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 2010  maggio 28 Venerdì calendario

HO AMATO UN PRETE

Amano un prete e chiedono al Papa l’abolizione del celibato: «Per essere testimoni dell’amore, i sacerdoti hanno bisogno di viverlo». Quaranta donne italiane che hanno o hanno avuto una relazione sentimentale con esponenti del clero scrivono a Benedetto XVI una lettera aperta «ora che il cardinale Schönborn ha riaperto la questione». A promuovere la petizione è stata Stefania Salomone, 43 anni, responsabile della sede romana di una multinazionale americana.
Come nasce il vostro appello?
«Abbiamo tutte esperienze dolorose. Avevo 34 anni quando ho conosciuto in parrocchia il sacerdote che ho frequentato per un quinquennio. Era una storia seria per entrambi solo che lui non lo riconosceva. Sentiva la nostra relazione come una caduta, un completo fallimento. Quando finalmente ha ammesso che stavamo insieme, la sua logica gli fece decidere di non vederci. Una logica tutta e solo sua che però è anche il frutto di un percorso diseducativo sperimentato e interiorizzato nel periodo di formazione. Decise di troncare la nostra frequentazione per poter continuare ad essere prete senza vergognarsi. Per me è stato un trauma essere lasciata in questo modo, avrei preferito che mi dicesse che tra noi non c’era niente».
Ha preferito la missione sacerdotale a lei?
«Il nostro rapporto era tutto centrato sulle sue esigenze. Sulla sua capacità di dire e di fare qualunque cosa. Non siamo mai arrivati al punto in cui dovesse scegliere tra me e la Chiesa. Non appena ha ammesso di avere una storia, ha capito che ciò gli avrebbe creato problemi. In pratica, ha chiuso con me perché non poteva più dirmi che ero come tutte le altre, non poteva più mentire a se stesso negando l’evidenza. Sono passati quattro anni e non ho voluto rivederlo. E adesso che sono esplosi gli scandali-pedofilia ho sentito l’esigenza di tirare fuori quel dolore e così ho preso contatto con quaranta compagne di sacerdoti. E abbiamo deciso di rivolgerci al Papa».
Cosa c’entra la pedofilia?
«Non vogliamo che si associ la situazione da noi vissuta con gli abusi sui minori. Sentiamo dire in giro: ”Se i preti devono molestare i bambini, meglio farli sposare”. E’ un ragionamento inammissibile che alimenta equivoci e irrazionali comparazioni. Ad emergere è piuttosto un’esigenza innegabile e cioè una diversa formazione dei sacerdoti. Bisogna porre rimedio alla loro immaturità emotiva. Nelle circostanze in cui si aprono e si mettono in discussione scoprono drammaticamente di non saper istituire un rapporto alla pari».
Di chi è la colpa?
«Del modo in cui vengono cresciuti nei seminari. Sono educati ad essere persone elette, innalzate ad una speciale condizione e ciò inevitabilmente condiziona e stravolge la loro vita anche nelle relazioni sentimentali. Soffrono (e fanno soffrire a chi hanno accanto) le conseguenze di una visione distorta che li mette su un piedistallo, in una condizione di potere. E’ uno stato di cose che favorisce il fenomeno patologico e tragico della pedofilia in ambito ecclesiastico».
Non la imbarazza uscire dall’anonimato?
«Quella a Benedetto XVI è una lettera scritta a più mani, anche se sostanzialmente le nostre vicende convergono verso nodi tristemente ricorrenti. Nel mio caso ero molto innamorata, ma lui non accettava quel che provava, non voleva prendere coscienza che stavamo realmente insieme. Ho rimosso molte cose di quei cinque anni, però ricordo che viveva male anche una telefonata e che rimandava di continuo i nostri incontri per la fatica, la sofferenza, la vergogna. Si sentiva responsabile per il fatto di non farsi bastare le cose che in seminario gli avevano assicurato che gli sarebbero bastate. La nostra esperienza ci ha segnate e dovrebbe servire alla Chiesa per mutare il modo di credere e la sua impostazione sessuofobica. Per la verità non spero molto in una risposta del Papa. Personalmente sono molto sfiduciata. Il problema del celibato esiste, quanto potranno continuare a nascondere la testa sotto la sabbia?».