Chiara Bussi, Il Sole-24 Ore 24/5/2010;, 24 maggio 2010
SPECULAZIONE CONTRO FIDUCIA NON SI FERMA IL RISIKO DELL’EURO
«L’euro è più che mai in pericolo. E se fallisce l’euro fallisce l’Europa». Non ha usato giri di parole Angela Merkel la settimana scorsa di fronte al Bundestag, come un condottiero che vuole motivare i suoi soldati mettendoli di fronte allo scenario più catastrofico. Mai come in questo periodo si ricorre alla metafora bellica per descrivere la crisi. Se la giornata di venerdì scorso ha concesso una pausa al crollo delle Borse e l’euro ha rialzato la testa recuperando qualcosa sul dollaro dopo una settimana in altalena, il clima continua a essere teso. Dall’inizio dell’anno la moneta unica europea ha perso circa il 17% del suo valore.
Nei fatti si sta giocando un vero e proprio risiko: la posta in gioco è la credibilità (e la stabilità) dell’area. La battaglia vede schierati due fronti: da una parte la politica, con i 16 paesi dell’Eurozona che hanno adottato la stessa moneta, ma non riescono a dotarsi di una politica economica comune; dall’altro il mercato e la speculazione. Giocano in attacco le grandi banche d’affari inglesi e americane (ma non solo) e gli hedge fund, prendendo di mira i titoli di stato dei paesi più in difficoltà sul fronte dei conti pubblici, ma anche le azioni strategiche di quei paesi. Le armi più utilizzate sono la vendita allo scoperto, una sorta di scommessa sulla perdita di valore di un titolo o di un bond. O lo strumento dei Cds (Credit default swap), che da assicurazione sul rischio di default di un titolo è diventato sempre più una scommessa speculativa.
Alcuni movimenti non sono sfuggiti alle autorità. Il dipartimento di Giustizia Usa ha aperto un’inchiesta contro i più importanti hedge fund (Soros, Paulson, Greenlight, Sac Capital) accusandoli di aver concordato un attacco simultaneo all’euro in una cena segreta il 9 febbraio a Wall Street. Ma secondo la stampa internazionale a "remare contro" sono anche gli stessi colossi industriali americani come la Coca Cola, che si proteggono contro una frana dell’euro, usando gli stessi strumenti speculativi degli hedge. Un capitolo a parte è quello delle agenzie di rating, che con il loro giudizio sui titoli di stato possono decretare il successo o il fallimento di titoli finanziari. Arbitri finali del mercato, accusate per non aver saputo prevedere il crack della Lehman Brothers nel 2008 e oggi con una credibilità in forte calo.
E come una battaglia che si rispetti esistono anche i jolly: le Banche centrali mondiali con le loro cassaforti colme di riserve valutarie. Secondo il Wall Street Journal l’euro è diventato «radioattivo» e gli istituti dei paesi emergenti come Cina e Russia stanno rallentando gli acquisti di riserve nella moneta unica europea. Mentre la decisione di altre Banche centrali, come quella svizzera, di acquistare euro, potrebbe spiegare secondo gli analisti il recupero della moneta europea di questa settimana.
Come difendersi dagli attacchi? Per glianalisti l’antidoto che la Ue dovrà mettere in campo sarà quello di ristabilire la fiducia sui mercati e mostrarsi coesa nel risanamento dei conti pubblici. Occorre dunque rassicurare gli investitori che hanno investito nei paesi considerati a rischio (Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda) che questi ultimi saranno in grado di onorare i loro debiti. A questo hanno puntato gli interventi messi in campo dalla compagine europea, dall’acquisto di titoli di stato dei paesi a rischio da parte della Bce, fino al maxiprestito concesso dalla Ue con la partecipazione del Fmi.
Ma il futuro dell’euro è realmente a rischio? Gli addetti ai lavori gettano acqua sul fuoco. «Escludiamo uno scenario estremo – precisa Roberto Mialich, Forex strategist di Unicredit ”. Secondo le nostre previsioni l’euro dovrebbe perdere terreno sul dollaro in un range compreso tra 1,22 fino a un massimo di 1,18 senza pericoli di inflazione». Secondo l’analista, la valuta europea ha buone chance per diventare di nuovo una moneta di finanziamento. «Date le difficili situazioni di bilancio dei paesi Ue – conclude – è improbabile che la Bce alzi i tassi di interesse almeno fino all’ultimo trimestre del prossimo anno. Così quando gli investitori cominceranno a realizzare che il movimento dell’ultima settimana non rappresenta un cambiamento di trend, potrebbero tornare a vendere l’euro investendo sualtre monete a più alti rendimenti come il dollaro australiano e la corona norvegese».