FRANCESCO SPINI, La Stampa 24/5/2010, pagina 21, 24 maggio 2010
BANCHE INGLESI STANGATA DA 9 MILIARDI
La regina dà, la regina prende. La Gran Bretagna prepara una maxi-tassa per le banche che, secondo le prime indiscrezioni, potrebbe raggiungere gli 8 miliardi di sterline, vale a dire 9,2 miliardi di euro. E pensare che nei momenti più difficili della prima ondata della grande crisi (tra il settembre 2007 e i primi mesi del 2009), il governo di Londra tese la mano ai suoi blasonati istituti di credito, finiti sull’orlo del baratro.
Tra linee di garanzia e interventi nel capitale, inclusa due nazionalizzazioni - tra cui quella di Northern Rock, la banca che scatenò il panico tra i correntisti con lunghe code per ritirare i soldi dagli sportelli - mise a disposizione fino a 790,7 miliardi di sterline, al cambio attuale poco più di 909 miliardi di euro. Al netto di quanto restituito il conto è di 451,8 miliardi di sterline, 519,5 miliardi di euro. Non poco, dunque.
Oggi, il nuovo governo liberal-conservatore guidato da David Cameron e dal vice Nick Clegg, chiede al mondo del credito una parte indietro. Le indiscrezioni, riportate ieri dall’edizione domenicale del quotidiano The Independent parlano appunto di una tassa da 8 miliardi di sterline, circa il triplo di quanto il Cancelliere dello Scacchiere - il ministro dell’Economia, nell’antica denominazione britannica - George Osborne avesse preventivato.
Perché questa accelerazione, dunque? Il governo ha urgenza - come tutti i Paesi d’Europa - di mettere ordine nei conti, e in particolare di tagliare il pesante deficit pari a 156 miliardi di sterline, oltre l’11% del Pil: in zona allarme. Da che si è insediato, il governo sta preparando una manovra di emergenza che sarà varata a giugno.
Oggi il vice segretario del Tesoro, il lib-dem David Laws, dovrebbe annunciare 6 miliardi (7 miliardi, in euro) di tagli nella spesa pubblica per l’anno in corso. Un antipasto di una manovra ben più articolata. Dopo aver negato durante tutta la campagna elettorale la possibilità di alzare l’Iva dall’attuale 15 al 20% (o a uno psicologicamente più accettabile 19%), l’attenzione di Downing Street si starebbe dirigendo proprio verso tale soluzione.
E come lo si annuncia ai sudditi di sua maestà? Creando un diversivo, sparando contemporaneamente la supertassa sulle banche. Una tassa popolare perché sono le più odiate in quanto considerate dall’uomo della strada tra le principali responsabili della crisi che il Paese sta attraversando. L’entità della tassa, come si diceva non è ancora stata stabilita con certezza, ma dalle parti del governo sono certi che sarà sufficiente a far digerire l’aumento dell’Iva. Del resto più che una tassa, questa appare come un’ingiunzione alla restituzione di una parte di quanto dato dal governo e che aveva riguardato molti istituti cui lo Stato non ha solo concesso linee di garanzia, ma ha sottoscritto azioni: sono nomi noti come Hbos (per cui l’impegno fu di 11,5 miliardi di sterline), Royal Bank of Scotland (in più tranche il governo è giunto all’84%, con diritti di voto limitati al 75%) e Lloyds Tsb. Ora si cambia registro, le odiate banche - sebbene in misura più bassa rispetto a quanto hanno ricevuto - dovranno pagare.
L’antipasto della manovra sarà invece presentato oggi coi 6 miliardi di sterline di tagli alla spesa pubblica. Si punta a liberare il Regno di molti enti inutili (per lo più agenzie parastatali), con un risparmio di 513 milioni, ma si parla di una cura drastica che prevede tagli nei prossimi anni di 300 mila posti nel pubblico impiego, sforbiciate alle note spese, consulenze, forniture della pubblica amministrazione, con sacrifici che non risparmierebbero nemmeno l’università. In un clima di austerity, accade pure un’inusuale fuga di notizie che ha anticipato ai giornali parti del discorso che la regina Elisabetta II terrà domani in Parlamento. Parlerà di riforme e di economia, ribadendo l’impegno del governo a «ridurre il deficit e riportare la crescita economica».