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 2010  maggio 27 Giovedì calendario

LA STRAGE DEI PARTIGIANI CATTOLICI TRADITA DA UN AGGETTIVO SBAGLIATO

C’è qualcosa di storicamente inquietante quasi una profanazione, uno sfregio alla memoria condivisa nel nuovo ”caso Porzûs”, rinfocolato dalla straordinaria gaffe del ministro della Cultura Sandro Bondi.
Accade che, mentre un decreto ministeriale bondiano rende, giustamente, «la malga Porzûs bene di interesse culturale nazionale», le motivazioni che lo sostengono siano però da brivido. L’estensore del testo, infatti, ritiene la vicenda dell’eccidio dei partigiani verdevestiti della divisione Osoppo vigliaccamente trucidati dai colleghi gappisti alle dirette dipendenze del Pci «uno degli episodi più controversi della Resistenza italiana... che si colloca in un contesto storico internazionale piuttosto complesso...». Il che è una fesseria, sia a livello etico che esegetico. Perché non v’è nulla di complesso, né di controverso nella strage dei 17 patrioti dal fazzoletto smeraldo ammazzati semplicemente a causa di una diversa ideologia. Che
li aveva spinti a non collaborare coi partigiani titini e a trattare con i soldati della Xa Flottiglia MAS e del Reggimento alpini Tagliamento, appartenenti alla RSI, per impedire l’annessione del Friuli, della Venezia Giulia e dell’Istria alla Jugoslavia. La ricostruzione storica alla base del decreto ministeriale datato 18 gennaio 2010 è, dunque, terrificante.
Ad accorgersene è Paolo Simoncelli, ordinario di Storia moderna alla Sapienza di Roma, defeliciano, che in un articolo in prima pagina sul quotidiano Avvenire s’indigna per lo stravolgimento storico. «Se c’è una vicenda della Resistenza assai poco ”controversa” è la strage a Porzûs dei partigiani cattolici della Osoppo perpetrata a tradimento e con efferatezza dai partigiani comunisti della Garibaldi Natisone dal 7 al 20 febbraio ”45», spiega l’accademico. «Il capo partigiano Mario Toffanin, ”Giacca”, avvertito direttamente dal Mar Nero da Stalin, intanto iniziò a trucidare i partigiani di altro orientamento ideologico, finendo poi la mattanza col conforto dei raggiunti accordi diplomatici». Tra l’altro la strage (di cui fu vittima anche il fratello di Pier Paolo Pasolini) fu barbarica, dato che i partigiani vennero massacrati a martellate, la ”morte silenziosa”; solo successivamente i cadaveri furono crivellati da pallottole.
LA MEDAGLIA D’ORO
 profondamente indignata dalla vicenda anche Paola Del Din Cargnelli, medaglia d’oro della Resistenza, tra le prime donne paracadutiste col fratello sottotenente degli Alpini fucilato dai tedeschi: «La relazione storica alla base del decreto è falsa, e compilata da giovani magari non più comunisti ma con idee comuniste, che non hanno certo assistito ai fatti. La cosa assurda è che nella bibliografia si è sorvolato sul testo fondamentale della vicenda: gli atti del processo durati sette anni, finito nel ”54. E, data per vera (ma è falsa) la motivazione, che senso avrebbe riconoscere allora monumento nazionale un posto di traditori? Perché traditori appaiono gli uccisi...». E la medaglia d’oro Paola Del Din, a Porzûs, c’era.
Simoncelli, ironicamente, parla di «ingenuità degli storici»: «...E che ingenuità quella dei reduci della Osoppo che nei primi anni ”80 si autotassarono per acquistare il terreno delle malghe di Porzûs donandolo quindi nel giugno ”84 alla Provincia di Udine perché potesse curarne luogo e ricordo, nella speranza che in futuro un decreto del presidente della Repubblica potesse eventualmente dichiarare ”monumento nazionale” il luogo e i manufatti edilizi teatro della strage...».
Lo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi si sta faticosamente muovendo per fare chiarezza.
TERMINI SCADUTI
Ora, le domande sono fondamentalmente due. Perché Bondi ha firmato una relazione che manipola a sinistra la Storia e disonora un riconosciuto manipolo di martiri del comunismo più vieto? E perché, soprattutto, lo stesso decreto è uscito dai cassetti soltanto ora, nel momento in cui, scaduti i termini, ogni ricorso sul piano amministrativo è inammissibile? Tecnicamente, le strade per rimediare all’erroraccio o gaffe, o mala gestio, chiamatela come vi pare sono solo due: o la revoca da parte del ministro stesso del provvedimento, oppure un ricorso straordinario al presidente della Repubblica per la revoca. Ieri l’articolo di Avvenire pare fosse nella rassegna stampa del presidente Napolitano, il quale già in passato si era coraggiosamente espresso contro «la congiura del silenzio» delle stragi partigiane e delle foibe. Bondi, nel frattempo, tace, e si occupa dei discorsi a Cannes di Elio Germano...