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 2010  maggio 31 Lunedì calendario

IL RADICCHIO DEL VICINO NON SALVERA’ IL MADE IN ITALY

Non c’è che dire la politica italiana, quando vuole, sa mostrarsi fantasiosa. nato in questi giorni nella Bassa Piave, a San Donà, il primo negozio «a chilometri zero». Ampiamente sponsorizzata dalla Lega – basta leggere l’entusiasmo del quotidiano La Padania’ la nuova bottega vende solo prodotti locali ovvero frutta, verdura, liquori e persino birra provenienti da aziende che operano nel raggio di qualche chilometro.
L’apertura è stata agevolata da una apposita legge regionale veneta e all’interno del negozio, narrano le cronache, campeggia il cartello «non vendiamo banane ed ananas». All’inaugurazione è intervenuto l’assessore leghista all’Agricoltura Franco Manzato (detto «il filosofo»), che ha rivendicato con una certa enfasi la scelta «politica ed economica» del chilometro zero. I prodotti messi in vendita devono essere assolutamente genuini se, come riportano i resoconti dal campo, «c’è stato affollamento di clienti, compresi alcuni extracomunitari!». I quali evidentemente hanno rinunciato almeno per un giorno a ingozzarsi di banane e ananas, preferendo una dieta a base di radicchio e insalate locali. Chissà, forse sul piano del marketing l’apertura di negozi a chilometro zero funzionerà, in fondo i panettieri di tutta Italia sono gli unici che hanno saputo mettere in scacco la grande distribuzione inventando cento modi diversi di fare il pane.
Ma è sul carattere politico-economico della nuova bottega che avanzare qualche dubbio è legittimo. Se vogliamo coltivare – è il verbo giusto – qualche prospettiva di crescita per questo Paese bisogna spingere sull’export e nel settore alimentare – al secondo posto nella classifica del nostro manifatturiero’ c’è ancora tanto da fare. Il made in Italy viaggia ampiamente sotto le potenzialità, le vendite sono concentrate sostanzialmente su quattro Paesi pur importanti (Francia, Germania, Gran Bretagna e Usa) e siamo però deboli nei mercati emergenti. Paghiamo poi errori madornali compiuti nel recente passato con la costante sottovalutazione di tutto ciò che è legato a logistica e distribuzione, ma nell’economia moderna non basta produrre, bisogna anche raggiungere il consumatore. Solo per fare qualche esempio, il prosciutto di Parma esporta il 18% dei suoi ricavi, non di più e il San Daniele anche meno (13%). La verità dunque è che i nostri prodotti di chilometri ne fanno troppo pochi e lavoriamo ancora con la testa tutta rivolta al buongustaio italiano e molto meno allo sviluppo sui mercati internazionali. Il radicchio del vicino non ci salverà.
Dario Di Vico