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 2010  maggio 27 Giovedì calendario

«DICHIARATE MLADIC MORTO» LA MOGLIE VUOLE LA SUA PENSIONE

Dichiaratelo morto. Almeno potremo avere la sua pensione. Era o no, Ratko Mladic, un generale a tre stelle, capo di Stato maggiore durante la guerra, aveva o no eseguito a puntino gli ordini e «ripulito» la Bosnia? Era o no un eroe serbo?
Ufficialmente deceduto, così lo vogliono la moglie Bosa e i figli. L’avvocato Milos Saljic sta per presentare «a fine mese» una formale richiesta in tal senso alla prima corte di Belgrado, come prevede la legge serba per tutte le persone che hanno superato la soglia dei 70 e di cui «non c’è traccia da almeno cinque anni » . E Mladic « disperso», non reperibile, lo è dal 1995. Scomparso dai radar, benché inseguito dai giudici dell’Aja, dai servizi segreti del suo Paese e dal mandato d’arresto per il peggior crimine commesso in Europa nel dopoguerra: l’eccidio di Srebrenica, lo sterminio di 8 mila uomini musulmani che non erano riusciti a fuggire nei boschi.
Invece, la sua famiglia ora soffre «per le persecuzioni», fa sapere l’avvocato Saljic attraverso le Vecernje Novosti. Per questo s’è «decisa a questa mossa», perché a Mladic ufficialmente morto la moglie potrebbe finalmente «sbloccare la pensione congelata e accedere ai beni» del marito. Magari chiedere, come specula la stampa di Belgrado, anche 3 milioni di dinari (circa 30 mila euro) di arretrati. D’altronde, «tutti in questo Paese dicono di non sapere dove si trovi » : come si fa – la tesi – a sostenere che sia vivo?
L’onere della prova allo Stato: così la moglie tenta di rovesciare il tavolo. È furioso Rasim Ljajic, il ministro responsabile per la collaborazione con l’Aja. «Mai visto nulla del genere! Loro sanno benissimo che Mladic è vivo. Non risponderemo neppure a questa presa in giro delle istituzioni serbe». Una provocazione, proprio quando l’Europa più preme, quando il cammino verso l’Ue della Serbia dipende dalla consegna al tribunale dell’Onu’ così dice l’incriminazione – del generale «genocida».
Un criminale in pensione, del resto, Mladic lo è stato per anni. Follow the money, si diceva a Belgrado e la leggenda tra i giornalisti era che bastava andare alla banca dove gli veniva corrisposto l’assegno mensile per intervistarlo (o arrestarlo). E fu solo nel 2004 che un imbarazzato Ljajic ammise che sì, davvero, fino a due mesi prima lo Stato serbo gli pagava la pensione.
Ora per la prima volta, in questo complicato gioco, si fa avanti la moglie Bosa. Che non ha nulla delle altri celebri consorti balcaniche, né il senso del potere e dei soldi di Mira Markovic Milosevic né la presenza scenica dell’altra Lady Macbeth, Ljiljana Zelen Karadzic, che al marito latitante scriveva infuocate lettere d’amore («se penso a te, ribollo come un vulcano»). No, Lady Mladic finora è comparsa raramente, l’ultima volta in un vecchio video del 1996 da poco ripescato: ballava abbracciata a Mladic a una festa di nozze.
Semmai, è vero che le perquisizioni a casa sua si sono fatte più frequenti, i controlli assidui. Un anno fa, nella sua libreria, sono stati ritrovati i diari di guerra di Mladic (1993-96). Pochi giorni fa sono approdati all’Aja: parlano, nelle note diffuse, di armi comprate dai russi, di soldi necessari a corrompere senatori americani («i croati si sono assicurati l’appoggio di Bob Dole», candidato repubblicano alla Casa Bianca, ndr), degli accordi con Tudjman per spartirsi la Bosnia: «Tudjman non vuole i musulmani. Ha detto (a Milosevic, ndr): prendeteveli voi». All’improvviso, le acque attorno a Mladic sembrano tornare ad agitarsi. E allora, forse, la sparata della famiglia non è così casuale.