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 2010  maggio 28 Venerdì calendario

RABBIA DA STATALI: «FREGANO SEMPRE NOI»


Il catalogo delle lamentazioni: ecco qualcosa che non subisce tagli. I mitologici statali escono dai ministeri con il fegato fra i denti: «Si vendessero i cacciabombardieri di La Russa!», dice il più digrignante ed estroso, un dipendente del ministero dell’Agricoltura molto addentro, pare, negli sprechi di Stato. Elenca - forse in ordine di sfilata - gli armamenti esibiti il 2 giugno: «Sa quanto costa, per dire, anche soltanto un fucile a pompa Benelli M-4 Super 90?». La via pacifista al rinnovo contrattuale non accende gli animi ma insomma, sotto il sole del primo pomeriggio, l’idea di «restare fermi un giro», come ha detto il presidente del Consiglio, cementa il cattivo umore.
Si fermano volentieri a far due chiacchiere con il cronista. La materia la conoscono. La difesa, per quanto d’ufficio, ha solidi argomenti: la situazione del Paese ne offre. Un quadro del Tesoro, donna sotto la quarantina, due figli, 15 anni di servizio, guadagna «meno di 1.300 euro al mese». Ora, dice, per 4 anni niente ritocchi, «ma così è facile, vero? Io ho i parenti e vicini di casa che lavorano in proprio». Uno vende chincaglierie, uno case, e «evadono tutto. Niente reddito. Niente tasse. Alla fine gli entra in tasca il triplo o il quadruplo di quello che entra in tasca a me. E allora?». Ognuno ha le proprie disgrazie, ma non c’è verso, non serve dire che l’autonomo non ha malattie retribuite né assenteismi tollerati, perché «è ora di finirla con questa storia dei fannulloni», dice un altro, uno che sta al Tesoro da più di venti anni, stipendio all’incirca come sopra: «Con la storia che ci grattiamo la pancia tutto il giorno, adesso vien facile fare la Finanziaria sulla nostra pelle. E allora buon condono immobiliare a tutti. Buon scudo fiscale».
Le storie sono più o meno tutte uguali. Si va fuori dalle scuole, fuori dalle poste. Tutti sulla difensiva, lividi, spesso vocianti. Un insegnante del liceo classico Torquato Tasso (non dice nemmeno che materia insegna: «Sono stanco di polemiche») dice di amare molto la matematica di Palazzo: «Bella, bella, sanno far di conto, eh? A me frega poco, con quel che ci davano di aumento... Ma venirci a dire che dobbiamo fare i sacrifici, noi che portiamo a casa una miseria, e loro? I parlamentari? I ministri? Che se gli togli mille lire piangono miseria e prendono dieci volte quello che prendo io, benefit esclusi? E i manager? E i magistrati? E le Province? Perché non eliminano le Province? E la dotazione del Quirinale? E quella di Camera e Senato?». Bella matematica, dice, e viene in mente un altro, uno che usciva dal ministero dell’Agricoltura insieme con i colleghi suoi inviperiti, uno in età da pensione e si era infilato in mezzo alle geremiadi: «Io ho 57 anni, 38 di servizio. Mi sono fatto fare i conteggi: non arrivo a mille euro. Va bene, non ho nessun talento se non quello che mi ha spinto a lavorare onestamente tutta la vita. Ma questo è sufficiente perché mi sia riconosciuta una pensione inadatta a una vita decorosa, qui a Roma?». Poi ci sono anche gli altri, pochini veramente, che sbandierano un solido senso di responsabilità: «Si deve fare sacrifici tutti», dice uno quando il drappello s’è sciolto. «Noi facciamo la bella vita, nessuno ci controlla, se abbiamo bisogno usciamo, lo faccio anche io, di rado ma lo faccio. Con due linee di febbre si resta a casa. Non siamo mai a rischio licenziamento», e via così, in una perfetta requisitoria brunettiana del privilegio pubblico, e per concludere che quattro anni di paga congelata non sono mica un dramma, «visto quello che è successo in Grecia».
Dice che poi lì al ministero sono abituati a tutto, alle vessazioni subite come a quelle inflitte, nella perenne ricerca di un equilibrio, «ma alla lunga assomigliamo tutti al ragionier Fantozzi e non ce ne rendiamo conto. Ecco, scriva il mio nome, io sono Ugo Fantozzi». E cioè: nessun boicottaggio. Domani si lavorerà come sempre, lo scaldapanche con un pretesto in più per lasciarsi scorrere la giornata addosso, lo sgobbone sbufferà né più né meno. E lui, il ragionier Fantozzi? «Mi bacerò i gomiti».