PIERO BIANCO, La Stampa 26/5/2010, pagina 32, 26 maggio 2010
GIORGETTO GIUGIARO, L’UOMO CHE DIPINGE LE MACCHINE
Io volevo dipingere, mai avrei pensato da ragazzo di disegnare automobili». E infatti sono molti i quadri che Giugiaro («all’anagrafe Giorgetto, non Giorgio, perché nei paesi usavano i vezzeggiativi») ha distribuito agli amici e ai suoi primi datori di lavoro. Sulla scia di nonno Luigi, affrescatore di chiese, e del padre Mario, maestro di pittura a olio e decorazioni sacre, a 14 anni lasciò l’oasi di Garessio dove era nato il 7 agosto 1938 per frequentare a Torino il liceo artistico, alternato a un corso serale di design tecnico.
A Garessio, spartiacque tra Piemonte e Liguria, Giugiaro torna spesso, vi trascorre il tempo libero scorrazzando per le colline con la sua moto da cross. D’estate e d’inverno, anche sulla neve. Questa è diventata la sua grande passione. L’auto, invece, è un lavoro che lui ha reso appassionante, il segreto che gli ha consentito di anticipare le tendenze e inventare modelli capaci di scrivere la storia del design mondiale.
Aveva 17 anni quando Dante Giacosa visitò una mostra scolastica con i saggi finali degli allievi e intuì il talento nei ”figurini” di vetture stilizzate esposti da quel ragazzo cuneese. Lo prese in Fiat, all’ufficio Studi Stilistici diretto da Fabio Luigi Rapi. E ne aveva appena 21 quando di lui si accorse una leggenda come Nuccio Bertone, che a Giugiaro affidò la responsabilità del proprio Centro Stile. Fu la svolta, lì Giorgetto completò la propria formazione, cominciando a manifestare un impareggiabile genio creativo. Sono gli anni dei primi gioielli, la Ferrari 250 GT, la Chevrolet Corvair Testudo, l’Iso Rivolta GT. Nel ”65 il passaggio alla Carrozzeria Ghia, per cui ha firmato la Maserati Ghibli e la De Tomaso Mangusta.
Ma Giorgetto sognava di mettersi in proprio, e lui i sogni li rende realtà: fondò prima l’Ital Styling (1967), l’anno dopo l’Italdesign, con Aldo Mantovani, inventando la formula dei servizi chiavi in mano: «Siamo a disposizione delle Case per realizzare, con i prototipi, le loro idee. Curiamo l’intero processo esecutivo, facendo risparmiare tempo e denaro». Qui comincia un’altra storia di successo, sublimata ora dall’ingresso dell’azienda di Moncalieri nella galassia Volkswagen. Che non è una resa, semmai una perla in più nella carriera dell’ingegnere a honorem e ”designer del secolo”, due tra le tante onorificenze raccolte. Quest’operazione è la chiusura del cerchio, di una collaborazione iniziata con Ferdinand Piëch nel ”74, quando il ”guru” dell’auto mondiale gli chiese di inventare una macchina che reinterpretasse le buone idee della Fiat 128. E Giugiaro gli regalò la Golf.
Non ha il computer sulla scrivania. «Però bisogna saper guardare al futuro», spiegò lo scorso settembre firmando un accordo con la Microsoft per l’innovativa piattaforma di lavoro Surface: un display sensibile ai gesti della mano e agli oggetti, che consente a più utenti di reagire simultaneamente. Stesso approccio ebbe con l’introduzione in azienda della realtà virtuale: «Le prospettive dei bozzetti possono ingannare. Grazie alla matematica computerizzata possiamo mostrare e studiare migliaia di dettagli e di posizioni di una vettura, effettuare modifiche in tempo reale. Si fa in 15 giorni ciò che prima richiedeva 6 mesi di lavoro». Ma ogni volta Giugiaro si affretta a precisare: «Se un’intuizione è sbagliata, non c’è computer che ti salvi. Ciò che più conta è la scintilla originale, il lampo di genio che distinguerà il prodotto. La gente guarda, confronta e poi sceglie. Un modello deve innanzitutto piacere, ed è un fatto istintivo. Farlo tecnologicamente perfetto ma poco attraente è un errore, i clienti non sono tutti ingegneri».
Sono molti gli aforismi coniati da Giorgetto in cinquant’anni di successi. «Una vettura moderna di segmento B oggi è più lussuosa e accessoriata di una Mercedes degli Anni Sessanta». Fino a: «L’auto è un giocattolo dell’uomo adulto, deve stuzzicarne l’edonismo».