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 2010  maggio 29 Sabato calendario

ROBIN HOOD ALL’ATTACCO DELLE BANCHE

I pendolari della metropolitana di New York sono abituati a mendicanti e matti ed è raro che abbandonino giornali e iPod per prestare attenzione alle scene disperate del mondo sotterraneo della «subway». Ma un signore di mezza età che si è alzato nel mezzo della carrozza l’altro giorno mi ha colpito.
L’ho notato non solo per gli occhiali da sole – indossati quasi in segno di sfida, o disprezzo, per i viaggiatori che passano parte della loro vita nel buio di stazioni fetide e tunnel obsoleti. A differenza del solito sottobosco newyorchese, questo personaggio non ha chiesto nulla ai nomadi della linea F. Anzi, ha fatto loro un’offerta di lavoro. «Siamo una società di guardie giurate - ha detto -. Cerchiamo gente che ha più di 18 anni e in buona forma fisica. Se volete lavoro, datemi il vostro nome». Prossima fermata, un posto da buttafuori: ecco il sogno americano del dopo-crisi. Dopo aver preso due o tre nomi, si è seduto accanto me e, vedendomi in giacca e cravatta, ha tratto le sue conclusioni. «Un banchiere eh? Tu senz’altro devi cambiare lavoro». La mia risposta – che non lavoro a Wall Street e che fare il metronotte non è la mia passione – non l’ha convinto. «Voi banchieri – ha continuato imperterrito - avete distrutto questo grande Paese. Distrutto».
Duecento miglia a Sud dell’isola di Manhattan, i politici di Washington stavano lavorando per placare il malcontento dello sconosciuto con gli occhiali da sole – e milioni di altri americani – con una legge che rivoluzionerà le regole del mondo finanziario americano.
Dopo mesi di negoziati e contrattazioni, la Camera e il Senato stanno per raggiungere un compromesso su uno statuto che dovrebbe essere firmato dal presidente Obama all’inizio di luglio. I dettagli della legislazione – un tomo di più di mille pagine – fanno venire il mal di testa anche agli esperti ma il tono non lascia spazio ad interpretazioni. Dopo quasi dieci anni di deregulation sfrenata (sostenuta, paradossalmente, da gente come Larry Summers che ora è il più potente consigliere di Obama in materie economiche), le prossime oscillazioni del pendolo normativo andranno a colpire il settore bancario e i portafogli dei signori della finanza. «Più piccola, meno remunerativa e meno rischiosa», è stata la risposta di una mia fonte quando gli ho chiesto che tipo di Wall Street avremo con la nuova legge.
Una Wall Street dove istituzioni finanziarie non usano i propri fondi per scommettere contro i loro clienti, dove la creazione di prodotti sempre più complicati e incomprensibili è scoraggiata e dove il Gordon Gekko del film di Oliver Stone «Wall Street», quello che dice «l’avidità è buona, l’avidità è giusta» non è più il modello di generazioni di banchieri e operatori.
Con milioni di americani senza lavoro – gli economisti parlano di una crescita permanente del tasso «naturale» di disoccupazione perché molti dei posti scomparsi durante la crisi non ritorneranno mai più ”, un mercato immobiliare ancora in pieno caos, e una classe media traumatizzata dai debiti eccessivi degli anni grassi, non c’è da stupirsi che l’amministrazione e il Congresso vogliano fare i Robin Hood.
Prendere ai ricchi banchieri per aiutare i poveri consumatori è una strategia comprensibile e legittima per prendere voti e difendersi dalla critica che la classe politica è colpevole di aver lasciato fare banchieri senza scrupoli e investitori bramosi quello che gli è parso per anni. E non c’è dubbio che il settore finanziario – soprattutto la cosiddetta «alta finanza» dei derivati esotici e bonus rabelesiani – debba essere ridimensionato e punito per avere gonfiato una bolla che ha messo a rischio l’economia mondiale.
Avendo avuto l’onore (ed onere) di aver raccontato sia il boom del credito gratis e dei mutui facili, sia la crisi finanziaria e la Grande Recessione che l’ha seguita, vi assicuro che l’arroganza, l’egoismo e l’ottusità di banchieri ed investitori sono state cause fondamentali del disastro del 2007-2009. Il problema per il Congresso – e per i politici europei come i tedeschi che vogliono imitare la linea dura degli americani – è che il settore finanziario è un ingrediente fondamentale di ogni ricetta di ripresa economica.
A differenza di altri settori, la cui partecipazione alla crescita produttiva è un optional (se le esportazioni non tirano ci pensano i consumatori o i servizi ecc. ecc.), le banche sono la conditio sine qua non per un ritorno di fiamma dell’economia mondiale.
Sono almeno nove secoli (dal Medio Evo, quando i crociati avevano bisogno di fondi per le loro conquiste) che il settore finanziario si è interposto tra chi i soldi li ha (i risparmiatori, gli investitori) e chi ne ha bisogno (le società, i governi). Un mio compagno di università – che ora è professore di finanza a Yale – ha paragonato la relazione tra le banche e il resto dell’economia ai discorsi che facevamo dopo essere stati lasciati da una delle nostre ragazze. «Usavamo sempre l’adagio: ”le donne: è difficile vivere con loro, è impossibile vivere senza di loro”», mi ha ricordato, non senza imbarazzo da entrambe le parti.
Obama si trova nella stessa situazione: se la nuova legge impedisce alle banche di fare soldi e prestare denaro a consumatori e società, a soffrirne non saranno solo i banchieri sovrappeso col gessato e il sigaro cubano (di contrabbando) ma anche gli operai della General Motors e gli impiegati di McDonald’s. Purtroppo, quando il settore bancario ha il raffreddore, il resto dell’economia ha una febbre da cavallo.
Le banche questo lo sanno e ci marciano. Durante i lunghi mesi di preparazione per la legge, ogni volta che il settore finanziario era contro una nuova regola del gioco, urlava che la nuova misura avrebbe ristretto la disponibilità di prestiti e fondi a consumatori e piccole e medie aziende. L’altra linea d’attacco di Wall Street – ancora più scandalosa - era che una legge anti-banche avrebbe sfavorito l’America e permesso all’Europa – con le sue regole lassiste e governi complici – di usurpare New York e diventare il centro finanziario mondiale.
La realtà è che attaccare il settore finanziario per gli eccessi degli ultimi decenni non metterebbe a rischio né l’economia americana né la supremazia di New York. La disonestà intellettuale delle perorazioni delle banche e dei loro amici a Washington sta nell’equiparare servizi-base (come ricevere depositi e fare prestiti) con l’alchimia dei derivati e altri intrugli inventati più per fare soldi che per ridistribuire fondi ad attività produttive.
Fare di tutta l’erba un fascio, e proclamare che le banche sono intoccabili perché svolgono un ruolo vitale nell’economia è solo un modo per salvaguardare privilegi e comportamenti che hanno contribuito al caos degli ultimi anni. La cartina di tornasole per la nuova legge sarà proprio questa: se le nuove regole distingueranno tra banche come strumenti di trasmissione di risorse produttive e banche come venditrici di speculazione fine a se stessa.
Tra pochi giorni la cacofonia di gruppi di pressione, capi della finanza e politici in cerca di voti, cesserà. C’è solo da sperare che quando Barack Hussein Obama scriverà il suo nome sulla prima pagina della nuova normativa, le bottiglie di champagne nei grattacieli di Wall Street rimangano chiuse.