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 2010  maggio 30 Domenica calendario

FIGES E FRALE, AVANTI FURBETTI

Adesso che a Torino si è conclusa l’ostensione della Sindone,e i variopinti pullmann dei pellegrini sono rientrati alla base, e i sorridenti volontari che hanno smistato il traffico dei fedeli intorno al Duomo sono tornati nelle loro case, è venuto il momento di segnalare un effetto collaterale dell’ostensione del 2010.
L’accendersi dei riflettori sulla cosiddetta "sindonologia" – la disciplina di studi che ha per oggetto il sacro lino – ha fatto una vittima illustre: si tratta di Barbara Frale, la ricercatrice dell’Archivio Segreto Vaticano che più di tutti aveva raccolto l’attenzione dei media da un anno a questa parte, con due libri stampati dal Mulino e intitolati, rispettivamente, I Templari e la sindone di Cristo e La sindone di Gesù Nazareno. In particolare, un saggio pubblicato nell’ultimo numero della rivista online «Giornale di storia » (www.giornaledistoria.net) getta pesante discredito non soltanto sulla metodologia, ma sulla deontologia di Barbara Frale. Prima di raccontare questa storia, rivelatrice degli inciampi in cui può oggi cadere chi si faccia attirare dalle sirene di una visibilità culturale a buon mercato, bisogna però evocarne un’altra: una storia che a prima vista non c’entra nulla con la Sindone né con Frale, la recente disavventura dello storico britannico Orlando Figes. Per misurare appieno la profondità della botola in cui sembra essere precipitata la studiosa italiana dei cavalieri templari e del sacro lino, bisogna richiamare il disastro nel quale è incorso – ferendosi con le sue stesse mani – l’ex enfant prodige della sovietologia internazionale: l’autore di libri memorabili sulla storia della Russia zarista e dell’Urss staliniana, come sono
La danza di Natascia (Einaudi 2004) e Sospetto e silenzio (Mondadori 2009).
Ne hanno parlato, durante le settimane scorse, i media di tutto il mondo. Per vendicarsi delle critiche che i suoi libri avevano raccolto (come capita agli studi anche migliori) per opera dell’uno o dell’altro recensore, Figes aveva preso l’abitudine di postare sul sito di Amazon sia elogi sperticati dei suoi propri volumi, sia recensioni feroci dei libri di storia russa o sovietica scritti da quei medesimi recensori. Peccato che Figes avesse scelto di farlo nascondendosi dietro uno pseudonimo. E che una volta smascherato, abbia dapprima fieramente negato di essere l’autore delle stroncature; dopodiché, messo alle strette, non abbia trovato di meglio che incolpare sua moglie... Fino al drammatico show down: la pubblica ammissione della colpa, le commosse scuse alla consorte, e uno sfregio grave all’immagine di Figes come storico professionale.
Nel suo piccolo, Barbara Frale rischia oggi di meritare l’epiteto di romanissima Figes de noantri... questa almeno l’impressione che si ricava dal saggio che un agguerrito storico del cristianesimo, Andrea Nicolotti, ha da poco pubblicato sul «Giornale di storia» diretto da una studiosa fra le più autorevoli della vita religiosa italiana fra Medioevo ed età moderna, Marina Caffiero. Gli ingredienti del pasticciaccio brutto di Figes – gli elogi a se stesso, le stroncature dei suoi critici, la firma sotto pseudonimo – sembrano appartenere tali e quali a un pasticciaccio brutto di Frale. Con la differenza che Orlando Figes, almeno, puntava al bersaglio grosso: si scatenava sul sito di Amazon, la libreria online più importante del pianeta. Mentre Barbara Frale si è scatenata su una rivistina tanto oscura per natali quanto dubbia per reputazione: «Fenix. Enigmi e misteri della storia e del sacro».
Ma veniamo ai fatti ricostruiti da Nicolotti. Nel numero di «Fenix» uscito in edicola a novembre 2009, un tale Giovanni Aquilanti ha firmato una recensione estremamente positiva del libro di Frale pubblicato qualche mese prima, I Templari e la sindone di Cristo . In particolare, il sedicente Aquilanti ha sostenuto l’esattezza della tesi più clamorosa (e più controversa) contenuta nel volume: la tesi secondo cui alcuni cavalieri templari, processati da inquisitori del re di Francia all’inizio del Trecento, avrebbero confessato di avere praticato, durante la cerimonia di accoglienza nell’Ordine, l’adorazione di un signum fustanium.
Di avere praticato cioè (traduceva Frale) l’adorazione di un disegno su un fustagno: dunque (deduceva Frale) l’adorazione della Sindone. Ineccepibili, secondo Aquilanti, sia la traduzione sia la deduzione di Barbara Frale, che rivoluzionavano le conoscenze storiche sulla Sindone, poiché offrivano un anello mancante fra la vicenda antica del lenzuolo e la sua vicenda medievale. Irricevibili, viceversa, le critiche dei recensori: studiosi dilettanti, ignoranti di greco e di latino, e invidiosi di Frale perché – a differenza di lei – non ricevevano «alcuna attenzione dai media».
In realtà, il libro di Frale sui Templari e la Sindone si è attirato critiche severe anche da recensori tutt’altro che dilettanti. Fra questi Massimo Vallerani, professore di storia medievale all’Università di Torino, che fra i primi ha dimostrato come l’intera argomentazione di Frale si fondi su una lettura errata (o, peggio, su una traduzione capziosa) del manoscritto originale. Là dove Frale aveva letto signum fustanium,
traducendo «oggetto di stoffa» (quindi la Sindone, che i Templari avrebbero adorato nella loro cerimonia iniziatica), si doveva leggere
signum fusteum : «immagine di legno», probabilmente una statuetta o una tavola dipinta. La critica di Vallerani è stata recepita da Nicolotti, che ha poi fatto le bucce anche al resto del libro, emettendo un giudizio impietoso sul rigore ermeneutico di Barbara Frale.
La studiosa dell’Archivio Segreto Vaticano sarebbe rimasta praticamente sola a difendersi dagli attacchi, non fosse stato per il sostegno che le è venuto – sulle pagine della rivista «Fenix» – da quel pugnace paleografo finora sconosciuto agli studi, Aquilanti. Il quale, del resto, ha tenuto esplicitamente ad accreditarsi come persona diversa da Barbara Frale: «Per conto mio, ho scoperto che il libro della Frale è da completare con una nota importante, quindi vorrei dare il mio contributo alla questione ».Seguiva un’ipotesi relativa all’asserita presenza, sul lino della Sindone, di una misteriosa abbreviazione, SB, che sarebbe la traccia lasciata da un sigillo bizantino, e che dunque proverebbe l’origine antichissima del lenzuolo: ipotesi ripresa alla lettera nel libro più recente di Frale, La sindone di Gesù Nazareno.
Grazie a un confronto stringente dei due testi – l’articolo uscito su «Fenix» e quest’ultimo libro pubblicato dal Mulino – il saggio di Nicolotti dimostra adesso, oltre ogni ragionevole dubbio, che Giovanni Aquilanti e Barbara Frale sono la stessa persona. Del resto, si sa, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Nel gennaio 2010, la redazione di «Fenix» ha recensito il nuovo volume di Frale, «famosa storica degli Archivi Segreti del Vaticano », qualificandola come colei che aveva «già presentato su Fenix alcune delle sue scoperte »: la redazione si è dunque dimenticata che, appena due mesi prima, quelle scoperte erano comparse sotto il nome di Giovanni Aquilanti!
Chissà se, smascherata come Orlando Figes, anche Barbara Frale si rassegnerà ad ammettere di avere imbrogliato le carte per elogiare se stessa e svillaneggiare i suoi critici. Di sicuro, le disavventure della ricercatrice laziale valgono a testimoniare, una volta di più, le insidie del cosiddetto «uso pubblico della storia ». Fino a quando non ha cercato di cavalcare – attraverso il tormentone infinito della Sindone – una popolarità da rotocalco, Frale è stata una studiosa accreditata della storia dei Templari. Dopo, i suoi errori deontologici si sono sommati a quelli metodologici, trascinandola in un pozzo dal quale non le sarà facile uscire.