Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 30/5/2010, pagina 88, 30 maggio 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
25 novembre 1893
Così fan tutti
A Roma la torta degli appalti edilizi si squaglia in una poltiglia di debiti. Per coprirli la Banca Romana - uno dei sei istituti che può stampare moneta - ha emesso 9 milioni di lire più del consentito. La commissione Alvisi scopre la truffa ma il governo Crispi, che ha Giolitti al Tesoro, insabbia. Passa qualche anno: assalito in punto di morte da scrupoli di coscienza, il senatore Alvisi diffonde il suo memoriale, scatenando un putiferio. Giolitti adesso è primo ministro e ordina un’inchiesta amministrativa che appura i vuoti di cassa della Banca Romana. Il presidente Bernardo Tanlongo finisce in carcere. Dispensatore inesausto di mance e barzellette, il sor Bernardo è l’eterna figura del simpatico maneggione, amico di cardinali e massoni, che si ritrova in tutti gli scandali nostrani. Confessa di aver prestato denaro a un mucchio di gente, compresi tre presidenti del Consiglio. Ma nel frattempo la vicenda si tinge di sangue. L’onorevole De Zerbi, accusato di aver preso mezzo milione da Tanlongo, viene trovato morto - non si saprà mai se per infarto o suicidio. Il direttore del Banco di Napoli è arrestato mentre, travestito da prete, tenta di scappare all’estero con una valigia di soldi. L’ex direttore del Banco di Sicilia denuncia gli abusi dell’istituto e viene ucciso: il principale indiziato è l’onorevole Palizzolo, noto capo-mafia, ma la sua condanna a trent’anni sarà annullata per vizio di forma dalla Cassazione.
La crisi raggiunge il culmine quando in un’intervista Crispi ammette di aver insabbiato il rapporto Alvisi d’accordo con Giolitti. Questi reagisce al colpo basso presentandosi alla Camera con un plico sotto il braccio e facendo circolare la voce che si tratti delle cambiali sottoscritte dai deputati con la banca del sor Bernardo. Se è un bluff (pare che la cartellina contenesse fogli di giornale) riesce benissimo. In omaggio alla regola che solo dagli scandali nascono le buone leggi, Giolitti fa approvare da un’assemblea impaurita l’istituzione della Banca d’Italia: d’ora in poi sarà l’unica abilitata a stampare denaro. A fine novembre, però, una nuova commissione d’inchiesta riconosce le responsabilità del premier nell’insabbiamento del rapporto Alvisi. Munito di binocolo, Crispi si gode lo spettacolo delle dimissioni del rivale dai palchi di Montecitorio, mentre in aula risuona lo slogan: «Ladro! Ladro!». Non immagina che tra qualche anno lo grideranno anche a lui: quando Giolitti mostrerà le lettere da cui risulta che la signora Crispi si è indebitata con la Banca Romana per oltre un milione. A proposito: che fine ha fatto il sor Bernardo? Assolto, naturalmente...