Varie, 26 maggio 2010
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Decq Odile
• Laval (Francia) 18 luglio 1955. Architetto. Ha progettato tra l’altro l’ampliamento del Museo d’arte contemporanea di Roma (Macro) • «[...] uno dei pochi architetti donna di fama internazionale, bella come una regina gotica o come una pallida punk lady vestita da Vivienne Westwood ai tempi di “Let it Rock”. Tutta in nero, ciuffi di capelli corvini alla “Edward Mani di forbice”, nero ombretto, nero rossetto e le lunghe unghie perfettamente laccate. Di nero s’intende. “Mi vesto di nero perché è più facile e poi, come diceva Serge Gainsbourg, meglio circondarsi di nero visto che nei manicomi è tutto bianco. Ha mai pensato a che colore generoso sia il nero? Esalta tutti gli altri, li fa più belli, qualsiasi colore incorniciato dal nero dà il meglio di sé [...] Ci sono due cose che amo moltissimo: gli oggetti avveniristici - barche, auto, aerei - e l’arte contemporanea [...] Dei primi mi affascina sia la forma che la ragione della forma. Gli oggetti tecnici ci raccontano la trasformazione della società, la sua continua richiesta di rapidità, energia, comfort. Gli artisti invece sono le persone che pongono domande alla società che avanza. Amo l’arte contemporanea e sono collezionista” [...] qualcuno dice che [...] sia professionalmente figlia di Archizoom e del glamrock. “Non ho niente a che fare con il glamrock. È troppo chic, troppo pulito: guardi David Bowie. Io sono figlia del punk e del gothic rock. Londra, negli anni Ottanta con i suoi primi edifici hi-tech, e la sua musica, è stata una boccata d’aria quando in Europa si parlava solo di Manfredo Tafuri e delle sue citazioni della storia. È grazie a Londra che io e Benoît, per primi in Francia, abbiamo potuto costruire edifici interamente in metallo”. Già, Odile e Benoît Cornette, uniti e complementari nel lavoro e nella vita. Poi nel 1998 lui muore in un incidente d’auto, in cui è coinvolta anche lei. Odile continua da sola, mantenendo però il nome del suo compagno nella sigla dello studio ODBC e dedicandogli nel 2003 il primo catalogo ragionato, “perché la sua presenza sopravvive nei progetti che sono arrivati dopo la sua scomparsa”. Uno dei punti di forza della loro ricerca era appunto il corpo. “Ce lo ha insegnato Virilio: nella società e nell’architettura contemporanea sta scomparendo il corpo. Pensiamo di poter viaggiare sul Web usando solo gli occhi e le mani, siamo ossessionati dal bianco perché è simbolo di scarnificazione. Invece l’architettura è fatta per il corpo, è necessario che lo spazio giochi con il nostro corpo e il corpo misuri fisicamente lo spazio. Il corpo è l’uomo nella sua integrità. [...]”» (Alessandra Mammì, “L’espresso” 17/4/2008).