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 2010  giugno 02 Mercoledì calendario

[interviste La Stampa, adozioni] UN PASSO IN AVANTI PER LA NOSTRA SOCIETA’ Gustavo Pietropolli Charmet, docente di Psicologia Dinamica all’Università di Milano, lavora da anni con bambini adottati

[interviste La Stampa, adozioni] UN PASSO IN AVANTI PER LA NOSTRA SOCIETA’ Gustavo Pietropolli Charmet, docente di Psicologia Dinamica all’Università di Milano, lavora da anni con bambini adottati. E con i loro genitori. Ascolta i loro sfoghi, le paure, i dubbi e a proposito della sentenza dice: « un passo in avanti per la nostra società». Cosa intende? « una posizione che ribadisce il principio dell’accoglienza in modo indiscriminato. Proprio come dev’essere l’atteggiamento di chi sceglie l’adozione». Anche se chi decide di crescere un bambino non suo non si sente pronto o all’altezza di un bimbo di un’altra etnia? «Lo spirito di chi adotta dev’essere del tipo ”succeda ciò che succeda”. Se non è questo significa che non è fatto per l’adozione in generale» Crede sia opportuno parlare di razzismo? « un’espressione piuttosto forte, ma le coppie che si trincerano dietro il ”noi siamo pronti è la gente che ci vive attorno a non esserlo” discriminano». Non è, invece, un segno di maturità, di conoscenza dei propri limiti? «Ogni genitore dovrebbe conoscere i propri limiti e quelli della famiglia in cui vive. Crescere un figlio, anche quando è naturale, non è facile. Specialmente durante l’adolescenza. Per un ragazzo adottato il passaggio è duro, ancor di più per chi vive in un luogo che gli ricorda di essere ”diverso”. Per ragazzi così servono padri e madri tosti. Altrimenti meglio lasciar perdere». NO ALL’IMPOSIZIONE LA SCELTA SIA LIBERA /«L’idea del singolo non deve diventare valore generale per tutti» è il parere di Salvatore Aglioti, professore di neuroscienze all’Università La Sapienza di Roma, altrimenti, dice, «il rischio serio è che ci venga imposta una morale di regime». Vale a dire? «Le scelte, compresa quella dell’adozione, devono essere fatte in assoluta libertà. La decisione di quale bambino crescere, educare, non deve seguire altre regole se non questa». Ma davvero si può prediligere un bimbo per il colore della pelle o dei capelli? «Dipende dalla ragione. Se il motivo è spiegato onestamente da una coppia, sì. meglio essere leali con se stessi e con gli altri, e dire con sincerità ciò che si è capaci oppure no di portare avanti». Quindi non è d’accordo con la sentenza? «Il passaggio che condivido meno è l’imposizione. La morale la si può insegnare, non imporre. I diktat sono tipici dei regimi». Cos’altro non le piace di ciò che hanno stabilito i giudici? «Il giudizio che rasenta l’accusa di razzismo e l’idea che se un uomo e una donna non sono pronti ad adottare un bambino di colore oppure un asiatico non siano capaci di amare e allevare nessun altro bambino». Perché non ne è convinto? «Perché non mi pare che le famiglie italiane siano esempi di emancipazione, ma non per questo si può supporre non amino i loro figli». /