Varie, 29 maggio 2010
[PAOLO RUFFINI 29/5/2010]
Il giudice del lavoro di Roma Eliana Pacia ha emesso un’ordinanza con la quale si impone alla Rai di ricollocare Paolo Ruffini, ex direttore di Raitre, alla guida della Terza Rete «sino all’assegnazione di mansioni equivalenti». Sette pagine di motivazione per sancire che la delibera di sostituzione di Ruffini con Antonio Di Bella (oggi direttore Raitre) non fu «dettata da reali esigenze di riorganizzazione imprenditoriale» ma da «motivazioni discriminatorie e quindi, in quanto tale illecita». Il giudice ha riconosciuto pertanto non solo il dimensionamento professionale ma anche la discriminazione politica per via delle «dichiarazioni da parte di esponenti governativi mai smentite, e volte a attribuire a tali programmi connotati di faziosità politica». E la conferma secondo il giudice proviene dalle dichiarazioni rese dal direttore generale della Rai Mauro Masi il 23 settembre 2009 quando, durante l’audizione in Vigilanza «ha espresso disappunto sul fatto che le reti del servizio pubblico fanno, diversamente da tutti gli altri Paesi del mondo, trasmissioni apoditticamente contro il governo».
Ruffini appena emessa l’ordinanza ha inviato una lettera alla direzione della Rai per avvertire che lunedì mattina alle 11 in punto si «presenterà con i legali per concordare le modalità di rientro a Raitre così come stabilito dal giudice». La Rai ha prima replicato dicendo che «Antonio Di Bella continua a svolgere il proprio mandato», e poi ha corretto il tiro con la nota del legale Claudio Scognamiglio (che assiste la Rai nella vicenda) nella quale si precisa che la Rai si riserva di individuare le soluzioni idonee a conferire al dirigente incarichi equivalenti. L’ex numero uno di Raitre ha diretto 230 dipendenti, 600 collaboratori e budget da 65 milioni di euro: elementi questi, non facili da ricontestualizzare in altri settori. Comunque per presidente della Rai Paolo Garimberti «le decisioni della magistratura vanno sempre e comunque rispettate» e ricorda che se lo scorso 25 novembre votò a favore della sostituzione di Ruffini con Di Bella era «perché dopo otto anni pensavo che le rete avesse bisogno di un’iniezione di energia, votai però no quando a Ruffini vennero affidati incarichi diversi rispetto agli impegni presi. Per il consigliere Rodolfo De Laurentis, «in una grande azienda come la Rai non dovrebbe essere il giudice del lavoro a ricordarci che occorre valorizzare le grandi professionalità interne come Ruffini o altri». Il Pdl fa quadrato sul direttore generale mentre l’Idv con Di Pietro chiede le dimissioni di Masi perché «Ruffini è stato epurato», mentre per Matteo Orfini del Pd il «cda ora deve rimediare alla figuraccia». (Paolo Festuccia, la Stampa 29/5/2010)
Ruffini: «La sentenza fa giustizia di molte falsità e ipocrisie». Se Ruffini rivuole la sua poltrona, Di Bella sogna una via d’uscita: come il posto di Giulio Borrelli, corrispondente dagli Usa, che va in pensione (Leandro Palestini, la Repubblica 29/5/2010)
I fedelissimi dell’ex direttore Ruffini che non hanno mai accettato l’arrivo di Di Bella: alcuni testimoni giurano che si sono sentite urla liberatorie. [...] Chi lo conosce bene giura che Di Bella, pur di non finire dentro una guerra in cui non c’entra nulla, possa anche decidere di fare un passo indietro. (Tommaso Labate, il Riformista 29/5/2010)
Sussurra Ruffini: «Non mi faccia dichiarare, ma, certo, il giudice è stato chiaro: sono stato sostituito per riorganizzazione editoriale, ma con motivazione discriminatoria. Se la Rai ora si mette di traverso...» ...ci si fa male tutti, ovvio. (Francesco Specchia, Libero 29/12/2010)
Per Ruffini forse pronto un posto da direttore del pacchetto dei canali del digitale terrestre, escluso Rai Storia e gli spazi per le iniziative del 150° anniversario dell’Unità, entrambi mantenuti da Giovanni Minoli. (Alberto Guarnieri, il Messaggero 29/05/2010)
Intervistato dal Fatto Quotidiano, Ruffini ha poi spiegato: «Nessuno ha piacere di rivolgersi ai giudici per vedere riconosciuti i propri diritti. Però a volte non si hanno alternative. [...] Si può nel 2010 essere discriminati perché sgraditi al governo oppure questo contrasta con l’articolo 3 della Costituzione e con l’articolo 15 dello Statuto dei lavoratori? Si può rimanere con la schiena dritta oppure questo non è più consentito?». (Beatrice Borromeo, Il Fatto Quotidiano 01/06/2010).
Vedere anche Frammento numero 211686