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 2010  giugno 01 Martedì calendario

IL PRESIDENTE TEDESCO SI DIMETTE PER UNA GAFFE

(riassunto) - Il presidente federale Horst Köhler si è dimesso dalla carica con effetto immediato. La decisione è stata presa dopo le polemiche suscitate da alcune sue dichiarazioni durante una visita ai militari tedeschi in Afghanistan. Durante un’intervista a una radio tedesca il presidente ha spiegato sostanzialmente che la guerra è necessaria perché difende interessi economici e commerciali (il 22 maggio). La sua dichiarazione: «Siamo sulla strada del capire, persino nella società allargata, che un Paese delle nostre dimensioni, con il nostro orientamento verso il commercio internazionale e quindi dipendente dal commercio internazionale, deve sapere anche quando è in dubbio che in caso di emergenza schierare i soldati è anche necessario per proteggere i nostri interessi. Per esempio, nelle rotte del libero commercio, per esempio per prevenire l’instabilità in un’intera regione che certamente avrebbe un impatto negativo sulle nostre opportunità in termini di commercio, posti di lavoro, reddito». Il 60% dei tedeschi è contrario alla presenza delle truppe in Afghanistan e proprio questa maggioranza ha reagito alle dichiarazioni di Köhler. Il settimanale Der Spiegel, sulla vicenda, è uscito con un articolo intitolato «Horst Lübke» (come l’altro presidente dimissionario, vedi sotto). Nessuno, né nella Cdu né tra i liberali del vicecancelliere Guido Westerwelle, ha preso le sue difese. Affiancato dalla moglie Eva Luise, ha convocato ieri (31 maggio) una conferenza stampa e con la voce rotta ha annunciato le dimissioni immediate a causa di «incomprensioni» che mettono in discussione «il rispetto necessario per il mio ufficio». L’unico precedente risale al 1969, quando l’allora presidente Heinrich Lübke lasciò l’incarico con tre mesi di anticipo sull’onda delle accuse di collaborazionismo con i nazisti.
Jens Boehrnsen, presidente di turno del Bundesrat (Camera delle Regioni) e sindaco-governatore di Brema, ha assunto l’interim. Il nuovo presidente federale, in base al Grundgesetz, la Costituzione federale, dovrà essere eletto entro 30 giorni dall’assemblea dei Grandi elettori, composta dal Bundestag (il Parlamento federale) e da rappresentanti di 16 Stati. Il presidente non ha ruoli di governo ma solo di rappresentanza, ma la sua elezione fotografa i rapporti di forza. E il centrodestra della Cancelliera Angela Merkel è ai minimi storici, affronta il difficilissimo negoziato sulla manovra per risanare i conti pubblici, ha perso le elezioni regionali nel Nord Reno Westfalia e ha subito le dimissioni, la settimana scorsa, del governatore dell’Assia e leader della Cdu Roland Koch.
Horst Köhler, 67 anni, senza partito ma eletto da cristiano-democratici (Cdu), ex direttore generale del Fondo Monetario internazionale, presidente della Repubblica Federale dal 23 maggio 2004 (era stato rieletto solo un anno fa, il 23 maggio). Il suo mandato sarebbe scaduto nel 2014.

RITRATTO DI HORST KöHLER DI MARINA VERNA

Con una mossa che non ha precedenti nella storia della Germania, il presidente tedesco Horst Köhler ha rassegnato ieri le dimissioni con effetto immediato. L’annuncio è arrivato a sorpresa ed è piombato come uno choc sul governo di Angela Merkel, che, già indebolito sul piano interno e internazionale e impegnato in un difficile dibattito sulla prossima Finanziaria, deve ora trovare un successore in tempi record. Impresa tutt’altro che semplice, visto che il nuovo presidente va nominato entro 30 giorni e di candidati, all’orizzonte, se ne vedono pochi.
Köhler ha motivato la sua decisione con le critiche piovutegli addosso per un’intervista alla radio pubblica Deutschlandfunk. «Un Paese delle nostre dimensioni, con un simile orientamento verso il commercio estero - aveva spiegato il 22 maggio di ritorno da una visita alle truppe della Bundeswehr in Afghanistan - deve sapere che nel dubbio e in caso di necessità è necessario anche un intervento militare per difendere i nostri interessi, ad esempio libere rotte commerciali». Le missioni militari come mezzo per imporre gli interessi economici tedeschi all’estero? Una gaffe che aveva sollevato forti polemiche: frasi «irresponsabili» per il capogruppo della Linke Gregor Gysi, «politica delle cannoniere» per il capogruppo dei Verdi Jürgen Trittin.
Parole che hanno ferito Köhler, il quale, pur militando da tempo nella Cdu di Merkel, in realtà non è un uomo di partito. Anzi: è il primo presidente federale a non arrivare dalla politica, bensì dal mondo economico. Quando ieri si è presentato alla stampa, accompagnato dalla moglie Eva Luise, aveva gli occhi lucidi. mancato «il rispetto verso la mia funzione», ha spiegato.
Il suo passo ha colto di stucco molti in Germania. «Mi dispiace moltissimo che si sia dimesso - ha commentato Frau Merkel -. Sono rimasta sorpresa, ho provato a fargli cambiare idea ma purtroppo non ci sono riuscita». Non sono mancate però le critiche, dal mondo politico («le dimissioni mi sembrano eccessive», ha notato Gysi), economico (un passo «incomprensibile», per il presidente dell’industria metalmeccanica Martin Kannegiesser) e giornalistico («una reazione fuori misura, un presidente non si dimette perché viene criticato», ha scritto Der Spiegel sul suo sito).
In realtà dietro le dimissioni c’è dell’altro. Probabilmente Köhler si è sentito piantato in asso dalla coalizione che l’aveva votato due volte, nel 2004 e nel 2009: nessuno, né nella Cdu, né tra i liberali del vicecancelliere Guido Westerwelle, ha preso le sue difese dopo la sua gaffe. Per settimane, inoltre, la stampa tedesca l’ha accusato di essere scomparso dal dibattito pubblico e di non avere un programma per il suo secondo mandato.
Horst chi?», ironizzava la Bild Zeitung il giorno dopo l’elezione a presidente della Repubblica federale tedesca dell’ex direttore del Fondo monetario internazionale. Il suo nome nulla diceva al grande pubblico, ma il personaggio era ben noto nelle stanze del potere, tedesco e internazionale: stretto collaboratore del cancelliere Kohl e del suo ministro delle Finanze negli Anni 90, poi presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), infine direttore del Fmi. Pur chiaramente etichettato come «uomo dei cristiano-democratici», è sempre stato molto stimato anche a sinistra. L’ex cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt diceva di lui: «Ha più cervello economico Köhler di tutta la classe politica tedesca». E a mandarlo al Fmi fu il cancelliere Schroeder.
La sua candidatura a presidente federale, nel maggio 2004, fu un colpo a sorpresa del duo Merkel-Westerwelle, allora all’opposizione, per sfidare il cancelliere e far bocciare dalla larga maggioranza delle Camere riunite la sua candidata, Gesine Schwan, accademica dell’Est. Köhler passò al primo turno con un solo voto di vantaggio e disse le solite parole di circostanza: «Sarò il presidente di tutti i tedeschi». Poi però ne aggiunse altre quattro che raramente si sono sentite sulla bocca di un politico tedesco: «Io amo la Germania».
Nel giro di pochi mesi, lo sconosciuto un po’ naïf, ma certamente autentico, curioso e contento di ogni esperienza come un bambino, diventa la personalità pubblica più amata della Germania: il 70 per cento dei tedeschi è con lui. Certo, è totalmente impreparato al ruolo, ma è molto simpatico, ha uno stile fresco, sa risolvere con eleganza e intelligenza situazioni protocollari impreviste o bagni di folla. E la sua storia personale, comune a tanti altri tedeschi della sua generazione, diventa un atout.
E’ nato in un villaggio polacco allora occupato dalle truppe tedesche, settimo degli otto figli di una coppia di contadini tedeschi originari della Bessarabia, poi fuggiti davanti all’Armata Rossa, approdati nella Germania dell’Est, e di lì di nuovo in fuga: questa volta in direzione di Berlino Ovest. Trascorre la sua giovinezza in un campo profughi e solo quando ha 14 anni la famiglia trova finalmente la sua casa definitiva, a Ludwigsburg. Horst ha l’opportunità di studiare: maturità, laurea in economia e scienze politiche a Tubinga, dottorato. E’ molto brillanete e trova subito lavoro al Ministero federale per l’Economia a Bonn.
La durezza della sua infanzia, la forza di volontà nell’affrancarsi da un destino che sembrava segnato, la modestia con cui ha vissuto tutti i successi, la forte impronta evangelica, ne hanno fatto un uomo positivo, ottimista, equilibrato. Al fianco di una donna speciale come lui, Eva, conosciuta negli anni di Ludwigsburg, laureata in storia, e socialdemocratica. Hanno due figli, di cui non si sa praticamente nulla, e insieme hanno rappresentato magnificamente la Germania in decine di visite di Stato e ricevimenti. Köhler desiderava un secondo mandato, e un anno fa l’avevano ottenuto. Ma già ne parlavano come di «accurata routine». Troppo veleno, per un uomo non mitridatizzato. (Marina Verna, La Stampa 1/6/2010)