Paolo Rastelli, Corriere della Sera 29/5/2010, 29 maggio 2010
IL TERREMOTO E LA «SCOPERTA» DEI CALABRESI
L’8 settembre 1905 la Calabria fu sconvolta da un terremoto di magnitudo 7,06 (a titolo di paragone, quello dell’Aquila del 6 aprile 2009 fu di 5,8 e quello del Friuli del 6 maggio 1976 di 6,4), che fece 557 morti accertati e migliaia di senzatetto. Il Corriere della Sera coprì l’avvenimento con il suo inviato di punta, Luigi Barzini. E fu allora che il giornale, in un certo senso, «scoprì» la Calabria: la povertà e la fierezza della gente ma anche la rapacità di certo notabilato locale e le infiltrazioni della criminalità organizzata. Barzini, con altri corrispondenti, fu in prima linea nel denunciare le inefficienze dei soccorsi governativi opposte alla generosità dei volontari (anche allora? sì, anche allora) e il dirottamento degli aiuti dai più bisognosi ai più furbi. Alla fine il governo fu costretto a nominare una commissione d’inchiesta, i cui risultati furono resi noti nel novembre 1907 («16 milioni distribuiti sui 40 raccolti», titolò il Corriere) ma che furono anticipati sul giornale il 30 marzo: «Il terremoto che devastò la Calabria ha servito a troppi, a molti, per commettere atti di camorra... uomini politici hanno fatto affluire la carità pubblica nelle tasche dei loro amici, dei loro sostenitori... il terremoto, insomma, ha rivelato in Calabria l’esistenza di un marcio spaventoso, specialmente tra quelle classi che dovrebbero dare il buon esempio». Qualcuno, sicuramente, avrà riso anche allora, alla notizia del terremoto. Ma non venivano intercettati.