GIAN ANTONIO ORIGHI, La Stampa 29/5/2010, pagina 23, 29 maggio 2010
RITROVATO MARACAIBO TESORO DA TRE MILIARDI
Il capitano Nemo, l’eroe del romanzo di Giulio Verne «Ventimila leghe sotto i mari», ci rimarrà di stucco: sarebbe stato localizzato nei pressi della galiziana Vigo il mitico galeone spagnolo «Santo Cristo di Maracaibo», in assoluto il più ricercato dall’affondamento nel 1702 nella battaglia di Rande. E proprio nelle profonde acque in cui il comandante del Nautilus si riforniva di verghe auree per finanziare le sue avventure. Nelle stive della nave sommersa c’è il più grosso carico d’oro mai trasportato dalle Americhe in Spagna, stimato in 3,5 miliardi di euro. Ma è giallo: né il ministero della Cultura di Madrid né la regione Galizia danno credito al ritrovamento.
L’annuncio è da film, come si addice al galeón che trasportava il più importante tesoro di tutti i tempi, rapinato dagli spagnoli nelle loro colonie del «Nuevo Mundo» e giunto in Spagna con la «Flota de oro». I cacciatori di tesori che lo cercano dal 2003 sono tre: lo scrittore di novelle storiche Pedro Terrón (il libro «Kalixti», ispirato alle vicende del galeone, è diventato il copione di un film con Antonio Banderas), il sub professionista Daniel Moraleja e l’imprenditore di ricerche sottomarine (e rappresentante della cacciatesori inglese See Hunt) Luis Valero de Bernabé.
«Il Cristo di Maracaibo si trova nell’area delle isole Cíes, anche se non riveliamo la sua posizione esatta per ovvie ragioni», ha pontificato, sicuro di sé, Bernabé. «Io ho toccato lo scafo», gli ha fatto eco Moraleja. Prove apportate nella affollatissima conferenza stampa che ha richiamato l’altro giorno a Madrid un’oceano di telecamere ed a cui persino il tg statale della Prima rete ha dedicato un’ampio reportage? Neanche una. A raffreddare gli entusiasmi ci ha pensato Enrique Lechuga, segretario generale di un ente pubblico che impazzisce dal 1992 per ritrovare la Fort Knox sommersa: «Il rinvenimento è assolutamente impossibile».
Il Santo Cristo di Maracaibo è la madre di tutti i tesori sommersi. Finita la guerra di successione spagnola con l’incoronazione del borbone francese Filippo V (nipote di Luigi XVI, il Re Sole), la Flota de oro, 40 bastimenti scortati da 20 navi di Parigi, trasportava il carico da mille e una notte da Veracruz (Venezuela) a Siviglia. Ma, dopo aver saputo che le navi di Inghilterra e Olanda (le due nazioni con l’Austria avevano dichiarato guerra alla Spagna) avevano attaccato e saccheggiato Cadice, dirottó su Vigo. L’ammiraglio britannico Rooke tardó un mese a sapere del destino de la Flota de Oro e attaccó le navi a Ronde. Bottino colossale, caricato quasi tutto sul galeón che adesso, appunto, sarebbe stato localizzato e che affondó nei pressi di Vigo per i rocciosissimi fondali dei suoi fiordi.
Le ricerche sull’oro di Ronde sono sempre state finora infruttuose. La «Revista General de Marina» ricorda che il primo cacciatesori a farsi avanti, nel 1707, fu Abraham Simeón de Feliz di origini napoletane. E il mito del tesoro non decadde mai proprio per merito di «Ventimila leghe sotto i mari». Ci hanno provato inglesi, francesi, russi, italiani (nel 1927 José Raicevidi a nome della Società Internazionale Pino), spagnoli. Fino a quando, nel 1991, una équipe della sezione della statale Archeologia Navale, con uno studio geofisico dei fiordi di Vigo, certificò che nella sue acque giacevano 20 galeoni.
Ad ogni buon conto, visto che sono acque territoriali spagnole, la Galizia ha spedito alla conferenza stampa che strombazzava l’avvistamento dell’agognatissimo bastimento la Guardia Civil (più o meno i nostri Carabinieri). «Se sono state fatte esplorazioni, visto che i permessi non sono mai stati concessi (ma richiesti da Bernabé, che accampa l’escamotage ”chi tace acconsente”), sarebbero illegali», avverte un portavoce del governo di La Coruña.
Anche il ministero della Cultura di Madrid, per voce del suo archeologo sottomarino Carlos León, si trincera dietro la mancata notizia ufficiale del rinvenimento. Ma il rappresentante della See Hunt non demorde: «Dateci i permessi. Il governo è in crisi e non ha soldi, ma noi invece abbiamo capitali e tecnologia». Forse, per sapere la verità, bisognerà scomodare il capitano Nemo.