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 2010  maggio 29 Sabato calendario

MODERNIZZAZIONI FALLITE DEGLI STATI ARABO-MUSULMANI

C’è un aspetto del mondo islamico sul quale lei abbia delle riserve? Marco Casetta americius142@ hotmail.com
Caro Casetta, C ome altri lettori lei pensa che io abbia un pregiudizio filo-islamico e che i miei articoli siano viziati da una specie di partito preso. Un giornalista non dovrebbe mai citare se stesso, ma temo che in questo caso occorra fare una eccezione. Ecco, in sintesi, alcuni concetti tratti da cose pubblicate già qualche anno fa.
Il Medio Oriente non è ancora riuscito a creare la sua versione dello Stato moderno. In questi Paesi il modello democratico europeo è diventato spesso oligarchia, affarismo, corruzione. Dove esistono petrolio e gas queste straordinarie ricchezze hanno spento gli spiriti animali dei migliori ceti mercantili e creato una economia della finanza più incline a gestire portafogli e a costruire lussuosi «compound» che a rischiare denaro promuovendo la nascita di nuove imprese. Là dove i proventi del sottosuolo sono stati distribuiti alle popolazioni, soprattutto sotto forma di esenzioni fiscali, le royalty hanno creato le perverse abitudini di un falso benessere.
Con una sola eccezione, la Turchia (e con segnali incoraggianti provenienti da Marocco e Tunisia), i progetti di modernizzazione degli Stati arabo-musulmani sono falliti o hanno prodotto risultati alquanto inferiori alle promesse delle classi politiche che hanno conquistato il potere dopo la Seconda guerra mondiale. fallita la modernizzazione fenicia del Libano, fondata sulle banche, l’intermediazione finanziaria e commerciale. fallita la modernizzazione egiziana fondata sullo sfruttamento delle due grandi risorse naturali del Paese: la terra e il grande fiume. fallita la modernizzazione algerina fondata sul petrolio, il gas e l’acciaio. fallita la modernizzazione iraniana dello Scià, fondata sul petrolio. fallita la più promettente, quella irachena, viziata dai deliri imperiali di Saddam Hussein. E sta fallendo la modernizzazione iraniana degli ayatollah fondata sul petrolio, il gas e l’uranio.
Ogni Paese è un caso a sé. Ma esistono in queste crisi alcuni fattori comuni. Il primo di essi è la presenza di un corpo estraneo, lo Stato d’Israele, che ha contribuito alla nascita nei Paesi arabo-musulmani di un nazionalismo vittimista, frustrato e aggressivo. Un po’ di nazionalismo serve a consolidare la società e lo Stato. Troppo nazionalismo provoca guerre e dirotta il processo di sviluppo di un Paese su un binario morto. I leader arabi, da Nasser a Saddam, hanno dato prova a questo proposito di una singolare mancanza di saggezza e di lungimiranza. Il secondo fattore comune è la corruzione delle classi dirigenti, un tarlo che ha divorato le ricchezze dello Stato ed eroso la fiducia delle masse popolari. Il terzo fattore è la religione, al tempo stesso elemento di coesione e potente nemico della modernità. Non è sorprendente che le modernizzazioni fallite abbiano provocato in tutti i Paesi arabo-musulmani un rigurgito di fondamentalismo religioso.
Mai tuttavia, nel corso dei miei viaggi, ho pensato che questi errori e questi fallimenti fossero il risultato di una radicata indisponibilità alla vita democratica o di una cultura naturalmente incline al fanatismo religioso. Ho sempre cercato di spiegare i travagli del Medio Oriente con riflessioni storiche e politiche piuttosto che con teoremi etnico-religiosi. Forse è questa la parte delle mie analisi che a lei non è piaciuta.