Luca De Biase, Il Sole-24 Ore 2/6/2010;, 2 giugno 2010
IL MIO SOCIAL NETWORK FORMATO MICRO
Telefonini intelligenti: dopo il clamore suscitato dal primo film, intitolato iPhone, la Nokia intende scrivere il sequel. Marko Ahtisaari, 41 anni, è incaricato di stendere la sceneggiatura. Ed è costretto a porsi qualche domanda di fondo. Chi è il leader? Il più grosso o il più autorevole? Nokia o Apple?
Il nuovo capo del design della Nokia sa che la domanda circola da quando, circa tre anni fa, il carisma di Steve Jobs ha attraversato il cammino fino ad allora sicuro del gigante finlandese dei telefonini. E resta aperta. Perché la Nokia continua a vendere una dozzina di volte più telefoni della Apple. Ma ottiene una frazione dell’attenzione conquistata dall’azienda californiana sui media. E sul mercato, come dimostra la sequela di imitazioni dell’iPhone, lanciate dai concorrenti. Il guru Peter Drucker diceva: «Management è fare le cose bene. Leadership è fare la cosa giusta». Ebbene, Marko Ahtisaari ha intenzione di trovare una risposta sorprendente: anche un gigante può fare la cosa giusta. Ma deve ribaltare parecchie abitudini. Perché il tema non è più quello di vendere buoni prodotti, ma riconquistare la leadership culturale.
Come? Cambiando il gioco. «Credo di dover abbattere alcuni dogmi» dice Ahtisaari riferendosi al mondo dei cellulari che ormai sembra voler parlare solo la lingua di Cupertino e della Silicon Valley. «La leadership della Apple, di Google, di Facebook è americana. Noi siamo un’azienda europea. E abbiamo qualcosa da dire».
Già. Ma che cosa? La difficoltà è immensa: la Apple è riuscita a ridefinire il business dei cellulari, facendolo diventare un insieme complesso nel quale si gioca sulla qualità del design, la semplicità e quantità delle funzioni, l’emozione dei contenuti, l’utilità dei servizi online. La Apple ha portato ai cellulari la sua esperienza nei computer connessi a internet e attivato un mercato totalmente nuovo di applicazioni, spesso realizzate da minuscole case di software in ogni parte del mondo, che conferiscono all’iPhone una gamma di funzioni che una sola azienda non avrebbe mai potuto progettare. Ha conquistato una centralità strategica che ha spiazzato gli altri produttori di terminali, ha generato un terremoto nel commercio elettronico, ha messo in difficoltà le compagnie telefoniche.
Nokia ha la possibilità giocare su un campo molto più largo di quello della Apple: può servire la fascia del mercato che vuole un buon telefono anche se poco intelligente; ha modo di offrire smartphone dotati di tutte le funzionalità principali al più basso prezzo sul mercato; ma è costretta anche a giocare sulla fascia alta degli smartphone costosi e attraenti come l’iPhone.La fascia dove si gioca la leadership culturale.
Sicché, Ahtisaari passa metà del suo tempo a pensare come ridefinire la relazione tra i telefonini e chi li usa. «Guardo le persone al ristorante. Chine sul loro cellulare, disattente nei confronti degli altri commensali. E penso che c’è qualcosa da migliorare». L’esperienza offerta dagli smartphone attuali è "immersiva". Tecnologia persuasiva, come direbbe BJ Fogg, il cellulare che si comanda toccando lo schermo invita a concedere alla macchina tutta l’attenzione. «Ma per me è più importante che le persone si guardino negli occhi. E che il cellulare se ne stia al suo posto». Concezione generosa, per un designer: vuole che i suoi prodotti si tolgano di mezzo per lasciare gli umani al centro della scena. «Questo è coerente con la nostra identità: Nokia non è stile di vita. Nokia serve e facilita le comunicazioni tra le persone. Ma dobbiamo portare questo concetto a un nuovo livello».
Ahtisaari possiede i fondamentali per far entrare la Nokia nel nuovo millennio. La sua cultura si è formata in una serie di start up nel mondo veloce dei social network. Negli anni in cui suo padre, Martti, lavorava con la pazienza del diplomatico in Kosovo, prima di essere premiato con il Nobel per la Pace, Marko era ceo di Dopplr, una piattaforma per condividere informazioni di viaggio. Giunto alla Nokia, ha cominciato unificando i gruppi che si occupano di progettare hardware e software. E lavora a stretto contatto con chi sviluppa i servizi online, da Ovi - la piattaforma per le applicazioni da usare sui cellulari Nokia- al gruppo che sviluppa i servizi sulle mappe, in grande spolvero in questi giorni per essere state adottate da Yahoo!. E sa dove giocare la sua prossima partita.
«I social network basati sulla pubblicità sono costretti a tentare di concentrare tutta l’attenzione su disé e tendono a confondere il confine tra la rete di amici privati e la comunicazione pubblica. E devono crescere, conquistando sempre nuovi utenti che abbiano un numero sempre maggiore di connessioni ». Come si vede nel caso di Facebook. «Noi staremo sempre dalla parte dei piccoli gruppi che comunicano. Ci concentriamo sulle relazioni che si sviluppano nella cerchia di amici fidati e vicini. E la dobbiamo servire con un mosaico di servizi che non s’intromettano tra le persone, portando la loro vita in piazza. Saremo sempre dalla parte della privacy anche se questo rallentasse la crescita del servizio».
Insomma, il progetto di Ahtisaari sembra chiaro. Un nuovo approccio per un insieme di bisogni emergenti, nel mondo iperconnes-so e distratto degli smartphone attuali. La realizzazione è tutta da vedere. Ma già le domande che Ahtisaari si pone sono giuste e le risposte potenzialmente rivoluzionarie. La leadership ha un effetto: quello che molti seguono chi sta alla guida. Ma può avere molte cause: visione, credibilità, potere, autorità, muscoli, dimensioni, carisma. Se tra qualche anno vedremo meno persone chine sul display, anche Ahtisaari potrà camminare a testa alta.