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 2010  giugno 01 Martedì calendario

EURO AMORE MIO BELLO E SPIETATO - EURO!

L’ho amato, gli sono stato grato, fin dal primo giorno, quando la Lira lo lasciò padrone del campo, solo, e i lerci diecimila, i maleodoranti mille finivano nell’incineratore bancario e, croccanti, gli scarsi Euro corrispondenti erano accolti dai nuovi giubilanti portamonete.
Oh quanti, in Italia, fin dal fragrante sbocciare della Repubblica Italiana nella brancicante, appiccicosa storia europea, avevano atteso che la moneta cambiasse o almeno fosse drasticamente svalutata, facendo di colpo, di mille, una lira soltanto – UNA, ma rifatta vergine, intrepida, combattiva, degna di un popolo vinto in guerra che raccoglie le forze che si oppongono alla morte e acchiappa, correndo a piedi nudi, il volante invincibile di Varzi e di Nuvolari.
Ci fu un eroe, un bravo Achille, il liberale Epicarmo Corbino: era ministro del Tesoro e fece il possibile per riacciuffare la lira attratta dal nero pozzo e proiettarla ripulita ad altezza di marco – ma da sinistra gli minacciavano forca, garrote, ruota, squartamento. In tutti i cortei sindacali c’era sempre almeno un cartello con la silhouette di un penduto e la scritta: «Corbino a morte». Non volevano, quei raffinati psicologi, che i loro amati «lavoratori» si trovassero una busta-paga sgonfia invece che pallone, e se la prendessero con loro che non gli garantivano la gonfiatura perpetua rifilandogli una moneta asettica invece di una sputtanata. Ma non erano così scemi, come opinavano i Vertici, quei Trabajadores! Forse che l’euro, misura tardiva e molto più traumatica, è stato accolto male? Forse che nei cortei falciuti sono apparsi cartelli di «Prodi a morte»?
Sarà pur ricorso a trucchi mediterranei Prodi, per far salire la penisola della malalira sul Treno Reale dell’euro, nordico, spietato, ma resta il titolo suo di gloria, la più medagliabile delle sue benemerenze patrie!
Tanto poco m’intendo di queste cose che non ho mai cercato di capire perché invece di uguale a Lire Duemila nette l’italo-euro abbia subito per unità il cambio a Quasi-Due, generando equivoci perfino linguistici sull’equivalenza. Per un anno si fece ricorso alle macchinette, per molto meno i cartellini esibirono il doppio prezzo; poi ci si accorse che il demiurgo Commercio, sopprimendo questi iniziali pudori, faceva circolare dappertutto un Euro nudo, spuntato come dal nulla, al cambio chiarificatore di UN EURO A VALORE LIRE MILLE DEFUNTE.
Era fatta, e la fregatura fu digerita – ma troppo Mediterraneo fattuale e concettuale (Ellade, Italia, Spagna, insieme a Portogallo e a, mi pare, Irlanda) rischia di far fiorire sotto i portichetti di una estesa porzione di Europa una pluralità di Gioco delle Tre Carte, in cui il solo compare vince.
Dieci anni di euro (con l’augurio che diventino venti o trenta) non sono stati un salvagente etico di queste nazioni alla deriva morale; ma hanno sbarrato la strada, certamente, a più d’una catastrofe monetaria e avvicinato, nella pace (un pochino verminosa, sia pure) del portafogli e di più acrobatiche transazioni, popoli diversi butterati da guerre che parevano senza fine. Parti da Roma e arrivando a Brest, a Lubecca, ai confini della Russia, il pezzetto di carta identico dappertutto ti evita il palo dell’obbligo del Cambio, ti medica in parte la paura del luogo ignoto, ti fa sentire, anche se mediocremente fornito, un portatore di moneta forte – dunque un signore rispettabile, uno che, essendo dell’euro è, per incantesimo, della famiglia, – dunque perché lasciarlo morire dissanguato? Per mille ragioni, un cittadino che non era più giovane al sorgere dell’euro (e figuriamoci cos’è adesso: un malato della durata della vita) dichiara qui la sua trepidazione per l’euro in quanto sostegno, braccio, corrimano, suola antiscivolo. Della sua fantasmatica antisostanza finanziaria mi confesso ignorante come un guardiano di pecore: è un limbo che mi fa paura, ma l’euro cartaceo della BCE è un lume, una striscia pedonale, un salvacondotto per attraversare il nemico.
Sul salvataggio della Grecia mediante assunzione del debito faccio questa riflessione: scendere a recuperare uno che sta asfissiando in una fogna può fare vittime a catena. una sfida etica.
Fa stralunare che lo Stato spagnolo abbia fatto, o stia facendo ancora, la spesa suicida di duemilacinquecento euro per ogni nuova nascita! Tale è la paura di scomparire da questa lacrimevole storia?
Il timore di vedermi rivomitare in faccia una lazzarona di lira gonfiata, di pagare un giornale cinquemiladuecentocinquanta invece di un euro in caduta col paracadute che me lo vende uno e venti, mi rammenta la parola evangelica: è cane che ritorna al suo vomito.
Vade retro, lira!! Euro – anche con bussola deviante – amore mio. Euro mon amour, my love, agàpimu, meine Liebe, mí querído!!
Guido Ceronetti