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 2010  maggio 25 Martedì calendario

CALL CENTER E FRUSTATE: VENDERE UN ASPIRAPOLVERE - L’

oggetto, imballato accuratamente
nel pluriball, viene
estratto da un angolo e trascinato
davanti al camino di una vecchia
casa immersa nel verde di Soci,
sulle colline di Bibbiena. Chiedo :
’E ora, guardando questo affare,
cosa pensa signora?”. Laura Cipriani
sospira: ”Lo butterei dalla
finestra non ”un posso!”. Il marito,
la figlia e Alexandra Moroni, l’avvocato
di fiducia, le siedono accanto,
come in un consulto di famiglia.
L’oggetto è un aspirapolvere americano
che non se ne vuole più andare.
Alcuni mesi fa, due giovani
venditori si presentarono con l’attrezzo
e mostrarono a Laura, che
aveva appena ripassato il divano,
che il medesimo celava una montagna
di polvere biancastra.
’La polvere? La polvere se la portavano
dietro dall’u f fi c i o ! ”, tuona
Bernardo Puliti, uno studente di
veterinaria che ha lavorato per
quattro mesi al call center della
’I t a l c a ro n e ”, la concessionaria di
aspirapolvere, di Incisa Val d’Arno,
che ha venduto l’attrezzo alla signora
Cipriani. ”Io lì dentro ci lavoravo
per aiutare mia madre che
è vedova” dice Bernardo ”d ov ev a
essere un part-time, ma prima di
iniziare dovevamo partecipare al
meeting motivazionale, così si lavorava
sei ore al giorno più quattro
al sabato, ben 10 ore oltre al
’par t-time’. Non venivano pagati
gli straordinari e alla fine del mese
incassavo 300 euro.” Chiedo: ”Al
meeting motivazionale cantavate
l’inno di Mameli?”. ”Sì, mixato
dance – risponde Angela Porrello,
anche lei ex dipendente – si dovevano
battere le mani e poi bisognava
raccontare le vendite.
C’erano regole molto rigide, meeting,
balletti e striptease in mutande
e reggiseno. Se non si partecipava,
si veniva licenziati”. E ancora.
’Ho lavorato 14 ore al giorno
per 10 mesi in quella caserma.
E una volta al mese dovevi andare,
a tue spese, al meeting di Roma a
vedere quattro pazzi che raccontavano
le loro vendite e ci spiegavano
come raggirare la gente per
vendere l’aspirapolvere. Il tutto
per 700 euro al mese”.
Un’ora e mezzo di strada più a
Sud, la signora Cipriani guarda
sconsolata il contratto che ha firmato.
Quanto le hanno chiesto
per l’aspirapolvere? Risponde:
’3.600 euro. Mi hanno fatto uno
sconto perché sono disoccupata.”
Obiezione: ”Ma come c’è cascata?
L’attrezzo ne vale a dir tanto
350”. Lei: ”Mi hanno convinta
perché ho una figlia che soffre di
allergia agli acari. Mi hanno detto
che era un presidio medico.” Ma
ha firmato un contratto per pagarlo?
’Con una finanziaria: 36
rate di 104 euro. Poi mi son accorta
che la prima rata era superiore.
Chiamo e dicono: ci sono
le spese di spedizione ma pure
la seconda rata era di più. Dicono
’chiami la finanziaria’ e la
finanziaria rispondeva con una
voce registrata”.
A Incisa Val d’Arno grossi catenacci
chiudono i cancelli della ditta.
L’indagine ”A c a ro ” della Guardia
di Finanza, ha portato all’arresto
di cinque persone ai vertici della
Italcarone accusate di associazione
a delinquere finalizzata alla
frode in commercio e alla frode fiscale
, con vendite in nero che ammonterebbero
a quasi quattro milioni
e mezzo di euro. Chiedo: ”
vero che chi non produceva abbastanza
contatti o clienti veniva
bacchettato sugli stinchi?”. Risponde
Angela: ”Il signor Pietro
Carone usava un frustino, ma non
come hanno scritto i giornali, come
si fa co’ cavalli. Dava dei colpettini
sulle gambe a chi s’e ra
mangiato le vendite o a qualche
telefonista, come la mia coinquilina.
Ricordo che lei mi diceva ”Madonna
ieri ho perso la vendita e
Pietro mi frusterà un’altra volta.
Son tutta lividi! Ma oggi lei è ancora
succube, plagiata e dice ”per
colpa delle vostre denunce non ho
più lavoro!’ ”. A Soci, Alexandra,
l’avvocato della signora Cipriani,
spiega perché la sua cliente ha
smesso di pagare: ”Non è vero
che l’aspiratore risucchiava gli
acari più di altri attrezzi. Non è
vero che il costo fosse detraibile
perché aveva un aspetto ”sanitar
io’, dicevano che veniva utilizzato
nelle sale operatorie. Tutto ciò, assieme
alle rate maggiorate, ha indotto
la signora a sporgere querela
per truffa”. Lamenta Laura:
’Gli ho spedito l’affare ma me
l’hanno rimandato indietro e ora
devo conservarlo sino all’esito della
querela”. Resta la domanda:
come ha fatto a cascarci? ”Per sfinimento.
I venditori erano giovani,
padri e madri di famiglia, disoccupati.
Giocavano sul fatto che
hanno bisogno di lavorare. Altri
clienti, come me, lo hanno acquistato
per aiutarli”.
(*) tratto da un servizio girato
per Mattino5