Varie, 3 giugno 2010
Si è dimesso il premier giapponese Yukio Hatoyama, nonostante martedì, già assediato dai sondaggi impietosi e dall’inquietudine del partito, avesse assicurato che non avrebbe mollato
Si è dimesso il premier giapponese Yukio Hatoyama, nonostante martedì, già assediato dai sondaggi impietosi e dall’inquietudine del partito, avesse assicurato che non avrebbe mollato. Il gradimento popolare è passato dal 70/80% del 30 agosto, quando Hatoyama e il suo Partito democratico (Dpj) hanno vinto le elezioni dopo oltre mezzo secolo di governo liberaldemocratico, al 17% di oggi. Domani il Dpj dovrebbe scegliere il nuovo leader, l’esecutivo lunedì. Favorito Naoto Kan, cofondatore con Hatoyama del Dpj, pragmatico e diretto, fama di incorruttibile, ministro delle Finanze con una simpatia per lo yen debole. Kan s’è autocandidato, ma nessuno esclude un altro nome, magari appoggiato da Ichiro Ozawa, lo «shogun ombra», potentissimo numero 2, anch’egli dimessosi ieri. Hatoyama, ingegnere laureato a Stanford, 63 anni e un nonno premier. Gli hanno nuociuto scandali sui finanziamenti al partito che hanno coinvolto persone a lui vicine. Come il pasticcio sulla base militare Usa di Futenma, a Okinawa, che in campagna elettorale aveva promesso, o almeno fatto intendere, che avrebbe rimossa dall’isola. Invece ha preso tempo, ha tentennato, salvo alla fine rimangiarsi tutto. Così domenica il Partito socialdemocratico è uscito dalla maggioranza spostandone più a destra il baricentro, se ora con il Dpj, blandamente di centrosinistra, restano i populisti del piccolo Nuovo Partito del Popolo. Hatoyama ha un’aria stralunata, porta camicie psichedeliche, la moglie parla di marziani: ma ciò che ha deluso è l’indecisionismo e la pressione montata per questioni che riguardavano aspettative elementari, come le autostrade gratis (riforma rinviata) o l’assegno per i bambini (stanziamenti ridotti). Il in Giappone 4 anni ha cambiato 4 primi ministri. Il premier cinese Wen Jiabao era appena stato a Tokyo, con Hatoyama aveva concordato collaborazioni promettenti. «Cambiando una persona non cambierà lo stato dei rapporti con Pechino’ dice Lian Degui, esperto di questioni sino-giapponesi dello Shanghai Institute of International Studies – e anche le relazioni di Tokyo con gli Usa resteranno ambigue come sempre» (Marco Del Corona, Corriere della sera 3/6/2010) Non ci sono vere alternative e si prospetta una specie di governo di transizione. Il Giappone è il Paese più indebitato al mondo, il suo debito pubblico ha ormai superato il 200% del Pil. Non è fallito perché ha le secondo maggiori riserve di moneta al mondo dopo la Cina (Francesco Sisci, la Stampa 3/6/2010) A Okinawa da 64 anni c’è la più grande base americana del Pacifico: 47000 militari in tutto. A ottobre 2009 il sit in lanciato dal popolo anti-Okinawa aveva superato i 2000 giorni. A marzo il governo giapponese si era impegnato a versare 6 miliardi di dollari per il trasferimento di 8000 militari Usa sull’isola di Guam: è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso (Anna Mazzone, Il Riformista 3/6/2010) Hatoyama è erede della famiglia Bridgestone. Il 25 aprile diceimila residenti di Okinawa erano scesi in piazza contro Tokyo e Washington. (Giampaolo Visetti, 3/6/2010)