MAURIZIO RICCI, la Repubblica 31/5/2010; Carlo Petrini, la Repubblica 31/5/2010, 31 maggio 2010
2 ARTICOLI - CHI VUOLE BREVETTARE LA BISTECCA
la battaglia per decidere chi sono i padroni del nostro cibo. Il codice è WO 2009/097403. il numero di protocollo della richiesta con cui il gigante biotech di Saint Louis chiede all´Ufficio europeo competente di brevettare «metodi di nutrimento dei maiali». Gli ambientalisti - da Greenpeace a Equivita, dalla Coldiretti a "No patents on seeds" - sono in rivolta e accusano la Monsanto di pretendere di aver «inventato il maiale». Da Saint Louis, la multinazionale protesta: «We´re out of the pig business», siamo fuori dal settore maiale, fanno sapere. Ma, nel mondo del bio-tech, il terreno è sempre mutevole e scivoloso. Nel 2007, la Monsanto ha venduto tutto il suo dipartimento maiali (brevetti e ricerche compresi) ai francesi del Groupe Guimaud, finora specializzati in anatre. Ma questo riguardava l´allevamento del maiale. Il brevetto WO 2009/097403, presentato nel 2009, riguarda, in realtà, un mangime, settore di cui la Monsanto è, tuttora, la regina. Questo mangime transgenico contiene meno più acidi grassi polinsaturi, i famosi Omega-3: il maiale che lo mangia è grasso uguale, ma è un grasso più sano. Il problema è che la Monsanto non vuole brevettare solo il mangime, ma anche il maiale che l´ha mangiato. A cominciare dalle sue parti. Il testo della richiesta di brevetto non lascia dubbi, quando cita le «applicazioni dell´invenzione». L´elenco è minuzioso, dettagliato, quasi puntiglioso: «Pancetta, prosciutto, lonza, costolette, bistecche, lardo». Finanche i ciccioli.
«Se la Monsanto riuscisse a ottenere questo tipo di brevetto - sostiene Ruth Tippe di "No patents on seeds" - potrebbe legalmente dettare ai contadini le condizioni di allevamento dei maiali con questo tipo di grassi e intervenire in ogni fase della lavorazione e della produzione, fino alla vendita, estraendo una percentuale ad ogni passaggio». Un controllo della catena +alimentare ricopiato su quello che ha già realizzato con la soia transgenica. Solo che qui, di transgenico, c´è solo il mangime. A fine aprile, la Monsanto ha presentato una richiesta di brevetto analoga per i bovini: latte, formaggio, bistecche compresi. Ma il gigante di Saint Louis non è solo in questa corsa a brevettare la materia vivente. Richieste simili arrivano dagli altri colossi del bio-tech, come Dupont e Syngenta, Basf. «Sono richieste - sottolinea Fabrizia Pratesi De Ferrariis, di Equivita - in cui l´intervento Ogm è, spesso, solo marginale o incidentale o ininfluente».
una svolta nella strategia del grande bio-tech. «Da quando è iniziata la codificazione del genoma - dice Federica Ferrario di Greenpeace - si sta tentando di brevettare di tutto». Ruth Tippe tiene uno schedario delle richieste presentate all´ufficio europeo dei brevetti di Monaco. Ce ne sono, attualmente, 500 pendenti che - sostiene - riguardano, in realtà, metodi di allevamento e coltivazione assolutamente convenzionali. Ad esempio, si chiede di brevettare un metodo di indagine genetica, che consente di individuare gli animali, meglio predisposti ad un certo tipo di allevamento. A questo punto, si estende la richiesta di brevetto a tutti gli animali, che abbiano quel particolare profilo genetico, anche se questo è stato già ottenuto in precedenza, con la normale tecnica degli incroci. In una richiesta presentata da Seminis (una controllata Monsanto) si sollecita il brevetto di metodi di produzione delle carote, fra cui «a) coltivare la pianta fino a maturazione, b) raccogliere le carote dalla pianta».
Secondo i registri di Ruth Tippe, questo assalto all´agricoltura tradizionale ha subito una brusca accelerazione negli ultimi anni. Fino al 2005, solo il 5 per cento delle richieste di brevetto, nel campo della coltivazione, riguardava metodi convenzionali, di uso normale nelle campagne. Oggi, questa percentuale sfiora il 30 per cento. Mentre le richieste di brevetti specificamente transgenici sono in diminuzione. Per un verso, queste tendenze testimoniano le limitazioni degli Ogm: la sempre maggiore complessità della conoscenza genetica mostra la difficoltà di ottenere risultati, intervenendo su un singolo gene. Per un altro verso, apre la strada ad una progressiva irregimentazione dell´agricoltura tradizionale.
In realtà, la battaglia è ancora aperta. Sia perché qualsiasi decisione dell´Ufficio europeo dei brevetti (Epo) di Monaco è, comunque, sottoposta all´esame e al visto delle singole autorità nazionali. Sia perché i sì dell´Epo non sono scontati. A Monaco fanno notare che, nel caso della richiesta (una di quelle cedute nel 2007 dalla Monsanto al gruppo Guimaud) di brevettare un metodo di indagine genetica e, conseguentemente, il maiale con quel profilo, l´Ufficio accolse il metodo scientifico, ma respinse le richieste relative «al maiale stesso, alla sequenza genetica e al kit usato per la selezione degli animali». Quella battaglia, tuttavia, non ha segnato la fine dell´offensiva. «Perché - spiega Fabrizia Pratesi - è il quadro istituzionale in cui si muove l´Epo a non fornire garanzie. Con una serie di colpi di mano, le multinazionali hanno ottenuto che, nelle direttive europee, il brevetto su un processo di produzione di piante o animali si estenda automaticamente anche alle piante e agli animali ottenuti con quel processo e alla loro discendenza».
C´è, dunque, la lombata targata Saint Louis nel nostro futuro? Non occorrerà aspettare molto per sapere chi ha vinto la guerra. Lo scontro decisivo è la "battaglia del broccolo" e si svolgerà nella seconda metà di luglio. In quei giorni, la corte d´appello dell´ufficio europeo dei brevetti dovrà decidere, in via definitiva, se revocare o confermare il brevetto che lo stesso ufficio ha già concesso ad una società inglese, Plant Bioscience, in materia di broccoli. Giuridicamente, è il precedente che conterà in futuro. Non è, infatti, uno scontro sugli Ogm, perché, qui, di geneticamente modificato non c´è nulla: i broccoli sono normalissimi broccoli. O, meglio, sono normalissimi broccoli, che contengono, però, una maggiore quantità di componenti utili nella lotta al cancro. Solo che questi non sono ottenuti con l´ingegneria genetica. Il metodo brevettato da Plant Bioscience prevede soltanto l´incrocio fra broccoli domestici e broccoli selvatici e l´individuazione - attraverso screening genetico - di quelle piante che, dopo l´incrocio, risultano avere una elevata presenza di elementi anticancro. Ma non è stato brevettato il metodo, è stata brevettata la pianta, compresa quello che ci arriverà nel piatto. Il confine fra ciò che è prodotto dall´uomo e ciò che è prodotto dalla natura, osserva Phil Bereano, un docente universitario americano, impegnato sui temi bio-tech, rischia di farsi sempre più confuso: «Una cosa è brevettare processi e applicazioni associate alla vita, un´altra brevettare l´essere vivente stesso». Altrimenti, mettere un punto fermo diventa sempre più difficile. Si chiede, forse con più angoscia che sarcasmo, un blogger americano: «Allora, se mangio quella pancetta, divento anch´io proprietà Monsanto»?
MAURIZIO RICCI, la Repubblica 31/5/2010
LA LOTTA DI POTERE CHE MINACCIA LE NOSTRE TAVOLE - «Se del maiale non si butta via niente allora prendiamoci tutto!» avranno detto mentre inoltravano richiesta di brevetto. Non voglio pensare che ci credano così stupidi e che ci sia qualcuno di così stupido da accettarlo.
La richiesta di brevettare il cibo "oggetto", e quindi l´interezza della pianta o dell´animale destinati al piatto, per quanto balzana possa sembrare non è la prima volta che salta fuori e ora è sul tavolo di chi deve decidere in merito. Da qui emerge soltanto un´inequivocabile verità. Il solo fatto che questa richiesta esista svela le reali intenzioni delle multinazionali dell´agroalimentare: vogliono impossessarsi in tutti i modi del cibo; anche fisicamente. Vogliono diventarne padroni fin nella sua anima. Nel loro progetto di lungo periodo non a caso è inserita anche l´acqua. Lo fanno perché vogliono disporre ancora più in profondità delle nostre vite di consumatori, delle nostre esistenze alienate, senza lasciarci più possibilità di scelta.
Per favore, non mi si venga più a dire che sotto c´è dell´altro, tipo buone intenzioni per il nostro benessere, la nostra salute (ormai gli Omega 3 sembrano la panacea di tutti i mali) o la soluzione alla fame nel mondo. Che grazie ai loro prodigi c´è la possibilità di aumentare la produzione del cibo su un pianeta che già produce, secondo dati ufficiali, quasi il doppio del cibo necessario a sfamare tutti i suoi abitanti.
La storia della brevettabilità degli esseri viventi, a prescindere da ogni considerazione etica o scientifica - dagli ibridi agli Ogm, fino a questi surreali tentativi di brevettare il grasso che un maiale porta dentro il proprio corpo - è la storia di una strenua lotta di potere. Una battaglia condotta con una lucidità e una determinazione che vanno al di là dell´immaginazione e delle forze dell´uomo comune. una storia che non nasconde fini nobili, sia chiaro: anche se qualche scienziato o qualche agronomo che lavora con loro potrà esserne candidamente animato, dovrà invece iniziare a rendersi conto che la sua nobiltà d´intenti è usata in ultima analisi per prendere possesso delle nostre vite. Quale modo migliore per impadronirsi del mondo se non ottenendo il controllo di ciò che è indispensabile alla vita, quindi della vita stessa?
La frase del blogger americano riportata nell´articolo di Maurizio Ricci fa amaramente sorridere ma centra in pieno il problema: «Allora, se mangio quella pancetta, divento anch´io proprietà Monsanto?» questo il punto, è questo che sta dietro anche agli Ogm, ai brevetti sui semi, sugli ibridi e sui principi attivi delle piante. Dire no alla brevettabilità della vita significa prima di tutto dire no al tentativo di instaurare una dittatura planetaria che vuole rubarci la sovranità alimentare.
Il diritto/dovere di «proteggere, sostenere e supportare tutte le condizioni necessarie a incoraggiare una produzione alimentare abbondante, sana, accessibile a tutti e tale da conservare la terra, l´acqua e l´integrità ecologica dei luoghi in cui viene prodotta, rispettando e sostenendo i mezzi di sussistenza dei produttori» riguarda tutti e deve diventare inviolabile e universale. Non è soltanto un problema delle povere comunità del Sud del mondo, di quelli che fanno fatica a mettere insieme due pasti al giorno. Riguarda anche noi, che infatti spesso facciamo fatica a capire cosa finisce esattamente nei nostri piatti o da dove proviene. Dire no significa cercare di stoppare un modello economico-politico che è soprattutto una strategia perversa di potere.
Potremmo dibattere senza fine sui principi etici, sulle ideologie e pregiudizi, su dati scientifici citando cascate di ricerche più o meno autorevoli ad uso di quello che preferiamo sostenere. Ma a pensarci bene, forse, è proprio perdendoci in dibattiti infiniti che facciamo il gioco di questi soggetti. Noi litighiamo nel pollaio e loro intanto provano a rubarci la libertà, non soltanto quella di scegliere, parlare, avere opinioni: quella di esistere degnamente. Noi tentiamo di dimostrare con certezza se gli Ogm fanno male all´uomo, all´ambiente o alla biodiversità e loro, quasi di soppiatto, cercano di brevettare il maiale. Io continuo a credere che non ci riusciranno, ma è pur vero che loro continuano a provarci.
Carlo Petrini, la Repubblica 31/5/2010