Serena Danna, Il Sole-24 Ore 3/6/2010;, 3 giugno 2010
PER POLITICO UN BEL CLOWN
Alla fine The Best Party è risultato davvero il partito migliore
di Reykjavik. Il comico Jon Gnarr Kristinsson – che in sei mesi è riuscito a mettere insieme una formazione di personaggi dello spettacolo e casalinghe in grado di raccogliere il 34,7% dei voti della capitale islandese – è diventato primo cittadino.
La storia dell’uomo che ha usato come slogan di partito il titolo di uno dei film più mediocri dell’ultimo Woody Allen Whatever Works («Basta che funzioni»), è nota. I guai della povera Islanda pure: un paese in bancarotta su cui, a due mesi dalle elezioni comunali, ha infierito un’inchiesta parlamentare che ha rivelato gravi responsabilità di politici e banchieri nella crisi. Il popolare comico e conduttore radiofonico è riuscito così a cavalcare l’onda di malcontento degli islandesi arrabbiati. O come ha spiegato il neosindaco al «Financial Times»: «Prima c’è la rabbia e la voglia di rivoluzione. Poi, quando capisci che la rivoluzione non funziona, arriva il vuoto. in quel vuoto che il nostro partito è cresciuto ». Ad aiutarlo nell’impresa una vecchia hit rivisitata di Tina Turner Simply the best , in cui vengono elencate le promesse elettorali: palme sul lungo mare, asciugamani gratis nelle piscine comunali e un parco di divertimenti in città stile Disneyland. Il tutto condito da una politica di risparmio che punta sulla riduzione di Babbi Natale in città. «Lo scherzo è durato troppo», aveva dichiarato un paio di settimane fa Olina Porvardardottir, membro del parlamento islandese. Chissà che risveglio amaro realizzare che lo scherzo ha vinto.
Sarebbe bello vedere il sindaco comico come ulteriore segnale di apertura di un paese che ha eletto il primo capo di governo dichiaratamente omosessuale, la sessantottenne ex hostess Jóhanna Sigurðardóttir, ed è riuscito, in un territorio che super a malapena il milione di abitanti (un terzo di Roma), a partorire due fenomeni musicali come Björk e i Sigur Rós.
Ma quando mala tempora currunt la satira dagli spalti rumorosi dell’arena politica finisce spesso per buttarsi al centro. E l’unica novità rispetto al passato è che stavolta vince. Il Movimento a 5 stelle di Beppe Grillo – che tra un po’ vedremo in un documentario men-tre, in versione lupo mannaro, discute di "tassa di congestione" con un serissimo Ken Livingstone, il sindaco di Londra – alle ultime regionali ha conquistato 4 seggi, superato il 3% in molte regioni e impedito in Piemonte la vittoria dell’ex governatrice Mercedes Bresso. «Ed è solo l’inizio di un percorso», tuonò Grillo all’annuncio dei risultati.
Gli Stati Uniti hanno fatto, come al solito, prima di tutti, eleggendo nel 2008 la star del «Saturday Night Live » Al Franken senatore dello stato del Minnesota. Quindici anni di cabaret in seconda serata hanno trasformato Franken dallo sfigato guru di gruppi di sostegno Stuart Malley ”caschetto biondo, camicia gialla e cardigan «della nonna» – in un feroce oppositore della destra americana. Nel 2004 rivelò al «New York Times» le sue reali intenzioni: «Voglio usare tutta la mia energia per impedire l’elezione di Bush». E così iniziò a fiorire saggistica sulle menzogne di GeorgeW firmata Al Franken.
Mentre il palestinese Ray Hanania della squadra di cabarettisti «Israeli Palestinian Comedy Tour» aspira alla presidenza dell’Autorità nazionale palestinese, il più famoso comico venezuelano, Benjamín Rausseo, dovrebbe approfittare del nuovo vento e sfidare ancora Chavez alle prossime elezioni. Ci aveva provato nel 2006 svelando alla nazione l’ispirazione mistica della sua candidatura: uno sfiorato disastro aereo che gli aveva fatto capire che la vita non è solo comicità. Poi però si è presentato agli elettori con il titolo di «Er Conde del Guácharo», che tradotto significa più o meno «Conte del cazzeggio».
La volgarità è sempre caratteristica dell’uomo che prima fa ridere la piazza e poi la vuole comandare. Basti pensare che il padre di tutti i comici prestati alla politica, quel Michel Gérard Joseph Colucci, diventato Coluche nei bistrò parigini della Rive Gauche (e quanto lo amavano gli intellettuali ribelli dell’epoca, dalla coppia della filosofia anti-edipica Deleuze e Guattari al sociologo Pierre Bourdieu) che spaventò il futuro presidente Francois Mitterrand, fece appello per il voto a «nulla facenti, barboni, drogati, alcolizzati, pedofili, donne, parassiti, capelloni ed ex comunisti». Si ritirò qualche settimana prima delle elezioni aprendo la strada alla Francia di Mitterrand. Altri tempi. Oggi una cerimonia ufficiale con la divina Carlà non gliela leverebbe nessuno.