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 2010  maggio 28 Venerdì calendario

E CRAIG CREO LA VITA 2.0



I primi figli del dio delle piccole cose hanno gli occhi blu atollo come i suoi. Ma Craig Venter, il primo terrestre (metà biologo, metà imprenditore) ad aver creato un essere vivente sintetico, un batterio artificiale, l’ha voluta blu, questa forma modificata delle cellule di Mycoplasma mycoides, solo per far vedere che, se oggi è capace di inserire un gene che cambia il colore, domani saprà creare al computer microorganismi capaci di ripulire l’ambiente, sintetizzare vaccini, mangiare rifiuti, creare nuove piantee animali.

Nel momento in cui nei laboratori del Craig Venter Institute di Rockville - dopo quindici anni, decine di collaboratori e trenta milioni di dollari - si è riusciti a far sì che il batterio artificiale si riproducesse, dando così prova della sua vitalità, Venter, che vorrebbe essere metà Darwin e metà Bill Gates (e in cui molti colleghi vedono solo il secondo), ha dato avvio alla vita 2.0, chiuso una partita scientifica iniziata quasi trent’anni fa e aperto la porta verso un futuro di potenzialità e rischi inimmaginabili. Ha guardato dentro il nostro segreto più profondo e ha mantenuto una promessa fatta solo due anni fa: creare per primo un organismo vivente artificiale.

La figura e la storia di Venter, nato nello Utah nel 1946, studente poco modello ma quoziente d’intelligenza 142, amante da giovane del surf e medico in Vietnam, due ex mogli, la passione costante del mare, è sempre stata controversa, un insieme di scommesse, rivalità e accuse, scontri con la comunità scientifica e fughe solitàrie in avanti. Uno scienziato eretico (e con il jet privato), in cui l’equilibrio tra scoperta per l’umanità e guadagno personale è sempre stato discutibile e discusso. Nell’intervista rilasciata in occasione dell’annuncio del suo ultimo exploit su Science, Venter parla di Visione. Da oggi occorre cambiare Filosofia. La Vita è essenzialmente un software. Modificarlo è il mio mestiere. «Se inventiamo un organismo che produce carburante», aveva detto a Newsweek, «questo potrebbe essere il primo organismo da miliardi o triliardi di dollari».

La storia di come arrivò per primo a scrivere, nel 2000, la sequenza totale del nostro codice genetico è esemplare del suo fare scienza. Chiamato Darth Venter perché voleva venderci a caro prezzo il nostro genoma mappato, definito «Hitler» da James Watson, uno degli scopritori della struttura del Dna, Venter ha comunque avuto il merito di far accelerare la ricerca. Infastidito dalla lentezza del procedere nella scrittura del genoma umano da parte dei ricercatori del National Institute of Health statunitense, nel 2008 fondò con lo stesso scopo (e l’idea di grandi guadagni) la Celerà Genomics, promettendo che avrebbe completato il lavoro in tre anni. Adottò un modo di sequenziare il codice genetico più rapido (anche se discusso) e così, usando il Dna di cinque persone (tra cui lui), riuscì da un lato a concludere la sua ricerca, dall’altro a spronare quella del progetto pubblico. Così, con molto anticipo sul previsto, il 26 giugno 2000, alla presenza di Clinton i due team di ricercatori presentarono congiuntamente i risultati. La paura che il capitalismo potesse avere un controllo sul nostro Dna (e che la Celera potesse brevettare i nostri geni) aveva avuto i suoi effetti.

A difesa di Venter c’è la trasparenza del suo operato: già in occasione della Progetto Genoma aveva reso pubblica la sua tecnica, e anche oggi è pronto a svelare il segreto per fabbricare la vita. Meno difendibile il culto di sé. Basta vedere il video su YouTube dove sfida i mari sul suo trenta metri o medita in cima alle montagne. Invisibile ai nostri occhi, ma altrettanto eloquente, il dettaglio di un’altra sua promessa mantenuta: costruire il primo cromosoma sintetico. Ci riuscì nel 2008, con il Mycoplasma genitalium. Per farsì che fosse riconoscibile la sua provenienza artificiale, inserì nel genoma «parole» scritte in un «alfabeto» di geni e proteine che i ricercatori possono leggere per identificare il laboratorio di origine. E quale nome fu scritto, nel primo mattone di Dna artificiale? Craig Venter.