Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  maggio 25 Martedì calendario

MATRIMONI MISTI, ECCO L’INTEGRAZIONE DI FATTO

la carica allegra dei 37 mila. Tanti sono
in Italia i matrimoni con almeno un
coniuge di nazionalità straniera: e cioè il
15 per cento delle nozze che si celebrano
nel nostro paese, secondo la fotografia
scattata per il 2008 dall’Ismu, la fondazione
milanese specializzata in ricerche
sull’immigrazione. Mentre le unioni
con entrambi i coniugi italiani continuano
a contrarsi (meno 6 mila nel 2008, su
un totale di 247 mila matrimoni) quelle
miste registrano un boom e sono uno dei
segnali confortanti, assieme alle oltre 70
mila culle straniere e ai 700 mila figli di
immigrati che frequentano le nostre
scuole, di un’integrazione di fatto che
nonostante tutto va avanti. A dispetto
della scarsa o piuttosto inesistente volontà
politica di introdurre norme innovative,
per il diritto di voto amministrativo
agli stranieri regolari che vivono con
noi da almeno cinque anni, o per una
cittadinanza veloce ai bimbi nati e ai minori
cresciuti in Italia o, ancora, che accordino
una durata più lunga al permesso
di soggiorno dei loro genitori.
Le 37 mila unioni comprendono naturalmente
anche quelle in cui entrambi i
coniugi sono immigrati (sono i cosiddetti
matrimoni ”misti-misti”: 12 mila, sempre
nel 2008), e non necessariamente
della stessa nazionalità, dimostrando
con la loro scelta, in ogni caso, una volontà
di radicamento in Italia. Sono più
frequenti i matrimoni misti con sposo
italiano e moglie straniera (18 mila),
mentre assai meno numerosi (6 mila) sono
i matrimoni con una ”lei” italiana e un
’lui” straniero. romena la nazionalità
femminile di gran lunga prevalente per
lo sposo italiano (2.506 casi), mentre al
secondo posto nella classifica di gradimento
vengono le donne ucraine (1.940
convolate a nozze nel 2008). Ma attenzione
alle brasiliane: in base ai dati assoluti
sono al terzo posto (1.745 hanno
sposato un italiano nell’anno di riferimento).
Considerando tuttavia la loro
più ridotta presenza nel nostro paese rispetto alle romene e alle ucraine, ecco
che vantano il tasso di unioni con i nostri
connazionali più elevato di tutte: il 65,5
per mille. Quando invece è lui ad essere
straniero, allora primeggiano come sposi
i marocchini, davanti ad albanesi e tunisini.
Nei matrimoni con entrambi i coniugi
italiani prevale il rito religioso: soltanto
nel 28 per cento dei casi si ricorre a quello
civile. Come è facile immaginare, il
quadro è più che invertito se il matrimonio
avviene fra stranieri (le unioni civili
sono ben l’89 per cento). Ma è assai
raro che ci si sposi in chiesa anche quando
uno dei due è italiano (qui i riti civili
sono l’85 per cento). In nove casi su dieci,
se i coniugi sono entrambi italiani,
questo è il primo ”sì” della loro vita. Nelle
unioni miste, invece, la donna italiana
tende otto volte su dieci a sposare uno
straniero in prime nozze. Per il marito
italiano la prevalenza delle prime nozze
si limita a sei casi su dieci. Curiosi, e di
fonte Istat – come quasi tutti quelli rielaborati
dall’Ismu – i dati sull’età dei due
coniugi. Se lo sposo è italiano, ha un’età
media piuttosto elevata: 41 anni, otto in
più di lei. Ma anche la donna italiana predilige
un coniuge straniero più giovane:
di un anno in media. Interessanti le conclusioni
sul grado di istruzione. Generalmente
pari, se i coniugi sono italiani.
Ma nelle unioni miste ci troviamo spesso
di fronte alla circostanza di una lei, straniera,
laureata, alle prese con un marito
italiano meno istruito.
Per avere un’idea di quanto si sia affermata
la pratica dei matrimoni misti, si
deve considerare che questi, nel 1995,
erano appena il 2 per cento del totale:
abbiamo dunque impiegato appena 13
anni per arrivare al 15. Stavolta non è
l’Ismu ma l’ultimo Dossier statistico immigrazione
della Caritas a ricordarcelo.
Ma le unioni fra un coniuge italiano ed
uno straniero, osserva la Caritas, sono
più fragili, più soggette a separazioni e
divorzi. Mentre infatti la durata media di
una matrimonio fra italiani è di 14 anni,
nei matrimoni misti si scende a nove.