Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  maggio 28 Venerdì calendario

APPUNTO - DOV’ERA RIMASTO

 ancora qualche collega disposto a bersi le vergognose cialtronate di Gianni Melluso detto «il bello», ex camorrista che accusò Enzo Tortora di spacciare cocaina. Ora questo buffone, questo sottoprodotto umano e giuridico che solo la nostra giustizia poteva accreditare, chiede scusa su L’Espresso alle figlie del presentatore: fui costretto ad accusarlo, dice, da altri due camorristi a loro volta accusatori di Tortora: Pasquale Barra detto «’o animale» - che uccise un galeotto divorandogli il cuore - e Giovanni Pandico - che uccise due passanti dopo che un impiegato era stato troppo lento nel dargli un certificato. Prima di lasciare la galera dopo trent’anni - passati perlopiù a inventare cazzate, oppure, uscito per buona condotta nel 1994, a fare una rapina - fece arrestare anche Walter Chiari e Franco Califano, assolti anche loro. Tornò a calunniare il defunto Tortora: fu assolto da un’esordiente Clementina Forleo. Nel 1995 disse che i magistrati napoletani lo avevano costretto ad accusare il presentatore, e aggiunse che i medesimi gli avevano messo a disposizione donne e champagne mentre i carabinieri agevolavano stupri di detenute. Poi disse che voleva solo screditare gli inquirenti, uno dei quali divenne il suo avvocato. Ora, libero e brutto, chiede perdono: tanto per finire sui giornali. Sbaglia, tuttavia, chi lo lascerebbe in balia degli avvoltoi. Basterebbe un pappagallo. Forse bastano i giornalisti.