Paolo d´Agostini, la Repubblica 28/5/2010, 28 maggio 2010
CHE NOIA LE DONNE VELINE A 100 ANNI VI STUPIR ANCORA"
Roma. Stefania Sandrelli corona cinquant´anni (incredibile!) di carriera con il magnifico personaggio di Anna in La prima cosa bella di Paolo Virzì. E a sessantaquattro anni (il 5 giugno: se ne frega di farne mistero) debutta come regista del singolare Christine Cristina. Uno dei personaggi femminili remoti, con Agorà e La papessa, che gli schermi stanno esaltando come modelli di riscatto femminile attraverso il sapere. Le è tanto piaciuto perché?
«Perché è la storia di una donna coraggiosa. Che nel pieno di un Medioevo non solo buio e violento, che cioè non ho voluto vedere in modo convenzionale, si fa accettare al tavolo dei sapienti solo grazie a se stessa, contro tutto». Dall´eroina medievale (difficile seguire la mobilità dei suoi collegamenti) parte una digressione contro il velinismo: «io non mi faccio ritocchi se non altro perché mia figlia Amanda non mi parlerebbe più».
Sta facendo la morale sul prima che era meglio dell´oggi?
«Se c´è una che non soffre di nostalgia ma guarda avanti e vorrebbe vivere cent´anni per curiosità, quella sono io. Ma se vedo segnali deprimenti di imbarbarimento lo dico. Una cosa a caso: quando se n´è andato Furio Scarpelli ho letto "è morto Mario Scarpelli", e meno male che non lo hanno chiamato scenografo invece che sceneggiatore».
Le va bene "resistenza" come parola chiave per definirla?
«Eh sì, mi pare calzante. Io mi sento un po´ una partigiana».
Come ha fatto ad attraversare tante stagioni e tanti registi, i più importanti di tre generazioni, adattandosi ma restando sempre se stessa?
«Di fondo mi sa che c´è una certa inconsapevolezza. Rispetto all´età, per esempio. La mia natura è sempre positiva e questo fa simpatia, credo. Comunque non ho dimenticato che una volta qualcuno disse di me: termometro del cinema italiano. lusinghiero, mi piace».
Possibile che il segreto sia nell´insieme di morbidezza, duttilità, disponibilità con dentro però un´anima ferma, energica, forte?
«Ecco, la forza: mi fa un regalo con questa definizione».
Non è comune che un´attrice balzata al successo giovanissima in un´epoca molto diversa da questa, sia riuscita a governare e così a lungo il proprio percorso.
« vero che l´ho governato, ma anche che ci sono riuscita senza troppe rinunce. Ho seguito il mio carattere e i miei desideri, sapendo di dover operare delle scelte. Senza il sostegno di un produttore concentrato sul favorire la mia carriera. Ma sono stata fortunata. Unico rimpianto l´aver lasciato gli studi troppo presto. Anche se a scuola ho incontrato solo professori pessimi e un paio anche mascalzoni».
Allora è diventata attrice.
«Veramente io volevo diventare Carla Fracci. Ma la mia rotondità proprio non era da ballerina classica. E ho incontrato il cinema. Pur non essendo niente di che: gradevole sì, ma non mi sono mai trovata bella sullo schermo. Forse mi ha premiato l´affetto e la gratitudine che ho sempre nutrito verso il cinema. Sono stata libera di decidere: mio padre l´avevo perso a otto anni, mia madre lavorava, i tanti zii rompevano parecchio ma io ho fatto di testa mia. E da Viareggio sono partita per il provino di Divorzio all´italiana. A quindici anni».
C´è un altro rimpianto nella sua carriera?
«Tenevo ad essere Micol nel Giardino dei Finzi Contini. Bassani voleva me ma De Sica preferì Dominique Sanda. Grande dispiacere ma grande gioia per lei. Come per il David a Micaela Ramazzotti. Mi creda: io sono così».
Dietro a quella svagatezza distratta, da finta sprovveduta, c´è un istinto femminile che ha molta considerazione di sé e si sente decisamente superiore ai maschi. Giusto?
«Beh, insomma, gli uomini sono un po´ limitati... ».