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 2010  maggio 31 Lunedì calendario

SCHEDONE SU IVAN BASSO E LA VITTORIA AL GIRO D’ITALIA 2010


Nella cornice dell’Arena di Verona domenica 30/5 Ivan Basso ha vinto il 93esimo Giro d’Italia: «Il ragazzo che il primo luglio 2006 fuggì dal retro dell’Holiday Inn di Strasburgo, espulso dal Tour de France, oggi è un uomo di 32 anni che riparte dalla conquista del suo secondo Giro d’Italia e promette di non fermarsi qui. Nessuno aveva mai vinto una grande corsa dopo due anni di squalifica» (Paolo Domaselli, Corriere della Sera 31/05).

Nel maggio 2006 Basso fu squalificato fino al 24 ottobre 2008 «per essersi sottoposto a trattamenti ematici senza alcuna finalità». Prima di confessare che il sangue contenuto nelle sette sacche con l’etichetta ”Birillo” (il nome del suo cane) proveniva dalle sue vene, passò quasi un anno a dichiararsi innocente: «A un certo punto negavo la verità anche a me stesso» (dal Catalogo dei viventi 2009 di Giorgio Dell’Arti e Massimo Parrini, Marsilio 2008).

Il successo di questo Giro, frutto di due anni di allenamenti, sembra dimostrare che il periodo buio è alle spalle. «Il nuovo Basso ha un preparatore intelligente e trasparente, Aldo Sassi del centro Mapei di Castellanza, e nuove certezze: ”Penso che questa vittoria sia piaciuta più di quella del 2006: ho lottato fino all’ultimo e ci ho creduto con tutte le mie forze. La parte infelice di me è tornata finalmente a essere felice. Abbracciare Domitilla e Santiago (i due figli, ndr) appena arrivato è stata un’emozione unica: nel 2008, a metà del periodo buio, ho visto il mio amico Sastre salire sul podio del Tour con i suoi bambini. Davanti alla tv c’era anche mia figlia. E dal suo sguardo ho capito che aveva voglia di tornare anche lei sul podio con me. Anche per questo oggi è un giorno indimenticabile» (Paolo Tomaselli, Corriere della Sera 31/05).

Oggi che è tornato a vincere ricorda malvolentieri i momenti in cui è stato fuori: «Ci sono stati mesi tra il 2007 e 2008 che mi svegliavo di notte, guardavo Micaela, i nostri due figli, Domitilla e Santiago, dormire tranquilli. E mi chiedevo angosciato cosa ci facevo lì. Come potevo meritarmeli? Allora mi alzavo ben prima delle 7 e iniziavo allenamenti solitari massacranti. Sino a 8, 9 ore. Certi giorni mi si chiudevano gli occhi dal sonno. Dio solo sa quanti caffè mi prendevo nei baretti sulla strada. Era il buio, l’angoscia». (Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera 31/05/2010).

Eppure questo Giro non era partito bene per Basso: «Caduto sulle terre bianche di Montalcino, rimasto con la zampa dentro la tagliola dell’Aquila, Basso corona una rimonta spaventosa. All’attacco - e secondo dietro il figlioccio Nibali - sul monte Grappa, primo e imbattibile sullo Zoncolan, favoloso e incontenibile sul Mortirolo. Persino nell’ultima prova, che lo attende con la famigerata discesa del Gavia, dimostra la stoffa del migliore. Freddo, lucido, sicuro. Controlla bene con la squadra, tiene tutti dietro, quindi va sull’ultima salita di questo Giro tutto in salita e regala l’ultima pennellata. Quando il campione del mondo Evans tenta l’attacco dell’orgoglio, a tre chilometri dall’arrivo sul Tonale, e quando Scarponi lo segue per dare la caccia al podio, Basso si mette a fare il gregario di Nibali - al momento affaticato - e va a battere in volata proprio Scarponi, portandogli via l’abbuono del terzo posto. Cioè corre per trascinarsi sul podio il fedele compagno, giovane talento, fuoriclasse di domani. Così è Basso. Generoso, leale» (Cristiano Gatti, il Giornale 30/05/2010).

Dietro di lui nella classifica finale lo spagnolo Arroyo (1’51” di distacco), terzo il compagno di squadra Nibali (2’37”): «Se Basso rappresenta il presente, Vincenzo Nibali è il futuro. Il siciliano, da eterna promessa, è finalmente esploso: classe, personalità, resistenza. La grande novità, il ricambio generazionale. Negli obiettivi di Basso c’è il Tour, in quelli di Nibali il prossimo Giro. Il ciclismo italiano, anonimo e sconfitto nelle Classiche, si riscatta sulle sue strade, riacquistando immagine e credibilità» (Gabriele De Bari, Il Messaggero 30/05/2010).

Gianni Mura. «Oggi nessuno può affermare che il doping sia azzerato. Sarebbe troppo bello. Ma molto meno diffuso, questo sì. Lo dicono le medie, più basse che in passato sulle salite più dure. Lo dicono soprattutto le tante facce stravolte dalla stanchezza che si vedono sugli arrivi. Il timbro della pulizia è nello sporco del fango e del sudore» (Gianni Mura, la Repubblica 31/05/2010).

Anche Felice Gimondi si è esaltato per la vittoria di Basso: «Lui è un po’ come me oltre quarant’anni fa. Un corridore regolare, ottimo passista, non ama le improvvisate, un razionale che sa pianificare la corsa, studia gli avversari e li affronta con la testa». L’ex campione dà poi un consiglio a Basso: «Gli consiglierei di non affrettarsi al nastro di partenza del prossimo Tour a luglio. Aspetti l’anno prossimo. Ora si goda invece il meritato riposo da numero uno. Tiri il fiato. Sono stati 21 giorni entusiasmanti. Ma anche estremamente faticosi. Un conto è vincere e un altro è sostenere la competizione che ne segue. Ci sarà il meglio del ciclismo mondiale e faranno a gomitate per batterlo. Per lui gli ultimi quattro anni sono stati uno stress continuo. stupido mettere tutto a repentaglio così velocemente. L’aspetto psicologico non va sottovalutato» (Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera 30/05/2010).

Sulla sua partecipazione al Tour Basso è stato però molto chiaro: «Sono molto ambizioso e ho voglia di continuare. A cominciare dal Tour. Voglio restituire alla corsa francese quello che ha dato a me. Mi conosco bene, appena passata l’emozione che ancora non so quantificare, guarderò il percorso. Vado avanti, poi sarà la strada a dirmi se dovrò avere un ruolo diverso» (Eugenio Capodacqua, la Repubblica 31/05/2010).

Basso non è certo l’unico caso di grande ciclista che dopo un lungo stop torna e vince. Uno su tutti Fausto Coppi: «Dopo la prigionia in Africa, alla fine dell’inverno del ”45, arriva a Napoli e viene mandato a Caserta, come autista. Il primo pensiero è capire come può riprendere con il ciclismo, nel caos di quei giorni e in un Paese diviso in due. Si presenta a sorpresa a Gino Palumbo, che lavora alla redazione sportiva della Voce: ”Sono Coppi e vorrei tornare a correre, ma ho soltanto una bici militare con le gomme piene e mi procurano dolori continui. Il suo giornale mi può aiutare?”. Palumbo lancia subito un appello: ”Date una bicicletta a Fausto Coppi”. Rispondono in tre. Racconterà Palumbo: ”Scegliemmo la bici di un falegname di Grumo Nevano. Si chiamava Davino”. Dopo la Liberazione, Coppi torna a casa; sono passati cinque anni dalla vittoria al Giro e tre dal record mondiale dell’ora al Vigorelli di Milano. Alla Sanremo del ”46, dopo il primo inverno di pace, vincerà dopo una fuga solitaria di 145 chilometri, con 14’ di vantaggio sul francese Teissière» Fabio Monti, Corriere della Sera 31/05/2010).