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 2010  maggio 29 Sabato calendario

Il caso Rufffini è solo l’ultimo episodio di una serie davvero notevole di ”pasticci” (per usare un termine eufemistico) combinati in poco più di un anno dalla direzione generale Rai

Il caso Rufffini è solo l’ultimo episodio di una serie davvero notevole di ”pasticci” (per usare un termine eufemistico) combinati in poco più di un anno dalla direzione generale Rai. «Io però non chiedo le dimissioni di Mauro Masi», dice il segretario dell’Usigrai Giancarlo Verna. «Ha le sue colpe, gravi, ma è questo sistema di governance dell’azienda che non funziona». E che comincia a spaventare i dipendenti, non più tanto sicuri del posto. Il bilancio 2009 si è appena chiuso con 62 milioni di passivo. Masi, canta vittoria: dice che ne ha risparmiati almeno novanta. Ma c’è chi gli ricorda che se avesse mantenuto il contratto con Sky (cui ha negato canali oggi visibili con una chiavetta gratis) avrebbe chiuso in pareggio. E il 2010 è anno pari, cioè da Mondiali di calcio o Olimpiadi. Il che significa che la Rai deve spendere decine e decine di milioni di euro per i diritti tv. E infatti il disavanzo a dicembre dovrebbe superare e non di poco i cento milioni. Masi promette pareggio per il 2012. Ma per riuscirci, se continua così, non gli basterà nemmeno recuperare l’evasione del canone. La sua Rai spende e spande, e spesso e volentieri lo fa per ragioni incomprensibili. Dei dieci milioni pronti per Michele Santoro in cambio della rinuncia al suo programma, che fa il record di ascolti di Raidue, si parla da giorni. Ma è solo il caso più eclatante, finito sotto i riflettori per la notorietà (e l’abitudine a parlare d sé in video) del protagonista. Chi ricorda invece che, Masi era appena arrivato, fu pagato complessivamente oltre un miliardo e mezzo ad Angela Bottiglione e Marcello Del Bosco per mandarli a casa anticipatamente con liquidazione e risarcimento per la firma di un patto di non concorrenza? Buttiglione era a meno di un anno dalla pensione ed è stata sostituita alla guida della Testata giornalistica regionale da un collega che presto ci andrà anche lui. Restando alla Tgr. La nuova governance Rai ha portato i vice direttori a sette. Scelta difficilmente spiegabile se non con l’esigenza di creare poltrone. Se negli altri tg (che comunque ne hanno sei ciascuno) i vice coordinano a turno le tante edizioni quotidiane, alla Tgr questo compito è assorbito nelle singole regioni. Lo conferma anche Verna, che pure i posti giornalistici è abituato a difenderli sempre. E avrà presto un bel po’ da fare, visto che il nuovo piano industriale pare voglia mandarne a casa duecento. Insieme a oltre mille impiegati. Dai dieci ai quindici milioni di euro andrebbero stanziati per scivoli e prepensionamenti. Parliamo ora, non per le notizie date o non date ma ancora a proposito di personale, del Tg1. Clemente Mimun cambiò nella sua direzione 17 persone tra promozioni, trasferimenti e assunzioni: Gianni Riotta arrivò a 28. Augusto Minzolini, in un anno, è già a quota 46 cambi. L’organico è passato da 133 a 162 giornalisti. Insomma: c’è chi non taglia ma anzi cresce. Ora due casi singoli. Antonio Caprarica, già direttore dei Gr, è tornato a Londra da dieci mesi come editorialista europeo, in attesa di riprendersi la redazione ora gestita da Giovanni Masotti, eterno candidato alla direzione di Rai News 24. I due galli nel pollaio (pagati entrambi oltre i 400 milioni di euro l’anno, convivono, per usare un eufemismo, da separati in casa. Caprarica, Ruffini insegna, medita di fare causa e intanto va in video a Sky a commentare le elezioni inglesi. Masi infine non riesce a ricollocare neppure il suo predecessore. Claudio Cappon. Che, a spasso, guadagna almeno 700 mila euro. Ricollocarlo? E’ in arrivo l’ennesima imbarcata di nomine, ma lui non è tra i papabili.