L. Vin, Il Sole-24 Ore 1/6/2010;, 1 giugno 2010
IL POLITICO DI RAZZA CHE VIENE DAI CONFINI DEL MAOISMO
Piace alla gente della strada perché ha spazzato via la malavita che soffocava l’esistenza quotidiana della città. Piace alla gente della strada perché, in una Cina sempre più genuflessa sull’altare del capitalismo globale, riesce ancora a parlare il linguaggio mistico del maoismo della prima ora. Piace alla gente della strada perché ha tutti gli ingredienti dell’uomo politico di razza: fascino, retorica, magnetismo, autorevolezza, carisma.
Ecco Bo Xilai, il segretario del Partito comunista di Chongqing che oggi incontrerà i rappresentanti della missione di sistema italiana, l’uomo che dalla periferia dell’Impero è riuscito a rompere il grigiore della vita politica cinese, scendendo in campo come outsider nella lotta alla successione dei vertici della nomenklatura che si consumerà da qui all’autunno 2012. Una lotta che si annuncia senza esclusione di colpi, in cui Bo negli ultimi tempi si è gettato anima e corpo. Andando a toccare, per quello che contano nella vita politica cinese, le corde del sentimento popolare.
Sessant’anni ben portati, un sorriso aperto e volitivo, inglese fluente (ma non lo usa nelle interviste), una vita spesa al servizio del partito, nei mesi scorsi Bo è balzato agli onori delle cronache per aver sgominato la potente mafia che da anni imperversava nella megalopoli del West cinese. La stampa cinese ha dato ampio risalto alla brillante operazione anticrimine, celebrandolo come un eroe nazionale. E un sondaggio online, condotto di recente dal Quotidiano del Popolo ha nominato il segretario del Pcc di Chongqing " Uomo dell’Anno".
Mostrando grande intuito politico, Bo ha trasformato subito questo successo in una rampa di lancio per la sua candidatura (ufficiosa, perché questi giochi si fanno nelle mura di casa) per la stanza dei bottoni del Pcc. Per l’ultimo rampollo di una delle famiglie più famose e potenti dell’epoca maoista si tratterebbe di un grande ritorno.
Il padre di Bo Xilai, Yi Bo, fu un eroe della Lunga Marcia, al punto di essere consacrato tra gli Otto Immortali nella storia del Pcc. Durante la Rivoluzione culturale, però, anche lui cadde in disgrazia. Con un’accusa per i tempi durissima e infamante: collaborazionismo con il capitalismo straniero. L’intera famiglia Bo, compreso il giovane Xilai, fu spedita a lavorare nei campi. Sua madre morì per le percosse subite dalle Guardie Rosse. Nel 1978, quando Deng Xiaoping salì al potere, Yi Bo fu riabilitato e diventò vicepremier.
Da quel momento, la vita di Bo Xilai è stata tutta in discesa.
Come tutti i "principotti" discendenti in linea diretta della casta politica cinese, Bo prima ha studiato nelle migliori università (storia e giornalismo) e poi ha scalato rapidamente i gradini della nomenk-latura. La sua carriera, infatti, è una parabola tutta in ascesa: sindaco di Dalian, ministro del Commercio, segretario del Pcc di Chongqing.
Ma ora,per spiccare l’ultimo salto verso il sacro soglio del partito, le parentele e il sangue blu non contano più. Adesso Bo deve fare tutto da solo. Nel 2012 il diciottesimo congresso del Pcc sancirà un passaggio di consegne epocale tra la Quarta e la Quinta Generazione di comunisti cinesi. I giochi per le primissime posizioni sono già fatti: salvo sorprese, tra due anni Xi Jinping diventerà il nuovo presidente cinese, mentre Li Keqiang andrà a occupare la poltrona di primo ministro. Ma per gli altri sette posti del comitato permanente del Politburo la gara è ancora tutta aperta.
Bo Xilai vuole giocarsela sino in fondo. Fascino, popolarità, carisma e internet basteranno per sconfiggere i suoi agguerriti rivali nel rush finale verso il Politburo?