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 2010  maggio 28 Venerdì calendario

IO PRIGIONIERO DI PUTIN

Mosca. Un sorriso dietro al vetro blindato. Mikhail Khodorkovskij usa al meglio l´unica arma che gli è rimasta dopo sette anni carcere: quell´aria scanzonata e irriverente che tanto irrita il suo più ostinato nemico, il premier Vladimir Putin. L´oligarca ribelle mostra il pollice alzato, continua a sorridere ai suoi avvocati, agli agenti in divisa nera che sorvegliano la sua gabbia di imputato, all´anziana signora che ogni mattina di udienza si fa trovare in aula e che ogni volta gli rivolge un flebile applauso e un mormorio di benedizioni.
La cella, i lavori forzati in Siberia, la minaccia di un´altra lunga condanna, non hanno lasciato segni visibili su questo quarantasettenne ex miliardario diventato una bandiera della fragile opposizione russa. Arriva in manette al terzo piano del tribunale distrettuale Khamovnicevskij sulla riva orientale della Moscova.
Ma le porta con leggerezza, ringrazia il poliziotto che gliele toglie, perlustra con lo sguardo di uno di casa l´aula un po´ improvvisata, piena di piante e scrivanie scompagnate; più simile a un seggio elettorale che alla sede di un processo. Giunto a pochi mesi dalla fine della pena di otto anni, inflittagli nel 2003 per evasione fiscale, Khodorkovskij si è visto raggiungere da un´accusa che non pare molto credibile, che ha indignato il presidente americano Obama e sollevato un´ondata di proteste da parte delle organizzazioni umanitarie di tutto il mondo. I giudici sostengono che avrebbe rubato, in cinque anni, 358 milioni di tonnellate di petrolio alla sua stessa compagnia, la Yukos, secondo colosso petrolifero di Russia e uno dei più grandi al mondo. Se fosse ritenuto colpevole rischierebbe una pena di 22 anni e quella morte civile che, secondo i suoi sostenitori, Putin gli avrebbe promesso per il suo impegno politico e per i suoi finanziamenti ai movimenti di opposizione. Tesi, quella di un processo politico, confermata proprio ieri in aula da Mikhail Kasyanov ex premier russo nella prima presidenza Putin "licenziato" proprio per dissidii sulla gestione degli oligarchi.
E, sempre pensando a Putin, Khodorkovskij continua a sorridere. Assiste alla consegna da parte dei suoi avvocati delle risposte alle domande che gli abbiamo fatto arrivare in carcere. Dice a gesti che le ha scritte lui a penna, ci fa capire che non vede l´ora di poter parlare di persona, quando tutto questo finirà.
A vederla, sembra in gran forma ma come si sente dopo sette anni di carcere?
«La prigione in genere, e le prigioni in Russia in modo particolare, non sono resort di lusso. I detenuti sono chiusi in celle molto piccole e non è per niente divertente. La cosa più difficile è stare lontano dalla famiglia. Sono diventato un "nonno di penna", ho un rapporto epistolare con i miei familiari e ho permesso ai miei figli di andare a scuola e a mia figlia all´università. Mia moglie e i miei genitori mi stanno aspettando da sette anni. Il loro sostegno, però, continua a infondermi coraggio, a difendere la mia reputazione e a mantenere saldi i miei principi».
Per la prima volta in questa lunga vicenda ha deciso di difendersi in aula raccontando la sua verità, lanciando le sue accuse al governo. Che voto dà alla sua arringa difensiva?
«La nostra linea difensiva non crede nell´imparzialità della Corte che, circa un anno fa, ha dovuto interrompere il processo poiché il pubblico ministero non aveva indicato la fonte della denuncia né supportato l´accusa con dei documenti. Mi dica, chi può aver formulato queste accuse assurde secondo cui 350 milioni di tonnellate di greggio sarebbero state "rubate"? Nessuno ha confessato. Questo "processo farsa" continua ancora».
La sua sembra sempre più una questione personale con Putin. Il presidente Medvedev è riuscito fino ad ora a prendere le distanze da una vicenda giudiziaria pur ingombrante e clamorosa come la sua. Si aspetta qualcosa di positivo dal Cremlino?
«Il mio processo non può essere considerato un mero fatto personale poiché l´intera comunità giuridica e quasi la metà della popolazione appartenente alla fascia più istruita e attiva ne osserva le evoluzioni da ben sette anni. Questo processo mostra il contesto nel quale il business opera in Russia e rappresenta un chiaro precedente di "nichilismo giuridico"(citazione da un discorso critico sulla giustizia russa dello stesso presidente Medvedev, ndr). Il sistema russo rispetterà la legge? Non lo so. Lo spero».
A leggere ogni giorno le cronache dei giornali, Medvedev e Putin sembrano sempre in disaccordo su quasi tutti i grandi temi, dallo spazio da concedere all´opposizione, alle riforme dell´economia. Crede sia vera polemica o solo gioco delle parti?
«Credo che le differenze tra Medvedev e Putin attengano ad una questione meramente stilistica. Putin preferisce rapportarsi con l´opinione pubblica attraverso gli strumenti della paura e dell´oppressione, mentre Medvedev preferisce il dialogo e la trasparenza. Non ho avuto molte opportunità di valutare Medvedev come politico indipendente, ma mi sembra che il suo stile sia più moderno».
Putin ha già fatto sapere che intende ricandidarsi come presidente. Crede che Medvedev resterà in gioco come premier o che sarà sostituito come partner?
«Credo che né Putin né Medvedev abbiano finalizzato il loro piano strategico in vista del 2012».
Eppure qualcosa si sta muovendo. Le manifestazioni del 31 del mese diventano sempre più seguite e quasi tollerate. Non è un piccolo ma significativo passo in avanti?
«Senza dubbio Medvedev non si limita a mere dichiarazioni. I cambiamenti sono evidenti anche da dietro le sbarre. La società sta lentamente cominciando a rifiorire. La burocrazia, da tempo prepotente per la completa assenza di controllo, comincia a subire alcune restrizioni. Viviamo un momento molto difficile: la società è ancora molto debole e l´establishment avverte limitazioni alla sua onnipotenza. Rispetto alla situazione attuale, è impossibile prevedere qualsiasi tipo di scenario».
Se fosse libero punterebbe a costruire un´opposizione nuova o c´è già, nell´arcipelago dei movimenti semiclandestini, qualcosa da salvare e da rafforzare per costruire un´alternativa al potere attuale?
«Un´opposizione indipendente, influente e responsabile, coinvolta nei meccanismi legislativi e di controllo, rappresenta uno degli elementi chiave in uno Stato democratico. In assenza di una tale opposizione, taluni meccanismi diventano a priori inefficaci e ciò mostra esattamente quanto accade nel nostro Paese, dove la burocrazia interferisce nel sistema. Da un lato, viene impedita l´affermazione di una pubblica amministrazione moderna; dall´altro, vengono promossi radicalismo, populismo e corruzione. Non vedo un posto per me in questo sistema».
Negli anni scorsi l´opinione pubblica internazionale era molto schierata a suo favore. Adesso che con questo nuovo processo rischia di rimanere in carcere per altri 22 anni non crede che l´interesse attorno al suo caso si sia smorzato? E se sì, perché?
«Sono grato ai media e all´opinione pubblica per la loro attenzione e il loro sostegno. Il mio caso non è importante in quanto tale, ma è un simbolo di ciò che sta accadendo in Russia. Fintanto che permane la speranza di un cambiamento, l´attenzione sarà garantita. Sarei molto triste se tutte le speranze dovessero svanire».
Ha detto di aver sentito nominare per la prima volta Obama quando, da senatore, perorò nel 2005 al Congresso una mozione a suo favore. Adesso il presidente degli Stati Uniti sembra molto impegnato a ricucire le difficili relazioni con la Russia. Teme che si sia dimenticato di lei?
«Non ho manie di grandezza né vorrei diventare il centro nevralgico delle relazioni internazionali della Russia. Credo che il giudice sia incaricato di formulare sentenze legittime e imparziali. Un sistema giudiziario sano è essenziale, prima di tutto, per il mio Paese. Al tempo stesso, però, desidero esprimere la mia gratitudine nei confronti del presidente Obama per il suo sostegno, mentre era senatore e ancora oggi per l´attenzione che dedica al mio caso».
Tornando ai suoi processi. Come è possibile che per sei anni un Paese, comunque sotto i riflettori internazionali, possa tenere in piedi un castello di accuse che secondo lei sarebbero tutte assolutamente inventate?
«Non avere un riscontro di alto livello rappresenta un problema per ogni regime autoritario. Molti ufficiali russi sono davvero convinti che la comunità internazionale, i media, gli attivisti dei diritti umani siano stati comprati da me o dai loro stessi governi per combattere contro la Russia. Al contrario, credono che i burocrati russi siano onesti professionisti. Se si guarda la televisione di Stato o si leggono i giornali filo-governativi questo è quanto emerge. Solo Medvedev e il suo team conoscono davvero il potenziale della rete».
Non ha mai riflettuto su qualche errore, o almeno su qualche leggerezza, compiuta negli anni del grande successo economico e politico?
«Mi dispiace di averci messo tanto tempo per capire che era un mio dovere quello di contribuire a costruire una società civile. Avrei dovuto creare "Open Russia" molto prima, piuttosto che sperare che altri imprenditori comprendessero l´importanza di aiutare la popolazione. Ho fatto molti errori: grandi e piccoli. Non credo nei rimorsi: compiere sbagli, correggerli e andare avanti è normale per ogni essere umano. Ai posteri la sentenza».
Il suo caso viene letto in Occidente come il paradigma della lotta spietata di Putin agli oligarchi non controllabili. Agli ultimi residui del sistema creato dalla liberalizzazione totale di Eltsin. A mente fredda non crede che quegli anni siano stati comunque deleteri per la popolazione russa con bruschi arricchimenti e spaventoso divario di redditi?
«Il numero delle persone molto facoltose è aumentato in Russia negli ultimi 10 anni e molti di loro sono funzionari pubblici. Ovviamente queste persone non sostengono un´opposizione indipendente. Il Paese aveva bisogno di questo cambiamento? Non ne sono sicuro e in ogni caso non mi permetto di condannare nessuno».
Ci racconta la sua spettacolare ascesa economica, prima in era sovietica e poi subito dopo?
«E´ stato un percorso molto lungo per poter essere riassunto in una sola risposta. In breve: settore del commercio - bancario - petrolifero. Per ogni fase della mia ascesa economica posso documentare l´origine del mio capitale. Infatti, i pubblici ministeri stanno tentando di scovare delle "falle" da 7 anni e il risultato delle loro ricerche è noto. Comunque la mia ricetta è: lavoro di squadra, una buona strategia e un po´ di fortuna. E più di 15 anni di duro lavoro».
Ci farebbe i nomi delle persone che hanno acquistato ricchezze e potere facendola fuori così brutalmente dal gioco?
«La lista degli acquirenti degli asset della Yukos è nota. I sostenitori nell´ombra sono altrettanto conosciuti».
Tutte le sue dichiarazioni rilasciate dal carcere trasudano una ferrea volontà e un ottimismo senza titubanze. Adesso la sua fiducia è integra o si sono aperte delle crepe?
«Le persone che per me sono importanti mi sostengono: la mia famiglia innanzitutto, parte della società russa più istruita e informata dei fatti e molte persone per bene all´estero. Non posso e non voglio deluderli».