Marco Onado, Il Sole-24 Ore 1/6/2010;, 1 giugno 2010
IN CERCA DI REGOLE PER PREVENIRE (NON PER PUNIRE) - L
a riforma delle regole è il cuore della parte delle Considerazioni finali dedicata al sistema finanziario. Non solo i banchieri (molti fra i presenti, ha detto il Governatore in una delle significative aggiunte al testo scritto) non devono ostacolarla, ma devono considerarla come condizione indispensabile per avere degli intermediari, forse meno redditizi, ma certo meno rischiosi. Partendo dall’assunto che «la crisi che investe il mondo da quasi tre anni sta in carenze regolamentari e di vigilanza nelle piazze finanziarie più importanti », Draghi ha indicato lo stato dei vari progetti di riforma, in particolare quelli del Comitato di Basilea e quelli discussi all’interno del Financial Stability Board che egli stesso presiede, non senza un breve accenno all’ambiziosa riforma americana, che negli aspetti di cooperazione internazionale è giudicata coerente con l’agenda del Fsb.
Il senso complessivo dell’analisi è che non c’è alcun intento punitivo nelle misure proposte. Anzi, il senso delle considerazioni del Governatore punta a valorizzare la necessità di un sistema finanziario efficiente e stabile per consolidare una ripresa economica che è l’unico vero rimedio contro gli eccessi del debito passato.
Per questo si insiste sul fatto che l’applicazione delle regole sarà graduale e non verrà avviata prima che la ripresa sia consolidata. Per non rischiare di essere frainteso, Draghi lo ha ripetuto anche a proposito del sistema bancario italiano. Parole rassicuranti, indubbiamente, che dovranno essere meditate dai molti politici, a cominciare da quelli anglosassoni, che sembrano ancora animati da propositi bellicosi, se un governo di coalizione fra conservatori e liberal-democratici pensa di introdurre una tassa speciale e di intervenire per decreto su dimensioni e aree di attività delle banche.
Il problema coinvolge un aspetto istituzionale e politico ancora più delicato: quello dei rapporti fra sistema finanziario, politica e regolatori. Sostiene Draghi che le nuove misure riusciranno a rendere il sistema finanziario non tanto esente da crisi ( condizione che non è dato trovare in natura) quanto capace di affrontare futuri episodi di instabilità senza presentare il conto al contribuente. Sotto questo profilo, il passaggio chiave della relazione è l’affermazione secondo cui «solo quando governi e rego-latori potranno lasciar fallire le istituzioni che lo meritano, senza provocare catastrofi come quella seguita al fallimento di Lehmnan, essi avranno riacquistato vera indipendenza rispetto all’industria dei sistemi finanziari».
Insomma: il quadro tracciato dal G-20 è condizione necessaria, ma anche sufficiente per avere un sistema finanziario più solido ed efficiente. Il che significa che altre misure più o meno estemporanee e più o meno prese a furor di popolo ( dalle tasse ai divieti di vendere allo scoperto) sono inutili, se non addirittura dannose. Ed è importante che Draghi abbia dichiarato la sua piena fiducia nel fatto che quel progetto politico avrà successo.
Il Governatore ha confermato il giudizio positivo sul sistema bancario italiano, tra i meno colpiti dalla crisi e ha anche aggiunto un importante elemento prospettico. Le analisi di stress della Banca d’Italia mostrano che, anche in scenari non positivi di evoluzione dell’economia mondiale, l’adeguatezza dei patrimoni bancari e la stabilità finanziaria non sarebbero in discussione.
Ciò ovviamente non significa che il capitale delle banche non debba aumentare e tanto meno che non ci sia un serio problema di disponibilità di credito per il settore produttivo. Riprendendo spunti già introdotti negli scorsi anni, Draghi ha spronato le banche a non utilizzare in modo pedissequo i modelli quantitativi che possono trasformare la disciplina di Basilea (quella attuale, non quella futura) in un autentico cappio per le imprese, soprattutto in un momento come questo in cui i dati ufficiali di bilancio risentono di una situazione molto pesante. Interpretare le regole con il buon senso, prima ancora che con la saggezza del vero banchiere, è oggi la vera sfida imprenditoriale. Occorre infatti «saper discernere l’impresa meritevole anche quando i dati non sono a suo favore», il che significa che Basilea non deve diventare l’alibi pilatesco per una riduzione di credito che potrebbe avere effetti terribili per l’economia produttiva.
Ma il dettaglio più succoso per le banche italiane viene da un altro intervento a braccio: quello in cui il Governatore, dopo aver lodato il ruolo svolto dalle Fondazioni a favore dell’indipendenza del management, ha ammonito che nessuno ”a cominciare dalle stesse Fondazioni – ha interesse a tornare al mondo di oltre venti anni fa in cui la maggioranza di turno indicava non solo i vertici delle banche, ma anche i clienti di riguardo. La buona performance del sistema bancario italiano di fronte alla crisi non è fortuita, ma dipende anche da un processo di privatizzazione che ha saputo dare autonomia imprenditoriale alle principali aziende: se qualcuno ne dubita, osservi quanto accade oggi alle Landesbanken tedesche e alle casse di risparmio spagnole. Forse in Italia non c’è un rischio concreto di ritorno al passato, ma è sempre bene ricordare che i progressi fatti non devono essere messi in discussione. L’elenco delle cose da fare per riavviare l’Italia sul sentiero della crescita è lunghissimo: ci sono tutte le condizioni perché il sistema finanziario si riveli un punto di forza.