
«Quelle paure non vanno ignorate. Però la proposta di Monti va ben oltre l’idea iniziale dell’apertura pura e semplice delle frontiere: dice che, con il mercato unico, dobbiamo garantire anche la coesione sociale. Per esempio, assicurando un minimo di base consolidata al lavoro e all’occupazione nell’Ue. Ed evitando che si propaghino più oltre certe sensazioni di "dumping" sociale, cioè di offerte del lavoro al ribasso».
Ci hanno già provato in tanti, ad armonizzare norme e situazioni nei 27 Paesi, e in tanti si sono fatti male... «Perché certe differenze sono troppo grandi. Ma non abbiamo bisogno di armonizzare sempre e comunque. Ci vuole qualcos’altro: una politica di convergenza».
In Italia parliamo in questo caso di zuppa e pan bagnato...
«Ma no, convergenza significa che si cerca un valore minimo necessario per evitare il dumping sociale, e uno massimo necessario per garantire la competitività. Nessuno va sotto il primo, nessuno sorpassa il secondo. E nel mezzo, ognuno tiene il suo passo. Pensi a un’autostrada con più corsie: tutte le auto vanno nella stessa direzione, ma ci sono corsie a destra e a sinistra, e ogni auto va alla sua velocità. Se ci si coordina così, anche le tensioni nei vari Paesi diminuiscono».
Il rapporto Monti spezza anche una lancia a favore degli eurobond. Lei che ne pensa?
«Primo, credo anch’io che si debba tornare al concetto espresso 25 anni fa da Jacques Delors: non può esserci una vera unione monetaria senza un’unione economica. Secondo, penso che questa crisi metta alla prova la nostra volontà, oltre che la nostra tenuta. Terzo,
oggi possiamo prendere decisioni prima impossibili a una velocità enorme».
Morale, è venuto anche il tempo degli eurobond?
«Se oggi facciamo questo passo tutti insieme, lo facciamo a un costo minore. E rafforziamo la credibilità dell’euro, e possiamo disporre di più liquidità. Quella stessa liquidità che non possiamo avere se abbiamo 16 zone differenti dell’euro, ognuna con il proprio bond, contrapposte al colossale mercato del T-bond, il buono del tesoro Usa».
Sproporzioni così grandi non sono di per sé proibitive?
«Guardi, il mercato dei titoli pubblici
della Germania è 10 volte più piccolo del mercato dei titoli americani. Ma i mercati dell’Eurozona, se presi insieme, sono solo di poco inferiori».
Ma sempre inferiori.
«Sì, eppure l’idea cammina. E può essere una spinta immensa per la crescita. Finora, solo la Bei (la Banca europea degli investimenti, ndr) si era mossa, trattando piccoli quantitativi di bond in euro. Ma oggi, con i piani di salvataggio dell’Eurozona e con le relative garanzie offerte dagli Stati, abbiamo visto sforzi ben maggiori».
Sta dicendo che bisogna ringraziare la crisi?
«Beh, la crisi può offrire un’occasione. Per esempio, perché non usare gli eurobond per gli investimenti destinati alle infrastrutture? Nel suo rapporto, Monti dice che le infrastrutture, a loro volta, possono spingere il mercato unico... Si torna sempre lì, a questo mercato unico così temuto da certi e così necessario per tutti: la crisi è brutta, ci mancherebbe, ma ancora più brutto sarebbe sprecare le opportunità che ci sta offrendo».
Luigi Offeddu