varie, 31 maggio 2010
Giorgio Zorzi, 66 anni. Nato a Sant’Ambrogio di Valpolicella (Verona), sposato con Angela, malata di sclerosi multipla e costretta a camminare con un girello, di continuo litigava con l’unico figlio Piergiorgio, 21 anni, silenzioso, introverso, strano di testa, che da minorenne aveva passato alcuni mesi in una comunità veronese per problemi di carattere comportamentale e non aveva mai finito le scuole superiori
Giorgio Zorzi, 66 anni. Nato a Sant’Ambrogio di Valpolicella (Verona), sposato con Angela, malata di sclerosi multipla e costretta a camminare con un girello, di continuo litigava con l’unico figlio Piergiorgio, 21 anni, silenzioso, introverso, strano di testa, che da minorenne aveva passato alcuni mesi in una comunità veronese per problemi di carattere comportamentale e non aveva mai finito le scuole superiori. L’altra sera, mentre sua madre era a Peschiera del Garda per badare alla nonna malata, Piergiorgio guardava in tv la finale di Champions League Inter-Bayern. A un certo punto il padre gli urlò di abbassare il volume e allora lui si alzò dal divano, lo riempì di calci e pugni, prese il «coltello per il salame» e gli infilò la lama nella gola, nel fianco e nella schiena. Quindi gli premette un piede sul collo e lo guardò morire dissanguato, mollando la presa solo quando fu certo che non respirava più perché aveva smesso «di insultarmi e di bestemmiare». Subito dopo uscì per comprarsi le sigarette e poi andò nella sua cameretta dove dormì beato fino alla tarda mattinata del giorno dopo. Appena sveglio, prese una sega e con quella tagliò il padre in cinque pezzi che gettò in garage nella bidone della raccolta differeziata. Nei giorni successivi se ne andò in giro per il paese come nulla fosse, tanto che lo videro pure giocare a basket, e quando la madre telefonava a casa e chiedeva «passami papà» aveva sempre una scusa pronta. Il cadavere, trovato una settimana dopo perché un condomino chiamò il 113 dicendo di sentire un odore «come di gatto morto»: un agente, entrando in garage, tirò su il coperchio del bidone della spazzatura e vide prima un piede e poi il tronco, indosso ancora la maglietta. Pomeriggio di sabato 22 maggio in un appartamento in via Sant’Euprepio nel quartiere San Massimo, zona di palazzi-alveare nella prima periferia di Verona.