Renzo S. Crivelli, Il Sole-24 Ore 30/5/2010;, 30 maggio 2010
LA SPERANZA DOPO LE BOMBE
ella seconda fase della Battaglia d’Inghilterra la città di Coventry venne investita da una serie di spaventosi N
attacchi aerei da parte della Luftwaffe tra cui quello devastante della notte del 14 novembre 1940, che causò la morte di oltre 1.200 civilie l’annientamento totale della città, compresa gran parte della cattedrale, uno splendido edificio del XIV secolo. Della Cattedrale, come è noto, restano due settori, a distanza di sessant’anni, quello conservatosi dopo la devastazione e quello ricostruito in stile moderno, a testimoniare il tributo di sangue e di sofferenza pagato dalla comunità di Coventry. E chiunque si rechi a visitare la chiesa, o quel che ne resta, non può non restare colpito dalla concentrazione di simboli emotivi che contiene, con il gioco irreale tra le grandi monofore rimaste a filtrare il cielo senza più copertura e con la grandiosa
Crocifissione di Graham Sutherland, un arazzo che spicca sul nuovo altare maggiore dal 1962.
A quella notte e alla sua emblematicità della ferocia umana Helen Humphreys, scrittrice canadese nata a Londra nel 1961, vincitrice di importanti premi come, nel 1997, il City of Toronto Book Award con Leaving Earth , ha dedicato Coventry , un bel romanzo che ha il dono di impastare fra di loro orrore e speranza, narrando la storia di due donne, Harriet e Maeve, entrambe colpite nel fisico e negli affetti da quella tragedia memorabile.
In tutto il romanzo è, infatti, la cattedrale a coagulare intorno a sé le storie narrate, come una presenza pulsante e salvifica. La sua impossibile integrità, nell’ampia area raggiunta dalle bombe incendiarie e da quelle che minano alla base le industrie di cui Coventry è ricca (la Triumph Engineering, la Daimler, la Rover, la Singer Motors), sembra trattenere negli abitanti un filo di speranza, una sorta di legame con la non estinzione non solo di una città ma di una intera comunità. Tra coloro che stanno sul tetto della chiesa in osservazione vi sono Harriet e il figlio di Maeve Jeremy, un giovane ragazzo pronto a raggiungere i suoi compagni al fronte. Da quell’altezza essi vedono e segnalano l’avvicinarsi dei proiettili micidiali, che a poco a poco circondano le guglie gotiche lambendo i rosoni e la grandi finestre invetrate. Da lì, Harriet, che ha perso il giovane marito nella Prima guerra mondiale, assiste impotente al ripetersi della tragedia, con la consapevolezza che la vita non concede mai la stessa chance due volte, che il suo grande sogno giovanile è destinato a infrangersi per sempre in quell’alba di fuoco.
La Coventry descritta da Humphreys è una sorta di girone dantesco in cui si muovono anime morte alla ricerca di un senso elementare di sopravvivenza: dall’uomo che, all’aria libera, continua a sbarbarsi («devo curare il mio aspetto, forse dovrò andare al lavoro domattina»), a colui che, dopo il bombardamento, ha salvato sei uova integre («l’ideale per mangiarle con il tè») o a chi, caparbiamente, si ostina a consultare i volumi bruciati di una biblioteca rasa al suolo. Per non parlare della vita nei rifugi, dove la gente si sente improvvisamente vicina, e coltiva curiose relazioni fatte di ricordi assurdi collocati in abitazioni, in superficie, che ormai non esistono più.
Questo senso di privazione della libertà e della propria identità (essere tutti allo stesso modo dei sopravvissuti), esalta, in questo romanzo fatto di piccoli particolari, di emozioni minime che abbracciano tutto il dolore della storia (lo si vede nel ricordo di Harriet che rimpiange i pochi giorni di felicità trascorsi vent’anni prima col giovane marito Owen prima della sua morte), l’impulso irrefrenabile alla donazione, fisica e spirituale come forma di comunicazione. Al fragore delle bombe e alle urla di terrore di coloro che soccombono fa da contrappunto in Coventry il parlottio semplice e accorato di Harriet e dell’occasionale amica Maeve, un’artista che disegna tutto ciò che la guerra poi disintegrerà, che fa dell’amicizia l’unico valore che si è salvato in quell’inferno. Sempre Sutherland, il grande pittore inglese, ha concepito proprio nel 1940 la bellissima serie di sketches sui rifugi antiaerei londinesi, accostando a forme della disitegrazione forme della conservazione, corpi come anime dantesche appunto in un contesto dove non esiste neppure più la convinzione di «tornar a rivedere le stelle».
Qui resta solo una soluzione, che Humphreys, in un momento finale di rivalsa,fa coincidere con l’istinto: Harriet, nel ricordo di Owen e della tragedia della Prima guerra mondiale, si concede a Jeremy, ventenne, per sugellare con forza una continuità indistruttibile, neanche sotto la minaccia della fine di una intera civiltà durante il secondo conflitto. Due generazioni, due guerre, due speranze.