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 2010  maggio 27 Giovedì calendario

Hanno provate di tutto, alla Foxconn: la musica nelle catene di montaggio, gli psicologi, un telefono amico interno, una stanza con sacchi da pugilato raffiguranti i capi, da picchiare per sfogarsi; qualche settimana fa a Shenzen erano arrivati pure i monaci buddhisti, per combattere gli spiriti maligni

Hanno provate di tutto, alla Foxconn: la musica nelle catene di montaggio, gli psicologi, un telefono amico interno, una stanza con sacchi da pugilato raffiguranti i capi, da picchiare per sfogarsi; qualche settimana fa a Shenzen erano arrivati pure i monaci buddhisti, per combattere gli spiriti maligni. Ma la catena dei suicidi continua ad allungarsi, e lunedì scorso il decimo impiegato dall’inizio dell’anno si è tolto la vita lanciandosi da un balcone. Li Hai aveva diciannove anni e lavorava alla produzione di componenti elettronici da appena 42 giorni. Così i dirigenti della ditta taiwanese hanno chiesto a tutti i dipendenti di firmare una clausola contrattuale dove si impegnano a non suicidarsi. «Prometto di non fare del male a me stesso o agli altri in maniera irreparabile» è la formula usata dall’azienda, una delle più grandi nell’elettronica di consumo, dove si realizzano componenti e prodotti finiti per Apple, Nokia, Hp, Intel, Nintendo, Dell e altri. In più, i lavoratori della Foxconn acconsentono a essere mandati in un centro psichiatrico se appaiono in «uno stato mentale o fisico anormale»: una scelta, si legge nella lettera, «per il mio bene e quello degli altri». Ma siccome non fidarsi è meglio, nei dormitori che ospitano gli oltre ottocentomila operai sono state sistemate delle reti anticaduta e c’è perfino una ricompensa per i delatori: 30 dollari a chi denuncia un collega, che si sospetta essere prossimo a togliersi la vita. Orari di lavoro massacranti, pause pranzo brevissime, controlli rigidi: stando alle testimonianze dei lavoratori, raccolte da vari quotidiani cinesi e stranieri, la Foxconn, più che una fabbrica, sembrerebbe una prigione. Un’inchiesta del Mail On Sunday aveva raccontato le condizioni in cui lavoravano i dipendenti della ditta e Apple aveva reagito chiedendo il rispetto di un codice di comportamento più severo. Ma, dopo che lo scorso anno un altro dipendente si è suicidato per aver smarrito il prototipo di un iPhone, e dopo dieci morti e due feriti gravi in cinque mesi, ieri è partita l’operazione immagine. Terry Gou, fondatore e presidente di Hon Hai Precision (questo il nome commerciale della ditta), ha chiesto scusa per i suicidi, passando poi a illustrare le attrattive del complesso industriale di Longhua (una piscina olimpica, banche, strade alberate, posti per mangiare, nuovi alloggi). Ha poi difeso le pratiche di gestione del gruppo, negando che le morti siano legate alle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti; anzi, ha fatto intendere che alcuni suicidi possano essere legati a problemi personali o di relazione. Apple si è detta «addolorata e sconvolta» dall’accaduto e ha promesso che avvierà un’indagine per stabilire le reali condizioni di lavoro a Shenzen e negli altri stabilimenti, ma sono arrivati prima gli hacker, che ieri hanno attaccato il sito della Foxconn, inserendo nella homepage frasi sarcastiche. Intanto a Hong Kong i sindacati hanno invitato a boicottare l’iPhone e non acquistare il nuovo iPad, che da domani sarà in vendita anche in Italia. Entrambi sono assemblati dalla Foxcon, come le Playstation, l’Xbox, i computer Hp e mille altri prodotti made in China.