CARLO ALBERTO REDI, La Stampa 22/5/2010, pagina 12, 22 maggio 2010
INIZIA L’ERA DELLA BIOLOGIA SINTETICA
C’è un bombardamento mediatico sulla «scoperta» di Venter della «vita artificiale». Tanti errori in pochi titoli si erano visti raramente. Bravissimo biologo, ed imprenditore, Venter ha dichiarato di aver prodotto una «cellula sintetica». E dunque siamo dinnanzi ad un’invenzione e non una scoperta. E non si tratta di vita artificiale, bensì di una operazione di riproduzione, alterazione e manipolazione di ciò che già esiste, di ciò che è già vivente.
Quel geniaccio di Venter, con la potenza di calcolo e di finanziamenti eccezionali (50 milioni di dollari dedicati a questo progetto e commesse per 600 da parte della Exxon), e la sua Synthetic Genomics, è riuscito a produrre il primo «organismo riproducentesi, i cui genitori sono dei computers». Da un batterio preso dalle capre, il Mycoplasma mycoides, ha ottenuto un altro batterio, il Mycoplasma laboratorium. In realtà ha trasformato un altro Mycoplasma, il capricolum, inserendovi il cromosoma sintetizzato del mycoides (perciò chiamato Mycoplasma laboratorium!). Che ora si spera di utilizzare per la produzione di molecole di grande interesse, vaccini o biocombustibili.
Si spera, in futuro. Questa impresa non è nuova. Da almeno una decina di anni la Biologia Sintetica ha dato prova di riuscire nella produzione di molecole di interesse economico in campi dalla farmacologia all’agricoltura. Più in generale, la produzione di strumenti per la rigenerazione cellulare, la fabbricazione di nuovi materiali e combustibili, lo sviluppo di circuiti bio-elettronici, il controllo di membrane cellulari e biosensori. Questi avanzamenti portano a considerazioni che debbono interessare filosofi, sociologi, giuristi, eticisti ed altre figure capaci di elaborare nuovi paradigmi concettuali utili a far proprie le possibilità offerte dalla Biologia Sintetica.
In altre parole, nel millenio delle scienze della vita è imperativo attingere alle risorse intellettuali offerte dalla biologia nel suo passaggio dalla descrizione alla sintesi del vivente, così da affrontare molte delle sfide poste all’umanità, dall’incremento demografico alla scarsità di risorse. Cruciale sarà come il contributo teorico di filosofi e uomini del diritto verrà presentato dai divulgatori ai «cittadini comuni» e come queste informazioni saranno riprese da eticisti e decisori politici.
La Biologia Sintetica è una tecnologia a «doppio uso»: la possiamo impiegare per produrre molecole «buone» o per azioni delittuose: si pensi alla possibilità di sintetizzare degli agenti patogeni. E’ dunque possibile svolgere una riflessione più ampia sulla trasformazione che queste ricerche portano ad una disciplina tradizionalmente descrittiva, quale è stata la biologia. E di nuovo sono i filosofi i grandi assenti, che non si decidono a studiare un po’ di biologia e non ci aiutano quanto potrebbero e dovrebbero nella comprensione di ciò che accade.
Una metafora aiuta a comprendere ciò che accade. Si consideri che un Airbus 320 è fatto di 50 mila parti ed è costruito impiegando una tecnologia vecchia di una cinquantina d’anni. Si consideri che una «semplice» cellula di lievito possiede sì e no 5 mila geni, che però fabbricano 10 milioni di proteine e metaboliti grazie ad una tecnologia che ha 3 miliardi di anni e che noi, solo ora, stiamo indagando. Per analogia con l’aviazione, siamo ancora ai fratelli Wright!
Già Kant e Goethe si erano cimentati in riflessioni su ciò che è vivente, ma sono stati dimenticati. Eppure, Kant con l’idea che i viventi non possono essere spiegati meramente rifacendosi alle leggi della fisica aveva posto una sfida formidabile. E Goethe aveva affermato che «un vivente si può scomporre nelle sue unità» per capirlo, anche se «non si potrà mai ricomporre quelle parti per ridargli vita». Ora il lavoro dei biologi è in questa direzione, quella di realizzare il sogno di Goethe, anche se, alla Venter, impiegano ciò che già esiste. E’ auspicabile che la società elabori norme capaci di salvaguardare l’avanzamento delle ricerche, facendo capire che nessuno «gioca a fare Dio»: c’è una distinzione tra ciò che è tecnica e ciò che è il prodotto della tecnica.