Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 30/05/2010, 30 maggio 2010
UNA MANOVRA DURA. MA SARA’ DURATURA?
Prim’ancora di discutere l’equità della manovra correttiva, firmata ieri da Silvio Berlusconi, ci si dovrebbe chiedere se i tagli della spesa pubblica saranno duraturi e se basteranno. Temo che la prima domanda abbia risposta negativa. Il blocco dei contratti pubblici porta risparmi veri. Non sarà facile per i sindacati recuperare il triennio perduto. Ma il taglio agli Enti locali appare poco credibile perché indiscriminato: colpisce, come sempre, le amministrazioni sprecone come le virtuose, e dunque porterà alla fioritura, già vista, di debiti occulti per far fronte a reali e meno reali esigenze sociali.
Meglio sarebbe accompagnare l’editto con il costante monitoraggio dei centri spesa pubblica sulla base di obiettivi, esecuzione e risultati secondo il modello della spending review sperimentato con successo nel Regno Unito. Su questa strada si era incamminato Tommaso Padoa-Schioppa, con il Libro verde del 2007. Quel ministro dell’Economia, tuttavia, non aveva una forza politica propria e poté poco. Giulio Tremonti potrebbe fare di più. L’attuale ministro, certo con la sua cifra personale, resta nel solco del rigorismo dei tecnici del centro-sinistra, da Ciampi in giù. Lui stesso teorizza la continuità di fondo della politica economica italiana. Ebbene, questo governo dispone di una maggioranza che il precedente non aveva, e ha davanti tre anni senza elezioni. Sulla carta avrebbe la forza e il tempo per passare dai tagli lineari uguali per tutti – dove colgo, colgo – alle scelte mirate che modificano in profondità, sulla base del controllo di gestione, i centri di spesa pubblica e rendono permanente la ritrovata virtù. Se però la maggioranza non esprime una politica, il passo in avanti non si fa. E si rischia che la spesa corrente seguiti a crescere com’è avvenuto negli ultimi anni.
Alla seconda domanda, invece, si risponde con un dubbio. Al netto dei trasferimenti, la manovra porta la riduzione del saldo primario dai 14 miliardi già previsti per il 2011 a 26 e stabilisce un altro intervento di 12 miliardi nel 2012. Ebbene, 26 miliardi rappresentano l’1,6% del Pil atteso per l’anno prossimo. molto meno della finanziaria di Giuliano Amato che incise per il 5,23% sul Pil del 1993 (e salvò l’Italia). anche poco di meno di quella che, nel 1997, Prodi e Ciampi vollero per entrare subito nell’euro e che valeva il 2,23% del Pil. Tutte le altre manovre di questi anni hanno avuto effetti minori, compresa la finanziaria 2007, con cui Prodi «rimise» a posto i conti. Quella manovra, infatti, reperì risorse per 34 miliardi, ma ne restituì 19 talché il saldo netto fu di un miliardo inferiore a quello della precedente manovra del centro-destra. I numeri della correzione tremontiana non sono da svolta storica, ma non sono nemmeno leggeri. E l’Europa lo riconosce. Il dubbio è per il 2012, quando la correzione si ridurrà allo 0,7% del Pil. Basterà?
Massimo Mucchetti