Martin Wolf, Il Sole-24 Ore 2/6/2010;, 2 giugno 2010
LA CICALA, LA FORMICA E UNA FAVOLA DI MERCATO
Le favole servono a spiegare la realtà. Scopo di quella che ho raccontato la settimana scorsa - sulle cicale e le formiche - era fornire un resoconto semplificato del funzionamento dell’economia mondiale. Oggi vorrei rispondere a due domande: chi trae beneficio dai flussi commerciali tra le eccedenze nelle importazioni delle cicale e le eccedenze nelle esportazioni delle formiche? Le due possono coesistere proficuamente?
Occupiamoci della prima domanda: chi ne trae beneficio? Il mio collega Robin Hardin ha sollevato questa domanda in seguitoal consiglio che ho dato alle formiche: «Se intendete accumulare una ricchezza di lunga durata, non erogate prestiti alle cicale». Nello specifico ha chiesto: «E che ne è degli utili per le cicale?».
La risposta tradizionale è che entrambe le parti dovrebbero trarre guadagno da ogni scambio spontaneo. Ciò include questi "scambi intra-temporali", nei quali le formiche offrono prodotti alle cicale oggi in cambio di pagamenti in futuro.
Nondimeno, ciò presuppone che le decisioni siano prese con cognizione di causa, che i mercati siano flessibili e che i contratti siano fatti rispettare. Nessuna di queste ipotesi pare poi così plausibile. Uno dei motivi per i quali la gente in genere non prende decisioni con cognizione di causa è che - sostengono i lettori - quelle che alcuni chiamano "cavallette" (i capitalisti finanziari) ingannano sia le cicale sia le formiche.
Nel migliore dei casi, problemi d’informazione e legati alle agenzie nei mercati finanziari rendono difficile per cicale e formiche insieme comprendere che cosa stia accadendo di preciso. Nel peggiore dei casi, le cavallette utilizzano i loro beni e le loro conoscenze per manipolare le cose a loro esclusivo vantaggio.
I mercati finanziari sono sicuramente soggetti a cicli di euforia e di panico. Un grande ruolo lo riveste il mercato immobiliare. Nei periodi favorevoli, l’aumento dei prezzi dei terreni offre garanzie sull’indebitamento e incentivi al rischio. Nei periodi sfavorevoli, un crollo nel prezzo dei terreni può portarea una bancarotta di massa e minaccia di distruggere gli enti finanziari indebitati. A
lcuni economisti si chiedono se i vantaggi del commercio di beni e servizi si prestino per fare affari anche nella finanza. Jagdish Bhagwati ha scritto un famoso articolo su questo argomento sulla scia della crisi finanziaria asiatica del 1997-1998, nel quale ha descritto quello che a suo dire è il " complesso di Wall Street e del Tesoro".
In sintesi, non possiamo presumere che la finanza consenta a formiche e cicale di prendere decisioni ponderate e con cognizione di causa sul momento più opportuno per prendere in prestito e spendere denaro. Le formiche verosimilmente scopriranno che i loro fondi sono stati consumati o investiti nella produzione di asset non commercializzabili, per esempio un complesso immobiliare. Molto probabilmente scopriranno che è anche estremamente difficile esigere le rate dalle colonie delle cicale. vero, all’interno della zona euro le potenti nazioni delle formiche possono essere in grado di mettere i paesi che si ritrovano nei guai sotto il controllo centrale, anche se ciò sarebbe fattibile unicamente con quelli più piccoli.Ma l’equivalente sarebbe impossibile nei confronti degli Usa- il debitore netto più grande.
Le implicazioni paiono essere che le cicale dovrebbero come minimo beneficiare di un afflusso di risorse spesso non ricompensate, ma questa ipotesi è priva di garanzie, se come esito si hanno livelli insostenibili di consumi e sottoinvestimenti nella capacità di produrre beni e servizi commercializzabili. Il crollo economico, quando s’interrompono gli afflussi di capitale, può essere alquanto doloroso, a maggior ragione se un tasso di cambio fisso ( o un’unione valutaria)porta a un periodo di caduta dei salari nominali e dei prezzi. Questo, a sua volta, tende a far risalire il valore reale del debito, acuendo di molto la piaga delle cicale fortemente sovra-indebitate.
Tutto sommato, pare inverosimile che flussi netti su vasta scala di finanza del debito dalle formiche alle cicale possano fare del bene alle due parti. Le formiche- è vero- accrescono le loro capacità produttive, ma accumulano altresì asset di mediocre qualità e diventano dipendenti da quella che potrebbe benissimo diventare una domanda insostenibile da parte delle cicale.
Le economie delle cicale, a loro volta, arrivano a dipendere da afflussi insostenibili di capitale e da consumi eccessivi. Quando la festa finisce, si ritrovano entrambe con un bel mal di testa.
La seconda domanda: esiste un modo per garantire che cicale e formiche possano convivere in armonia? In parte la risposta consiste nel ridurre l’instabilità dei mercati finanziari. Aggiungerei soltanto due punti: il primo è cercare di ridurre gli estremi dei cicli immobiliari tassando il valore dei terreni; il secondo è togliere incentivi fiscali all’indebitamento.
Malgrado tutto, però, dal mio punto di vista il problema singolo più grande è il tentativo da parte delle formiche di fornire alle cicale così tanta " finanza ambulante". In definitiva, sia le formiche sia le cicale si ritrovano insoddisfatte. Un uso più proficuo dei risparmi e della capacità produttiva in eccesso delle colonie di formiche anziane potrebbe essere quello di prestarli alle colonie più giovani. Così i finanziamenti dovrebbe fluire nei paesi emergenti, in linea generale, e gli investimenti fissi nei paesi emergenti in particolare.
in questi ultimi che dovrebbero esistere le migliori opportunità di buoni investimenti. E sono questi ultimi altresì a essere più verosimilmente portati a creare la capacità di offrire servizi e ripagare i prestiti che hanno ricevuto.
Questa affermazione apparentementesensata deve far fronte a due grandi difficoltà: la prima è che quasi tutti i tentativi di creare flussi netti ingenti di capitale nei paesi emergenti negli ultimi trent’anni si sono conclusi con una crisi. La seconda è che, di conseguenza, i paesi emergenti hanno deciso di avere delle eccedenze delle partite correnti e di riciclarle in riserve di valuta straniera sempre più grandi. Nel 2010, per esempio, secondo l’Fmi le eccedenze delle partite correnti dei paesi emergenti saranno nell’ordine dei 420 miliardi di dollari, con un accumulo di riserve di 630 miliardi.
Pertanto, nel complesso, i paesi emergenti stanno riciclando le eccedenze correnti - oltre ai flussi privati di capitale- nelle riserve. Quasi tutte queste eccedenze sono create dall’Asia emergente e dalla Cina in particolare, benché questi paesi abbiano le migliori opportunità d’investimento.
Finché le cose staranno così, le colonie delle cicale del mondo sviluppato verosimilmente continueranno a ricevere capitali, che sicuramente continueranno a sprecare. Nondimeno, sotto la pressione della crisi stessa, molte colonie di cicale di un tempo sono costrette a diventare sempre più "simili alle formiche". Se le colonie delle odierne formiche ricche non cambieranno il loro comportamento, le potenziali eccedenze saranno enormi. O il mondo emergente nel suo complesso inizierà ad assorbire queste eccedenze in colonie più giovani e potenzialmente produttive, oppure il mondo intero resterà immobilizzato nella trappola della domanda, e ognuno cercherà eccedenze nelle esportazioni.
I flussi finanziari dalle colonie delle formiche rivolte alle esportazioni verso le colonie delle cicale avanzate sono andati a finir male. I flussi finanziari dalle vecchie colonie delle formiche verso quelle più giovani non hanno funzionato nemmeno loro. Se non si troverà una soluzione per porre rimedio a questi fallimenti, l’economia globale aperta potrebbe scomparire del tutto.