FABIO MARTINI, La Stampa 27/5/2010, pagina 4, 27 maggio 2010
BANKITALIA VERSA UN MILIARDO DI BONUS
Un «regalo» corposo e inatteso, preannunciato al governo dalla Banca d’Italia con la riservatezza tipica della casa. Dieci giorni fa il Governatore Mario Draghi ha personalmente informato in un colloquio il ministro dell’Economia Giulio Tremonti che l’annuale trasferimento di parte degli utili di Bankitalia allo Stato non avrà la consueta dimensione, poco più che simbolica: quest’anno ammonterà infatti a circa un miliardo di euro l’«assegno» che la Banca d’Italia si prepara a staccare a favore dello Stato. Una cifra senza precedenti nella lunga storia della Banca centrale, quasi dieci volte superiore a quella devoluta nel 2008, quando il trasferimento si era fermato a 105 milioni di euro, per non parlare dei 57 milioni del 2007, o dei 15 del 2004. Il boom di quest’anno è legato in larghissima parte alla rivalutazione delle riserve auree, ma anche alla decisione di Bankitalia di ripartire in quote leggermente diverse dal solito gli utili maturati nel corso del 2009. Prima che il trasferimento diventi operativo si dovranno consumare alcuni passaggi formali, ma il governo sa già di poter contare, a partire dai prossimi mesi, su di un bonus tanto più gradito perché inaspettato, sopraggiunto in una fase nella quale le casse dello Stato sono particolarmente porose.
Nella vicenda, ovviamente, non influisce in alcun modo il rapporto personale tra Mario Draghi e Giulio Tremonti, che - come trapela dal piano nobile del ministero di via XX Settembre - ha apprezzato la sorpresa comunicatagli dal Governatore. Certo, tra i due non si è mai creato un rapporto idilliaco. Alla fine del 2005, governante Berlusconi, l’allora Governatore Antonio Fazio fu costretto a dimettersi per una vicenda ancora oggi non chiarita e per la successione Giulio Tremonti avrebbe preferito Vittorio Grilli. Ma alla fine la scelta cadde su Draghi. I due personaggi vivono il protagonismo in modo molto diverso: mentre il ministro è un introverso capace della rasoiata in pubblico, il Governatore è uno charmant che si trattiene e che quando viene chiamato in causa, replica con una semantica fredda. Le ripetute stilettate di Tremonti («demenziale ascoltare chi non ha capito nulla...») sono state spesso restituite da Draghi con riflessioni mai plateali ma sempre pungenti, come quando ha detto: «L’Italia sta uscendo dalla crisi ai minimi europei». Recentemente il rapporto tra i due è tornato ad essere istituzionalmente impeccabile: «L’Italia ha e avrà un ottimo candidato per la Bce», ha detto di recente Tremonti, consapevole di poter contare su un candidato di livello per rompere l’isolamento degli italiani nella corsa alle «poltronissime» europee dopo le mancate di nomina di Mario Mauro alla presidenza del Parlamento europeo e di Massimo D’Alema a «mister Pesc», l’alto rappresentante per la politica europea.
Gli utili che la Banca d’Italia si prepara a trasferire allo Stato non hanno nulla a che vedere con i rapporti tra Draghi e Tremonti, anche perché la distribuzione dei dividendi risponde ad una prassi definita per Statuto. Ogni anno la Banca distribuisce gli utili in tre parti. Una quota simbolica va ai «partecipanti», che sarebbero gli azionisti (le banche); una percentuale di circa il 20% viene accantonata per il fondo di riserva ordinaria, mentre la quota restante va allo Stato. Quest’anno per effetto del boom delle rendite auree, gli utili sono decisamente lievitati e in proporzione si è dilatata la quota destinata a finire al Tesoro. L’Italia ha avuto da sempre una grande «passione» per l’oro e ancora oggi è al quarto posto nel mondo, dopo Usa, Germania e Fondo monetario internazionale, quanto a tonnellate d’oro possedute. Una scelta con una storia lontana: quella di poter disporre, a copertura del rischio di credito del sistema-Paese, di un’attività con rendimenti autonomi. Tanto è vero che in un momento di crisi molto seria, era il 1976, l’Italia ottenne un prestito dalla Bundesbank, dando in pegno proprio l’oro della Banca d’Italia.