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 2010  giugno 01 Martedì calendario

DRAGHI SI TIENE IL SUO TESORO E RINGRAZIA

Mario Draghi ha applaudito la decisione del governo di Silvio Berlusconi di tagliare le spese. Applauso convinto anche se il clima di austerity ha ormai coinvolto tutta Italia con la non lodevole eccezione proprio di via Nazionale. Perfino la politica è riuscita a tagliare la cinghia meglio e più convintamente della Banca d’Italia. Tanto che oggi i bilanci e le cifre consentirebbero una clamorosa inversione dei ruoli. palazzo Chigi a potere puntare l’indice e a consentirsi il ”monito” nei confronti di palazzo Koch, e non viceversa. Basta tornare indietro con l’orologio della storia e andare al lontano 1998, ultimo anno senza l’euro, alla vigilia del trasferimento delle funzioni dalle banche centrali nazionali alla Bce. All’epoca dunque in Bankitalia c’era ancora Antonio Fazio e a Roma si governava la liretta. Al governo c’era invece Romano Prodi, con la sua squadra di 21 ministri parlamentari e tecnici e 48 sottosegretari. A undici anni di distanza i compiti del governo italiano non sono diminuiti. Eppure il costo di funzionamento dell’esecutivo si è ridotto del 20 per cento. Gli stipendi oggi non sono diversi da allora (le indennità sono prima aumentate e poi sono state tagliate), e il governo è divenuto più snello.
FUNZIONI DIMEZZATE
In Bankitalia tutto l’opposto. Le funzioni si sono dimezzate, visto che il governo della moneta e la fissazione dei tassi di interesse si sono trasferiti alla Banca centrale europea. Un po’ di personale è stato tagliato (-15%), ma soprattutto ai livelli inferiori, senza intaccare granchè le posizioni apicali. In compenso le spese per il personale dipendente sono cresciute del 32,31% (più di quanto avvenuto con gli statali, anche loro ridottisi nel periodo del 10 per cento). Salita in via Nazionale del 42,9 per cento la spesa per pagare le pensioni ai dipendenti. Ma la cifra più clamorosa dalla voce di spesa per gli organi collegiali centrali e periferici della Banca d’Italia. Era di 1,8 milioni nel 1998, è stata di 3,8 milioni di euro nel 2009: più che raddoppiata, altro che indennità parlamentari. Gli alti papaveri della Banca d’Italia, i
custodi del rigore, i fustigatori degli sprechi pubblici, si sono quindi raddoppiati i costi degli collegiali. Un fatto di cui certamente non vantarsi nell’anno in cui Giulio Tremonti dimezza con la legge finanziaria i costi già assai ridotti di altri organi collegiali della pubblica amministrazione. Non c’è traccia evidente nel bilancio approvato ieri dalla Banca d’Italia di quel
Il discorso
clima di rigore e attenzione ai costi interni della struttura di cui ha fatto sfoggio il Governatore Draghi proprio iniziando le sue considerazioni finali. Ha spiegato che rispetto al 2008 «hanno cessato di operare 39 filiali su 97; per altre 25 specializzate nei servizi all’utenza, si sono adottati assetti semplificati. In sei province sono state costituite, per lo svolgimento dei
compiti di vigilanza bancaria e finanziaria, unità distaccate delle rispettive filiali regionali. Si sono conseguiti risparmi permanenti quantificabili in circa 80 milioni di euro annui». Se lo ha detto il Governatore, sarà senza dubbio vero. Ma non c’è traccia di questo risparmio nel bilancio 2009 della banca centrale italiana. Le spese generali si sono contratte, è vero,
di 44 milioni di euro. Ma le uniche due voci ridotte sono quelle degli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali e immateriali (7,3 milioni di euro) e quella degli accantonamenti per oneri maturati e a garanzia del Tqp (si tratta di un’operazione contabile per le riserve pensionistiche: -172 milioni di euro solo per un costo straordinario dell’anno precedente). Tutti
gli altri capitoli di spesa sono aumentati.
Nonostante questo il bilancio della Banca d’Italia ha presentato un utile finale di 1,6 miliardi di euro (contro i 175 milioni dell’anno precedente), e di questa somma un miliardo tondo finirà nelle casse di Giulio Tremonti. Il risultato è dovuto a una performance migliore delle operazioni finanziarie e a una minore svalutazione delle attività. Anche l’attivo patrimoniale si è incrementato di quasi 34 miliardi di euro (arrivando a 301 miliardi di euro), in gran parte grazie alla crescita delle riserve e dei crediti in oro: in un anno sono passati da 48,9 a 60,4 miliardi di euro.
CREDITI RADDOPPIATI
Raddoppiati anche i crediti netti all’interno dell’Eurosistema, passati da 23,4 a 55,2 miliardi di euro. Il 2009 è stato dunque un anno d’oro di Draghi, anche se l’oro portato alla Patria da Bankitalia era assai superiore in quel lontano 1998: tra tasse versate e utile netto furono 3,3 miliardi di euro contro i 2,4 miliardi del 2009 (-27,08%).
Le cifre sui costi del personale lievitati e il minore apporto alle finanze pubbliche segnalano che anche in Banca d’Italia non guasterebbe stringere un po’ la cinghia. Margini ce ne sono: dallo stipendio del Governatore (450 mila euro, tre volte il compenso di guida la Fed) alle spese faraoniche per la struttura. Un esempio? Quello dei buffet di rappresentanza degli alti papaveri di via Nazionale previsti da un bando del 2009: 76 euro a testa per sgranocchiare «capesante con aragosta vinaigrette, nidi di crespelle con polpa di granchio, lamelle di spigola e mazzancolle in bellavista, scaglie di millefoglie in salsa cioccolato, inaffiati da abbondante Chardonay bianco Lison di Primaggiore».