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 2010  giugno 02 Mercoledì calendario

BOOSI A CHI

Ia Terra vista dalla Luna. Ov-
vero: che cosa vede, oltre al-
’ l’azzurro del mare di Ba-
ri, dalla finestra del suo uf-
ficio di presidente della Re-
. gione Puglia, Nichi Vendo-
la, quando alza lo sguardo verso il Nord?
«Ho sempre considerato la mitologia
della Padania un’invenzione politica o
ideologica. Ma quello che sta accaden-
do nel Settentrione d’Italia, non mi pare
che sia spiegabile solo con l’epopea del
territorio: ci sono processi profondi, so-
ciali e culturali, che meritano di essere
indagati».

LA FEROCE IDEOLOGIA DEL SANGUE

In verità tutta la sinistra sta indagando
sul successo della Lega, alla ricerca della
ricetta giusta da imitare: lassù una volta
gli operai votavano falce e martello e ora
stanno con Bossi. «L’errore più grave del
centrosinistra è quello di ammalarsi del-
la sindrome di Zelig e di cercare, al Nord,
di essere più leghista della Lega. Certo,
altrettanto grave è rimuovere il proble-
ma». Un problema che per uno nato a

Bari e cresciuto a Terlizzi, entroterra di
Molfetta, comunista, ma «discepolo del
vescovo Tonino Bello e innamorato del-
le parole del cardinal Martini e della Bib-
bia», è «un colpo al cuore: ci sono storie
che le mie orecchie ascoltano con molta
difficoltà. Per esempio, quella di "White
Christmas" ([’operazione anti-clandestini
lanciata a Coccaglio, provincia di Broscia,
nel Natale scorso, ndr). Usare la festa del-
la cristianità come occasione di pulizia
etnica, non importa se solo simbolica...
Si è perso il senso della misura e ciò si ri-
verbera sulla cultura del Paese. Dal Nord
si propaga una specie di feroce ideologia:

quella dei diritti legati alla terra e al san-
gue. Padroni a casa nostra!».

Parole allarmate le ha spese, in questi ul-
timi giorni, anche Gianfranco Fini. Men-
tre il Parlamento, con una strana allean-
za Bossi-Di Pietro, votava il primo sì al
federalismo, il presidente della Came-
ra si è impegnato personalmente a vigi-
lare contro ogni tentativo di fare pagare
al Sud il prezzo della riforma e di divide-
re l’Italia. E, dalla finestra affacciata sul
mare, Vendola vede nuvole nere.

IL MEZZOGIORNO TRUFFATO

«Oggi, per una parte delle classi dirigenti
del Nord, il federalismo è il nome del pro-
cesso di secessione, di fuoriuscita dai do-
veri di solidarietà nazionale. La sua forza
è nella crisi del sistema regionalistico: nel
rimbalzo di irresponsabilità tra Roma e
i territori dal punto di vista della spesa
pubblica».

Anche se il presidente della Regione Pu-
glia non boccia l’idea in sé: «II federali-
smo è un tema molto interessante, ha
sempre attraversato i laboratori intellet-
tuali e sociali della sinistra, da Cattaneo
a Spinelli a Trentin. una sfida matura
per il nostro Paese, alla luce di tutto ciò
che non ha funzionato nella costruzio-
ne di una nazione moderna. Ma non mi
convince, lo dico al centrodestra come
al centrosinistra, che il federalismo sia
innanzitutto una riforma del fisco e non
un ripensamento complessivo dell’asset-
to istituzionale: si può immaginare il fe-
deralismo in un Paese dove continuano
a esserci Regioni a Statuto speciale? Il fe-
deralismo significa che tutte le Regioni
sono a Statuto speciale».

Quello che non lo convince, soprattut-
to, sono i numeri del federalismo fisca-
le: i beni demaniali sono di tutti gli ita-
liani, però il 50 per cento va al Nord, il
26 per cento al Lazio, al Sud rimane so-
lo il 24 per cento; tutti gli ammortizza-
tori sociali varati dal governo Berlusco-
ni sono stati finanziati da fondi del Mez-
zogiorno d’Italia («Gli unici due salva-
danai da cui hanno preso tutte le risor-
se sono il Fondo sociale europeo e i Fon-
di per le Aree sottoutilizzate»); per la Sa-
nità, a parità di popolazione, la Regione
Puglia prende 700 milioni in meno della
Regione Emilia-Romagna perché l’uni-
co elemento che conta è l’invecchiamen-
to della popolazione; una quantità im-
portante di aziende che operano al Sud
hanno le sedi sociali al Nord e pagano i
tributi al Nord; la Puglia non riceve com-
pensazioni per tenere in piedi la più gran-
de centrale a carbone italiana che ha un
impatto ambientale pazzesco; sempre la
Puglia consuma soltanto il 17 per cento
di tutta l’energia che produce e ne cede
all’Italia, «gratis et amore dei», 1’83 per
cento; i fondi per l’università vengono at-
tribuiti secondo un criterio di produttivi-
tà, ma si può paragonare l’attività di ate-
nei centenari a quella di atenei nati solo
tré anni fa? «Direi che siamo di fronte a
una truffa organizzata nei confronti del
Mezzogiorno d’Italia».

NON CHIAMATEMI SUDISTA

«Verso il Sud» è una delle frasi più usa-
te da Vendola - ha inventato l’assessorato
al Mediterraneo, descrive la Puglia come
una balconata strabica affacciata a Le-
vante ma anche al Nord Africa - che pe-
rò avverte: «Non sono sudista, e il partito
del Sud è un pericolo».

Anche se la questione meridionale è stata
soppiantata dalla questione settentriona-
le: «Oggi si parla solo del Nord. La que-
stione settentrionale nel corso è diventata
l’ideologia delle classi dirigenti, una for-
ma di rancore sociale calamitato contro
un Sud letto solo attraverso fantasmi, pre-
giudizi, luoghi comuni. Certo, un pezzo
rilevante della forza produttiva e sociale
del Nord è in quel tessuto di piccole e me-
die aziende che hanno conosciuto enetti
traumatici per l’ingresso nell’euro, la glo-
balizzazione senza regole, la paura della
Cina e degli immigrati. Tutti sommovi-
menti arrivati negli anni in cui la Tv dei
reality ha soppiantato la scuola e l’univer-
sità come principale canale di formazio-
ne dello spirito pubblico. Facendo tabu-
la rasa delle grandi narrazioni del passa-
to: la borghesia produttiva, il mondo ope-
raio, la Chiesa cattolica».

RICORDATE LE MADONNE NERE

Bossi e Vendola distanti come la Terra e
la Luna. Eppure hanno parecchio in co-
mune. Sono gli unici due vincitori del-
le Regionali; hanno occupato con le loro
strutture (le sezioni leghiste e le «Fabbri-
che di Nichi», gruppi di giovani volonta-
ri, le gambe sulle quali Vendola ha corso,
e vinto, la campagna elettorale) lo spazio
politico divenuto terra di nessuno dopo la
crisi dei due grandi partiti Pdl e Pd; hanno
cambiato il linguaggio della politica; dan-
no risposte alle domande degli elettori e
parlano direttamente con il «popolo».

«Io e Bossi siamo uguali e contrari. Par-
liamo entrambi al popolo ma diamo risposte contrarie. Quello di Bossi è un po-
pulismo reazionario che rompe disinvol-
tamente lo spirito repubblicano, la sua
cultura solidaristica, il suo orgoglio co-
stituzionale. La Lega si è inserita nella
crisi sociale e, di fronte allo smarrimen-
to determinato dall’avvento dell’Euro-
pa, dalla crisi dell’euro, dall’"arrivano i
cinesi", dall’"arrivano gli stranieri", co-
struisce un discorso sulla paura, sul ran-
core, propone una identità fondata sul-
le piccole patrie etniche, il territorio co-
me comunità chiusa, autoreferenziale e
autosufficiente».

Fatto strano per uno di sinistra: Vendola
non ha paura della parola «populismo»,
anche quando parla di sé. «Per me il po-
polo non è un mito ma è, insieme, volti
e soggetti sociali. Il mio però è un popu-
lismo antipopulista, è una connessione
sentimentale con la mia gente, con le sue
fatiche, le sue pene e le sue storie. Quan-
do parlo di immigrazione, ricordo che
il nostro santo protettore. San Nicola, è
nero, e che la nostra Madonna protettri-
ce viene dalle stesse terre da cui vengo-
no quelli a cui diamo il foglio di via, dal-

l’antica Costantinopoli, e che qui siamo
pieni di Madonne nere. Provo a inserire
nella vita di tutti i giorni alcuni principi
costituzionali, per esempio il lavoro co-
me ingresso nella cittadinanza, l’ugua-
glianza nelle opportunità, la pace come
orizzonte».

E in molti si domandano: ma Vendola
vuole esportare il modello Puglia in tutta
Italia? Ma Vendola vuole candidarsi alla
guida del centrosinistra? Ma Vendola è il
Berlusconi di sinistra?

«Il centrosinistra fa fatica a trovare le pa-
role giuste per parlare e farsi capire. Non
ha le risposte giuste perché non ha nem-
meno idea di quali siano le domande.
Questo problema di vocabolario è un
problema di pratiche sociali. L’elemento
che fa la differenza non sono io, è la rete
di laboratori. Per esempio, qui in Puglia il
ruolo delle Fabbriche di Nichi è stato de-
cisivo: hanno rivendicato la nobiltà della
politica come esercizio di virtù civica. La
sinistra non vince se si concentra sulla co-
struzione di un Berlusconi di sinistra. La
sinistra vince se la politica diventa una
vocazione diffusa nei territori, una riap-
propriazione dal basso. E io sono pronto
a fare la mia parte, voglio contribuire al
cantiere della sinistra che verrà».

IL CORAGGIO DELLA CARFAGNA

«II muro della diffidenza della quale pen-
so di essere stata allo stesso tempo vitti-
ma e inconsapevole responsabile»: sia-
mo all’indomani della Giornata mondia-
le contro l’omofobia, e le parole pronun-
ciate dal ministro per le Pari Opportuni-
tà Mara Carfagna campeggiano sui quo-
tidiani: «Ho telefonato alla Carfagna per
congratularmi. stata coraggiosa a chie-
dere scusa per il suo pregiudizio nei con-
fronti dei gay, e io non potevo non dar-
gliene atto».

«Chi l’avrebbe mai detto che nella ter-
ra democristiana di Aldo Moro avrebbe
vinto, per due volte, un comunista omo-
sessuale?», dice il proprietario del risto-
rante Perbacco, a pochi passi dall’uffi-
cio di Vendola. Quel Nichi Vendola che
dichiarò la sua omosessualità nel 1978
- aveva vent’anni e da sei militava nel-
la Fgci - con un articolo il cui titolo era
un verso di una poesia scritta da un ven-
tenne ebreo nel lager polacco di Terezin:

«Le farfalle non volano nel ghetto». V3

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