Andrea Valle, Libero 30/5/2010, 30 maggio 2010
L’EUROPA CI TOGLIE PURE LA PASTA AI FRUTTI DI MARE
L’Unione europea ha finalmente trovato un nemico alla propria altezza: il cicerello del Mediterraneo. Da martedì primo giugno, il gustoso pesce noto ai naturalisti col nome di Gymnammodytes cicerelus diverrà, al pari di calamaretti, cannolicchi, rossetti, bianchetti, latterini, seppie, telline e zerri, fuorilegge. Lo hanno deciso a Bruxelles. Dove, non paghi di metterci le mani nelle tasche, hanno iniziato a mettercele pure nel piatto.
La Commissione europea ha varato una titanica riforma della pesca nel Mediterraneo. E, coerentemente coi propri trascorsi, ha fatto i danni. Tre le innovazioni centrali: allargamento forzoso delle reti da pesca, che avranno da essere composte da maglie tassativamente al di sopra dei quaranta millimetri; divieto assoluto di gettare le reti medesime entro un miglio e mezzo dalla costa; interdetto ad utilizzare le draghe per la raccolta dei bivalvi entro le 0,3 miglia dalla costa. Tutte disposizioni che rendono impossibile la pesca delle specialità succitate. Le motivazioni addotte per motivare la stretta sono le solite: tutela delle specie a rischio, nutrimento dei pesci adulti, salvaguardia dei fondali e via verdeggiando.
ECONOMIA SOMMERSA
Il problema è che tanta foga ambientalista si traduce per l’Italia in una mazzata duplice. La prima, ovviamente, è quella economica. Il nostro Paese è tra quelli che in Europa destinano la maggior parte della flotta totale alla piccola pesca: le nuove misure coinvolgeranno circa 100mila pescherecci per un totale di 3mila addetti, andando ad incidere sul 5% del volume d’affari del settore. Il che, con alle porte una delle stagioni estive dai pronostici più taccagni della storia, non è il massimo. E poi c’è l’altra faccia della mazzata. Che è culturale. A voler fare un minimo gli sciovinisti, ci sarebbe da denunciare la strisciante manovra dei mangiatori di merluzzo contro la dieta mediterranea. Perché qui si vanno a minare pilastri dell’identità nazionale come gli spaghetti con le telline, le seppioline alla veneziana, la frittura di paranza, la farinata con i bianchetti, la zuppa di rossetti, i calamaretti fritti. Colpendo con egualitaria ferocia tradizioni del nord e del sud, dell’Adriatico e del Tirreno, in bianco e al pomodoro, la mannaia europea ha gettato nel panico l’intero Stivale. Non a caso, sta protestando l’universo mondo: l’associazione Marinerie d’Italia è andata in blocco ad incatenarsi sotto il ministero dell’Agricoltura, la Lega pesca invoca un colpo di spugna quantomeno sui rastrelli da natante (per turbosoffietti e sciabiche le speranze paiono perse), la Coldiretti chiede una deroga all’intero pacchetto perché «le nuove norme non solo rischiano di provocare una brusca caduta di reddito per la pesca italiana, ma anche di aumentare la dipendenza dell’Italia dall’estero da dove già arriva il 60% del pesce consumato a livello nazionale».
FORNELLI RIBELLI
Fronte comune anche dagli esercenti. A partire da quelli di lignaggio. Arrigo Cipriani dell’Harry’s bar di Venezia paventa la scomparsa delle ricette a base di seppie e lancia il lodo mollusco: «Bisogna trovare un nuovo nome da dare alle seppie in modo da continuare a servirle lo stesso». L’arcinoto ristoratore napoletano Salvatore Rosiello prende atto che «da quando Bruxelles detta le regole alcuni piatti della tradizione di fatto non esistono più». Amara rassegnazione: «Sopravviveremo». Per l’artista del pesce alla genovese, Luciano Belloni detto Zeffirino, «sarebbe davvero un peccato se facessero sparire il novellame dalla tavola». Il problema, sostiene, «è la grande industria che si è accorta del prodotto e lo surgela per venderlo tutto l’anno. All’avvento dell’euro i bianchetti costavano 75-80 euro al chilo. Oggi ne bastano 25-30, e questo spiega molte cose».
La politica, dinnanzi a tanto affronto, non poteva rimanere inerte. E Giancarlo Galan neoministro dell’Agricoltura che su questa faccenda si gioca il proprio battesimo dell’acqua ha iniziato a tirare su le barricate. Il nostro governo, fa sapere Galan, ha già chiesto una deroga al nuovo regolamento ed è in attesa di una risposta da parte della Commissione europea. «Concordo con le scelte dell’Ue», mette in chiaro Galan, «il mare è un patrimonio da tutelare nella sua biodiversità». Ciò nonostante, lotta dura alla legge ammazza-pesca. Perché va bene tutto, ma di fronte al sacrosanto diritto al cicerello del Mediterraneo non c’è biodiversità che tenga.