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 2010  maggio 30 Domenica calendario

«LA SINISTRA RADICAL-CHIC CI ODIA PERCH LA PENSIAMO DIVERSAMENTE»

Roma Li chiamavano «Vacanzina». Loro hanno smesso da anni di cucinare cinepanettoni. Ma i critici di sinistra, poi, hanno cominciato a sparare sui cinecocomeri e continuano a stroncare gran parte dei loro film, alla faccia degli incassi al botteghino. Anzi, forse proprio per quelli. I parrucconi dell’intellighenzia gauchista non riescono proprio a perdonare ai Vanzina il grande successo popolare delle loro pellicole improntate alla realtà, pur non essendo il loro un cinema impegnato. Tirati per la giacchetta dal Secolo d’Italia e dal Manifesto, i figli di Steno, il regista che realizzò con Mario Monicelli i migliori successi di Totò, non si sentono né di destra né di sinistra. «Noi siamo di centro», puntualizza Enrico, «il baricentro del Paese». Un po’ presuntuoso forse. Ma nessuno può negare che i Vanzina brothers abbiano raccontato l’Italia degli ultimi cinquant’anni facendo il verso alla borghesia pariolina meglio di qualunque regista ”rosso”. Dei due, lui è l’intellettuale, il giornalista, lo sceneggiatore. Il suo destino ce l’ha dipinto alle spalle della scrivania, in un quadro di Filippo De Pisis con una penna e un calamaio, che il pittore stesso gli regalò alla nascita. Se dovesse fare un film sulla politica?
«L’ho già scritto, ma non è mai stato realizzato».
Qual è il titolo?
«’Peones”. la storia di un gruppo di deputati di partiti diversi, anche antagonisti, che arrivano per laprimavoltaaRomaconunaforteidealitàiniziale. Ma poi si accorgono che i parlamentari non contano un beneamato cavolo, perché in Italia comandano dieci persone. E così passano le serate al ristorante a parlare di calcio e di raccomandazioni».
Se dovesse fare un cinepanettone o un cinecocomero a Montecitorio, quali politici sceglierebbe per il cast? «Di Pietro è un attore nato, ma anche La Russa è meraviglioso. Tremonti starebbe bene in un film sul Settecento alla corte di un re di Francia. A D’Alema farei fare il moschettiere».
Nessuna donna?
«No, perché le parlamentari e le ministre si atteggiano già tutte a star». Non salva proprio nessuna? «Sono rimasto molto ben impressionato dalla Meloni. Mi ha colpito la sua lucidità, credo che sia una donna molto intelligente».
Dei politici chi la fa ridere di più?
«Mi facevano molto ridere quelli di una volta. Io avevo degli idoli totali». Tipo? «L’onorevole Alfredo Covelli».
E oggi?
«Nessuno mi fa più ridere. Anzi, li trovo molto fastidiosi. Gli italiani non li hanno mai odiati tanto. Ne hanno le tasche piene della loro arroganza, della loro furbizia, del loro umorismo che non è mai umoristico. Se non si danno una regolata, anche nel modo di porsi nei talk-show, il Paese rischia moltissimo». Addirittura. «L’Italia rischia molto più su questo tema che sulla crisi economica».
I politici che la fanno piangere di più?
«I peggio sono quelli che cambiano schieramento durante la legislatura. Ma sarebbero un ottimo soggetto per una commedia». Se i Vanzina facessero una commedia politica otterrebbero il plauso della critica: «Finalmente un filmimpegnato».
«Ci stroncherebbe lo stesso. Ma non me ne frega niente, sono abituato». Perché la critica radical-chic ce l’ha tanto con voi? «Perché quella di sinistra è una critica militante, convinta che il cinema serva a cambiare il mondo, mentre può anche raccontarlo e basta. Noi sappiamo di aver fatto un cinema onesto, di osservazione della realtà. I nostri film a distanza di anni si guardano con piacere, perché hanno un lato antropologico forte. Mentre molti capolavori annunciati, a rivederli fanno pena. Ma la stampa di sinistra non è tutta così, noi siamo gli eroi del Manifesto».
Anche del Secolo. La lusinga o la imbarazza?
«Mi lusinga. Ma se vuole tirarmi per la giacchetta non va bene, perché non siamo di destra. Noi siamo liberal malagodiani». Buona parte della critica vi ha rinfacciato di essere i cantori della volgarità.
«Quando sono volgari quelli di sinistra va tutto bene, quando uno non la pensa come loro, il suo dissenso diventa volgarità. Chi fa commedia fotografa il Paese, sarebbe ridicolo fare dei film in cui la gente parla in maniera diversa dal linguaggio della strada. Basta sentire le intercettazioni». Condivide il ddl sulle intercettazioni in discussione al Senato?
«I bavagli alla stampa dovrebbero essere vietati. Ma si è fatto un uso assolutamente spropositato delle intercettazioni in Italia, dove c’è un’impunità totale. Uno non può essere processato due volte, in tribunale e sui giornali».
Che effetto le ha fatto leggere nella lista Anemone il nome di registi? «Non è ammissibile che un tg apra con la notizia che nella lista Anemone c’è Pupi Avati, che si è solo fatto installare un montacarichi di quattromila euro nella sua casa in Umbria. In un Paese di ladri e di sprechi, mettere lui nella lista dei cattivissimi è uno schifo. Io sono amico di tanti che sono stati gangster veri, forse il mio numero è nella rubrica del telefono di gente che spara. Perciò sono un gangster anch’io?».
Angelo Balducci ha cercato di raccomandare anche a voi il figlio Lorenzo? «Una volta ci ha chiesto di vederlo per inserirlo nel cast di un film. Credo che mio fratello l’abbia incontrato una o due volte, ma non lo ha preso». Perché è scarso?
«Non lo so, io non l’ho mai incontrato. Mio fratello l’ha scartato al provino perché non andava bene
per quel ruolo».
Ricevete tante raccomandazioni da politici o imprenditori? «Tante, ma non le consideriamo proprio. Un attore lo scegliamo solo se è bravo».
Chi è il Leonardo Di Caprio italiano?
«Elio Germano. Come Di Caprio, continua ad avere una faccia da ragazzino pur avendo una certa età. Il primo film l’ha fatto con noi: ”Il cielo in una stanza”. Capimmo subito che era fuori dal comune. Ma è fortemente svantaggiato dalle sue posizioni ideologiche. molto influenzato dalla politica e questo alla lunga non lo aiuterà. Diventerà sicuramente l’eroe di una certa parte, ma il suo talento va oltre qualsiasi ideologia».
Le piace la tv di oggi?
«No, perché ripropone quello che ha già fatto il cinema due anni prima. una tv conformista e di cattivissimo gusto. La fiction italiana è orrenda. C’è una compagnia di giro che passa da un canale all’altro a dare opinioni. La tv non deve esprimere idee ma raccontare storie. Gli opinionisti sono i telespettatori».
Che lui accetti o no, la Rai ha fatto bene ad offrire a Michele Santoro una liquidazione milionaria pur di toglierselo dalle scatole? «Santoro è un ipocrita. Lui fa il difensore di una certa opinione partendo da una posizione vittimistica. Invece ha uno spazio enorme, 5-6 milioni di telespettatori che lo seguono: il massimo della libertà d’informazione».
Ha ragione Berlusconi a dire che non può fare un programma come Annozero alla Rai? «Santoro spesso non rispetta i compiti che deve avere la tv di Stato, è comprensibile che stia sulle palle al governo. Ma non credo proprio che lui si possa considerare vittima della censura».
Le piace l’Italia di oggi?
«La democrazia è andata in cortocircuito. Tutto ciò che fa Berlusconi è considerato antidemocratico, e non è così. Ma se si parte da questo presupposto non si troverà mai un accordo su nulla». Visto che mastica così bene la politica, non ha mai pensato di scendere in campo?
«Me l’hanno chiesto tante volte, sia da destra che da sinistra, ma non ci penso proprio». Per chi ha votato alle ultime elezioni? «Per il centrodestra. Anche perché considero il progetto del centrosinistra definitivamente esaurito con Romano Prodi. Il Pd non è mai nato, secondo me».
Il governo Berlusconi ha fatto bene in questi due anni o l’ha delusa? «Questo governo ha dei fuoriclasse. In primis, Sacconi e Tremonti. Maroni è un fenomeno: il miglior ministro dell’Interno degli anni Duemila. un governo che è risorto dalle ceneri vincendo alle Regionali, quando tutti lo davano per spacciato, e si è ritrovato di fronte a una delle peggiori congiunture economiche, che necessiterebbe di larghe intese, e a casi di corruzione al suo interno, che ne hanno un po’ intaccato l’immagine. Ma Berlusconi e i suoi ministri hanno tre anni davanti. Li abbiamo votati, quindi si diano da fare». Alcuni vostri grandi successi sono stati prodotti da Medusa Film, di proprietà di Berlusconi. Che rapporto ha con l’ad Giampaolo Letta?
«Di grandissima simpatia, perché ha ereditato da suo padre la riservatezza, la tranquillità, la voglia di mediare, di non andare mai sopra le righe». Conosce così bene Letta padre?
«Lo conosco da molto tempo, ma superficialmente. Lo considero ancora il direttore del Tempo, quindi un collega nei confronti del quale ho un grandissimo rispetto. E lui è un uomo molto rispettoso, anche delle diversità. Una qualità che ho ritrovato nel figlio, che tiene in grande considerazione le idee degli altri. Medusa, infatti, produce anche film di registi di sinistra che invece la insultano. Trovo veramente ridicoli quelli che accettano di fare film con Medusa e poi in conferenza stampa sparano su Berlusconi. Quelli così proprio non li sopporto».
Che rapporto ha con il premier?
«Io ho un rapporto enorme con Berlusconi. Noi siamo stati i primi a fare un accordo di esclusiva con lui, nel 1983. Per la Fininvest abbiamo fatto il primo serial italiano, ”I ragazzi della Terza C”. Poi divenni capo della produzione della Penta Film, la società cinematografica che Berlusconi fondò con Vittorio Cecchi Gori, nel ”90 e ”91. E fui io il testimonial per il ”no” ai referendum sulla riduzione delle reti Fininvest e sui limiti alla pubblicità». Ha mai subìto censure o pressioni dal Cav?
«Non c’è mai stato un grammo di censura in tutto quello che abbiamo fatto per Mediaset, mai una telefonata in cui Berlusconi mi dicesse ”devi fare così o colà”. Eppure ho fatto per moltissimi anni tv con lui. Tra i nostri produttori, il Cavaliere è stato il più serio e onesto, perché non metteva mai bocca. Quando sceglieva il progetto, si affidava a te. Però, dal momento in cui è entrato in politica, non ci siamo mai più visti né sentiti».
Mai mai?
«Una volta, alla commemorazione di Goffredo Lombardo. rimasta tra noi una grandissima amicizia. Ma è un’amicizia virtuale». Che giudizio ha dell’uomo?
« simpatico e molto, molto intelligente. Ma ha delle grandi debolezze, come tutti gli uomini, che lo rendono vulnerabile. Ma lui ne paga le conseguenze più degli altri».
E del politico cosa pensa?
«All’inizio sembrava un dilettante allo sbaraglio, invece si è rivelato un grandissimo leader. Che i suoi avversari lo vogliano o no, Berlusconi è la più grande figura degli anni Novanta e Duemila di questo Paese. Ha fatto cose che fanno impazzire di rabbia i suoi nemici, ma li ha sempre battuti in anticipo perché non hanno mai trovato una strategia per combatterlo sul serio. Lui è il solo a poter essere paragonato ai grandi politici di una volta. Come lui erano Moro, Andreotti e Berlinguer». Ce l’avrà un difetto quest’uomo?
«Non venendo dalla scuola della politica, è totalmente scorretto e anche un po’ dittatoriale, perché si rende conto che la forza del suo governo è lui. Per cui, delega solo a se stesso. Quando i libri di storia parleranno di lui, tra cinquant’anni, lo descriveranno come un enigma. Berlusconi è un personaggio molto shakespeariano. Paolo Sorrentino, che ha fatto quel bellissimo film su Andreotti, potrebbe fare un capolavoro su Berlusconi. C’hanno provato col ”Caimano”, ma trasudava ideologia da ogni fotogramma»
A lei non piacerebbe scrivere un film sul premier?
«No, assolutamente no».
Che idea si è fatto di Pierluigi Bersani?
«Non lo conosco personalmente, ma credo sia
una persona molto per bene che viene da un apparato che se lo sta mangiando. Anche lui finirà divorato dal ”rinoceronte” dell’ex Pci». Com’è successo a Veltroni.
«Walter è un mio carissimo amico, e poi io ho un grande debito con lui, perché quando venne a vedere ”Febbre da cavallo – La Mandrakata” gli rubarono in casa».
Che giudizio ha della sinistra in generale?
«Per un lungo periodo ho votato Psi e credo che una democrazia forte non possa fare a meno del socialismo democratico. Il grande errore della sinistra è che, invece di ridare vita all’anima socialista eliminata dagli ex Pci, ha scelto la strada del Pd, non facendo capire agli italiani che sinistra è. E oggi ci troviamo di fronte a un partito spaccato in due che ha del tutto vanificato il progetto di un grande riformismo social democratico».
C’è un leader, anche in nuce, a sinistra?
«Enrico Letta».
Lei era alla presentazione di Italia Futura. Come mai c’è andato? «Non è vero, non ero a Roma». L’hanno vista in molti quel giorno.
«Dove?».
A Palazzo Colonna, al battesimo della fondazione diLucaCorderodiMontezemolo,il7ottobre2009. Lei era assieme a Vittorio Sgarbi e a Giovanni Malagò.
«Ma se ero a una regata a Boston... Boh... Non ricordo... Però, sia io che Carlo ci siamo iscritti a Italia futura». Per dare manforte alla discesa in campo di Montezemolo?
«Con Luca siamo amici fin da ragazzini, è stato anche mio testimone di nozze. Tutte le volte che gli hochiestosevolessefarepoliticahasemprenegato».
Montezemolo ha la stoffa del leader?
«Certo che ce l’ha. un uomo molto intelligente e rappresenta un’Italia di valori solidi, che sono quelli della grande industria, della borghesia illuminata, di un liberalismo che viene da molto lontano. Ma non credo che in questo momento ci sia spazio per lui».
E quando Berlusconi si sarà ritirato ad Antigua o al Colle? «Oggi stanno tutti aspettando la caduta di Berlusconi e tirano per la giacchetta Montezemolo, che fa comodo ad ognuno: al Pd che vuole darsi una faccia centrista, ai centristi che vogliono darsi una faccia imprenditoriale, agli ex fascisti che vogliono entrare nel salotto buono».
Mera utopia, quindi, il progetto che vedrebbe assieme Montezemolo, Fini, Casini e Rutelli? «A sentire Luca, sì». E come mai a Palazzo Colonna il 7 ottobre c’era pure Fini?
«Era in veste di presidente della Camera. L’ego di Fini non gli permetterebbe mai a fare il secondo di uno che non fa ancora politica». Secondo lei, Fini è un pariolino?
« di Bologna, come fa ad essere pariolino?».
Sta dicendo che è un ”compagno”?
«Lui crede di piacere alla sinistra, ma le sue origini sono quelle. Se spera nel sostegno della sinistra, sbaglia. Gli ex comunisti non si fideranno mai di uno che faceva il saluto romano. Fini era e resta di destra. Deve ringraziare molto Berlusconi che lo ha sdoganato quando era l’uomo nero della politica. Ha fatto un percorso democratico molto intelligente che gli va riconosciuto. Ma se finisce a sinistra, non esistono più i partiti in Italia».
La dipartita (politica) di Berlusconi è dietro l’angolo o è molto di là da venire? «Certo, i suoi stanno facendo di tutto per farlo cadere. Ma se Caimano è, Caimano si dimostrerà».