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 2010  maggio 27 Giovedì calendario

MASSIMO FINI

Un Paese sconcio e sconciato, devastato dalla Televisione e dalla Pubblicità, cupo, volgare, ossessionato dal denaro. Ecco l’Italia degli ultimi trent’anni come esce, a pezzi e senz’anima, dalla raccolta di articoli di Massimo Fini, intitolata appunto Senz’anima. Italia 1980-2010 (Chiarelettere, pp. 472, euro 15), che vuole ricostruire i mutamenti antropologici, sociologici ed etici di tutti noi. Massimo, possibile che, tra decadenza e corruzione, non ci sia nessuno da salvare?
«Beh, salvo gli artisti. Gli attori come Gassman e Tognazzi; i musicisti come Abbado e Muti; i calciatori. Salvo quel poco che resta di una cultura non più letteraria, salvo le categorie dove c’entra il merito e non la politica. A San Siro, se non sai stoppare il pallone, ti riempiono di fischi e hai chiuso». Anche le toghe ti piacciono. Ma è normale che i magistrati siano gli unici a non pagare quando sbagliano?
«Non è del tutto vero che non pagano mai. E comunque non si può pensare che se un giudice sbaglia a dare 30 giorni di carcere preventivo poi ci deve andare lui in galera per altrettanto tempo. Con una simile spada di Damocle sulla testa nessuno potrebbe più fare il magistrato. Se chi ti assolve è bravo e quello che ti condanna no, salta tutto il sistema». Negli articoli del libro c’è qualcosa di cui ti sei pentito e non
riscriveresti?
«Assolutamente no. In un’altra raccolta di pezzi, Il conformista, ho scartato una stroncatura di Scalfaro, perché con il tempo ho capito che non se la meritava: è stato un buon presidente in anni difficili. Stavolta no, non sono pentito di nulla».
Nemmeno di questa frase del maggio 1998: il centrosinistra «continuerà a trionfare fino a quando il centrodestra non si sarà liberato dei calli dell’onorevole Berlusconi»?
« chiaro che, al momento, è un giudizio sbagliato. Ma io separerei la destra e Berlusconi (il Cavaliere è senza radici, tutto e il contrario di tutto, in un regime comunista sarebbe stato comunista) e per il futuro della destra la previsione mi sembra valida».
Chi ti conosce solo dai tuoi scritti ti immagina diverso. E invece di persona sei a modo, educato, persino timido...
« tipico un po’ di tutti i polemisti, penso per esempio a Giorgio Bocca, che scaricano sulla pagina quell’aggressività di solito controllata per ragioni di educazione ricevuta e di pietas. Una cosa è la polemica, specie politica, e un’altra i rapporti umani. Questa differenza Claudio Martelli non riusciva proprio a capirla, pretendeva che in quanto suo amico fossi al suo servizio. E io non credo di essere nato per stare al servizio di Martelli o di chicchessia».
Paragoni Scalfari a Cicerone. Però, per fare una battuta, Cicerone scriveva da Dio, Scalfari da Io. «Il paragone è sul piano della retorica, dello stile ampolloso, ore rotundo. La sostanza, ovviamente, è diversa. I libri filosofici di Scalfari sono roba da cadere stramazzati al suolo. Solo la supponenza è la stessa».
Fammi difendere qualcuno dei tuoi ”stroncati”. Galli della Loggia, che definisci «inesistente come storico», almeno un libro importante l’ha scritto: La morte della patria. Tra parentesi, sull’8 settembre avete idee simili...
«A parte che ci sarebbe da discutere sul significato di ”libro di storia”, per un 69enne che fa di mestiere lo storico da una vita un solo libro è un po’ poco... Come mi disse Montanelli a proposito di Scalfari: ”Non è dei nostri”. Sull’interpretazione dell’8 settembre ”43 possiamo essere anche d’accordo, ma questo non cambia certo il mio giudizio».
Come ti senti a essere considerato, a ragione nel deserto filosofico di oggi, anche un pensatore?
«Ecco, che un giornalista e un saggista possa essere ritenuto un filosofo, la dice lunga sulla decadenza italiana. Mi giudicano colto, però io nella mia giovinezza li ho conosciuti gli uomini colti sul serio, gente con sterminate librerie ”vissute”. Oggi solo l’editore Cesare De Michelis ha davvero letto i libri che possiede. Sono saltate le categorie: il cronista è diventato editorialista, l’editorialista
filosofo. E così i pochi veri pensatori, se pure esistono, non hanno voce in capitolo. Serve un parere su temi etici? Lo si chiede a Fiorello».
E Santoro è ormai un guru.
«Due buone braccia sottratte all’agricoltura. Ha perso il senso del limite e confonde, come anche Vespa, la potenza del mezzo televisivo con la propria. la tv che lo ha reso famoso e potente, sovraesposto rispetto alle capacità intellettuali. Del resto, in un momento di lucidità, ha detto bene la Parietti: ”Noi star della tv siamo ricche e famose, ma non sappiamo fare nulla”».
Beh, il suo mestiere di conduttore lo fa bene. «E chi lo dice? Non ha concorrenza. Come possiamo sapere se altri non sono più bravi? A loro modo, Santoro e Vespa sono dei monopolisti. Per esempio, Daniele Vimercati, a cui dedico il libro, con ”Iceberg” era molto più bravo, ma era confinato su Telelombardia».
Che ne pensi di Saviano?
«Se parliamo di cultura, Saviano non c’entra nulla. Se parliamo di lotta alla camorra, è diventato un simbolo, anche suo malgrado. Sono le regole del circo mediatico. Certo, Sciascia non è diventato Sciascia perché ha scritto Il giorno della civetta».
Rimpiangi il vecchio Pci perché «era serio». Sì, faceva seriamente gli interessi dell’Urss e ci avrebbe volentieri infilato sotto la Cortina di ferro.
«Non è vero. Ho conosciuto bene quell’ambiente e posso dire che avevano tutti paura dell’Urss, erano terrorizzati, volevano qualsiasi cosa tranne una dittatura sovietica. E del resto era già stato tutto deciso, una volta per sempre, a Yalta. Da un punto di vista umano mi piaceva il loro senso del sacrificio. Poi, certo, negli anni ”70 era facile essere comunisti, non c’erano più prezzi da pagare. Ma apprezzo l’impegno, chi crede fortemente in qualcosa, siano comunisti o anche ciellini. Oggi c’è il nulla, che mi fa molto più orrore dell’orrore».
Sei stato fin dal primo momento contro la guerra in Afghanistan e Iraq. Ma dopo l’11 settembre qual era l’alternativa per Bush?
«Colpire i primi che hai a tiro non mi pare una buona politica. Il mullah Omar non aveva nulla a che fare con gli attentati. Gli Usa, piuttosto, dovevano capire la lezione, chiedersi in cosa avevano sbagliato. Invece hanno continuato sulla via dell’errore. Ora stanno unendo gli sciiti iracheni all’Iran, che è proprio ciò che volevano impedire negli anni ”80 quando si sono schierati al fianco di Saddam. Mentre intervenendo in Afghanistan hanno trasformato anche i talebani pachistani in movimento armato, e in Pakistan c’è l’atomica. Complimenti all’America! E dire che di cervelli funzionanti negli Stati Uniti ce ne dovrebbero essere parecchi... una crisi di pensiero preoccupante per l’intero Occidente».