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 2010  maggio 31 Lunedì calendario

CAUSA DI 40 ANNI MUORE SENZA GIUSTIZIA

Giustizia lenta, si dice, quella italiana. Così lenta che si muore anticipando la sentenza definitiva. Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Ma il caso della vecchietta di Tivoli è veramente al limite della decenza.
La signora G. I. avrebbe compiuto tra poche settimane i 95 anni, traguardo ragguardevole per tutti tranne che per le scartoffie dei giudici civili. Abitava a San Gregorio da Sassola, accanto a Tivoli, collina romana. Si è spenta dopo una lunga e - dice il termine medico - invalidante malattia. morta senza aver avuto la possibilità di conoscere l’esito di una pluridecennale causa civile, intrapresa contro alcuni parenti per una ragione tanto banale quanto consueta: un’eredità materna contesa da troppa gente.
La stranezza giuridica, in questo caso, è racchiusa nei tempi. La signora avviò la causa quand’era poco più che cinquantenne, quindi all’epoca dei Beatles e di Mario Capanna, prima di Italia-Germania 4-3, quando Rivera e Mazzola erano baldi giovanotti che si contendevano la maglia numero 10 della Nazionale e il Papa polacco era apprendista a Cracovia.
Dopo quattro decenni spesi inutilmente tra carte bollate, udienze rinviate, giudici sostituiti, avvocati cambiati o defunti, codici e leggi che si sono susseguiti contraddicendosi l’uno con l’altro, l’anziana, stanca d’attendere, aveva deciso di far causa al responsabile della situazione: lo Stato. E aveva invocato l’applicazione dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, quello che punisce pecuniariamente uno Stato per l’eccessiva durata del processo.
Esemplare e veloce, per una volta, la decisione della Corte d’appello di Perugia. Accogliendo il ricorso della signora - presentato dagli avvocati Canzona e Orecchioni che ora rendono noto il fatto - aveva condannato il ministero della Giustizia a pagare ottomila euro più interessi legali. Era il 10 aprile 2006.
Il ministero avrebbe dovuto onorare entro poche settimane il debito nei confronti dell’anziana, felice di assaporare l’imminente «vittoria». Invece così non è stato. A poco sono serviti i numerosi atti di precetto contro l’amministrazione pubblica, che si è vista pignorare alcune fotocopiatrici. Niente soldi, niente vittoria, sia pure platonica, e infine il decesso. Adesso saranno gli eredi a chiedere giustizia, se ne avranno ancora voglia.